Lasciami andare: il riscatto da relazioni tossiche si traduce in arte

Fino al 14 gennaio il suggestivo ipogeo di Palazzo Spartera a Taranto ospita il progetto "Lasciami andare" di Monica Marioni. Un video lo racconta

“Lasciami andare” non è un disperato grido d’aiuto, al contrario è una ferma, lucida e precisa richiesta che Monica Marioni (Napoli, 1972) traduce in opera artistica: una testimonianza visiva della possibilità di uscire da relazioni tossiche in maniera sana e costruttiva.

Il progetto artistico a cura di Maria Rosa Sossai è visibile fino al 14 gennaio nel suggestivo ipogeo di Palazzo Spartera a Taranto.

Lasciami andare: il progetto artistico itinerante di Monica Marioni

Monica Marioni ha vissuto in prima persona le conseguenze dilanianti della dipendenza affettiva, affrontando un percorso di uscita e rinascita. Tale esperienza è stata così tradotta dall’artista in installazioni e video performance in grado di raccontarne ogni sua fase: dalla possessività all’oggettivazione, dalla manipolazione allo scarto, fino alla riappropriazione di se stessi, la presa di coscienza e la rinascita definitiva.

Il progetto #lasciamiandare si sviluppa dunque come un vero e proprio viaggio, interiore e fisico: le mostre ospitate a Napoli, Vicenza, Capri, Lecce, Taranto, sono proposte come esperienze immersive, ognuna come focus su una fase specifica dell’esperienza relazionale tossica.

Lasciami andare a Taranto

Nell’ipogeo di Palazzo Spartera a Taranto, il visitatore scende nell’ambiente sotterraneo, compiendo un’azione fisica oltre che mentale di connessione con l’intimità del trauma, sviluppato dalla Marioni in quattro opere: Porta, Quieto, Libera e Trauma.

Sulla soglia dell’ipogeo c’è Porta: una vulva neon che sembra marcare il punto di accesso all’intimità esperienziale dell’artista. Segue la fase della rimarginazione del danno, rappresentata dal Quieto (vivere) con il video Il Battesimo proiettato su una parete e
dai due schermi di Olia e Villa Lysis, una gabbia aperta verso l’esterno a simboleggiare la guarigione dal dolore.

Con Libera avviene la scoperta di un’alternativa, grazie all’incontro con chi è in grado di offrire il suo aiuto: qui l’immagine di un palloncino rosso che rimbalza, è accompagnato dalle voci delle donne seguite dal centro antiviolenza Sostegno Donna, che ha fortemente voluto questo evento nella provincia pugliese. Trauma conclude il percorso espositivo e rappresenta la ferita ancora viva e profonda sotto la cicatrice, nel punto di massima profondità: il colore rosso è dominante sotto l’occhio di chi ha esercitato il controllo, il possesso. A sottolineare lo stato emotivo di dolore profondo c’è anche la proiezione La colpa.

Il manifesto Lasciami andare

#lasciamiandare è l’ordine perentorio e chiaro che ogni vittima dovrebbe lanciare al proprio carnefice

#lasciamiandare è sensibilizzare tanto gli uomini quanto le donne, perché chiunque si ostini a non lasciar andare può diventare un aguzzino

#lasciamiandare è dialogo diretto da vittima a carnefice, è liberazione dalla sudditanza, è l’unica soluzione, tanto semplice e univoca quanto irraggiungibile agli occhi dei due

#lasciamiandare è un hashtag autobiografico e determinato, nato dalla riaffermazione della consapevolezza di sé e della propria indipendenza. È il percorso doloroso e obbligato attraverso le diverse fasi che la rinascita prevede, per liberarsi dall’ossessione che troppo spesso spodesta il normale relazionarsi, trasformando la vita in un incubo insensato.

#lasciamiandare non è un disperato grido d’aiuto, al contrario è la ferma, lucida e precisa richiesta della preda che interrompe la sua prigionia, fronteggia il proprio inseguitore e torna a «vedere», riaffermando così a chiare lettere la propria identità ed unicità. È consapevolezza della potenza del seno di colpa, di quanto ingannevole sia il vincolo basato su di essa e le varie sue forme nobilitate

Roberta Pisa

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Roberta Pisa

Roberta Pisa

Vive a Roma dove si è laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali. Da sempre si occupa di cultura e comunicazione digitale. Dal 2015 è pubblicista e per Artribune segue le attività social.

Scopri di più