Inganni e illusioni ottiche dell’arte in mostra a Padova

L’Università di Padova compie 800 anni e il ricco calendario di eventi organizzati per rendere omaggio all’Ateneo comprende anche una mostra dedicata alle illusioni ottiche applicate all’arte, riportando inoltre l’attenzione sul Gruppo N. Succede al Palazzo del Monte di Pietà

I nostri piedi calpestano tutti i giorni la superficie di una grande sfera in perpetuo movimento, quel moto che caratterizza i corpi celesti e che ha sempre affascinato l’umanità. È con un richiamo a una dimensione “cosmica” che si apre la sezione della mostra L’occhio in gioco curata da Luca Massimo Barbero. Lo scopo, oltre a celebrare gli 800 anni dell’Università di Padova – in cui peraltro insegnò Galileo Galilei – è creare assonanze e rimandi tra tutte quelle opere che sono state realizzate mettendo al centro l’esperienza dell’occhio, intesa sia concettualmente sia tecnicamente, e creando situazioni di instabilità e partecipazione dei sensi attraverso lo sguardo.
Impossibile descrivere nel dettaglio la mostra – anzi, le due mostre, come vedremo – e basti quindi una carrellata sinteticissima sui principali nuclei tematici. Innanzitutto la prima sala è dedicata alle testimonianze più antiche che raffigurano il cosmo sotto forma di cerchi concentrici, coloratissimi tanto quanto quelli di un dipinto di Julio Le Parc, mentre le vecchie sfere armillari dialogano con un’installazione di Tomás Saraceno. Un balzo di vari secoli ci avvicina all’epoca della nascita della teoria dei colori che trova inevitabili rispondenze nel Puntinismo e Divisionismo (George Seurat e Anselmo Bucci lo testimoniano con dipinti straordinari). Nel susseguirsi delle sale si inseriscono anche le celebri “cassettiere di Barbero”, come le definisce lo stesso curatore: una volta aperti i cassetti, l’occhio viene rapito da autentici tesori come i progetti per tessuto di Bruno Munari o una Compenetrazione iridescente di Giacomo Balla che, guarda caso, proviene dalla collezione Laura e Lavinia Biagiotti. Oltre che nel linguaggio artistico, gli studi sui colori sono stati infatti applicati ai tessuti.

Marina Apollonio, Dinamica circolare 6Z+H, 1968 diametro 100 cm Padova, collezione dell’artista

Marina Apollonio, Dinamica circolare 6Z+H, 1968 diametro 100 cm Padova, collezione dell’artista

GLI ARTISTI IN MOSTRA AL PALAZZO DEL MONTE DI PIETÀ

D’obbligo un passaggio sul Futurismo e su coloro che per primi immortalarono su pellicola fotografica – ma non solo – i movimenti dei corpi in sequenza, e all’incirca a metà percorso fa capolino la ricerca di Victor Vasarely che accompagna i visitatori fino al gran finale. Ci sono poi le anamorfosi, le fotografie lenticolari, le sculture motorizzate (da non perdere i lavori di Marina Apollonio), un focus su Dadamaino (“non servono commenti”, dichiara Barbero) e ovviamente tanta arte ottico-cinetica.
Il finale, come abbiamo accennato, è un colpo di scena e proietta i visitatori all’11 luglio 1969. “Esattamente nove giorni prima del primo sbarco dell’uomo sulla luna, viene pubblicata una delle canzoni più iconiche del XX secolo: è ‘Space Oddity’, scritta da un ventiduenne David Bowie”, scrive Barbero in catalogo, e indovinate chi è l’autore dell’immagine di copertina dell’omonimo album? Victor Vasarely! Il volto del Duca Bianco, fotografato da Vernon Dewhurst, si staglia su un pattern di cerchi blu e viola su fondo verde e diventa emblema di una ricerca secolare sulla “stranezza dello spazio”. Una ricerca sviscerata dal curatore con metodo rigoroso e prospettiva internazionale, ma anche con grande leggerezza, tanto che non ci si può non divertire e rimanere ammaliati, forse anche un po’ frastornati, addentrandosi negli ambienti del Palazzo del Monte di Pietà.

IL GRUPPO N: UNA RISCOPERTA

Ma c’è un’altra sorpresa: la mostra non finisce nell’“ultima” sala ma prosegue, con un altro team curatoriale, approfondendo gli studi e gli esiti creativi del Gruppo N, un collettivo di artisti nato proprio a Padova e attivo tra 1960 e 1966 e che ha rappresentato un autentico nodo dell’arte gestaltica e dell’optical. L’esponente forse più noto è Alberto Biasi che, ottantacinquenne, non si è risparmiato nel contribuire alla riuscita del progetto con molte opere e con la sua autorevole presenza.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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