A Taranto la mostra su Ettore Sordini, l’artista che rifiutava la Pop Art

Discepolo di Lucio Fontana e tra i fondatori del Gruppo del Cenobio, Ettore Sordini è al centro della mostra a lui dedicata dal Crac Puglia di Taranto

L’essenzialità di un grafismo impalpabile che esplora, attraverso la rarefazione del colore, visioni pittoriche “al limite del niente” è alla base della poetica del segno di Ettore Sordini (Milano, 1934 – Fossombrone, 2012). A dieci anni dalla sua scomparsa, il Crac Puglia di Taranto, sede della Fondazione Rocco Spani Onlus, dedica al pittore milanese la prima retrospettiva in Italia, curata da Roberto Lacarbonara e Alberto Mazzacchera.
Una selezione di opere degli Anni Sessanta e Settanta caratterizza la mostra, che ripercorre la ricerca di Sordini, contrassegnata da una tensione pittorica continua verso la purezza archetipica del segno. Dopo aver aderito al Movimento Nucleare ‒ nel fervente contesto creativo della Milano degli Anni Cinquanta, allora crocevia internazionale delle avanguardie pittoriche –, Sordini incontra Lucio Fontana, di cui diviene amico e discepolo.

Ettore Sordini, Passeggiata, 1959, Olio e grafite su tela

Ettore Sordini, Passeggiata, 1959, Olio e grafite su tela

LA STORIA ARTISTICA DI ETTORE SORDINI

Scavalcando, tra l’altro, ogni suggestione di carattere informale, Sordini esplora sempre più le dimensioni del possibile attraverso la sottrazione e la ripetizione costruite dal disegno, che confluisce in un peculiare linguaggio pittorico basato sull’estrema pulizia del segno. Sordini narra il flusso della memoria e sembra sfiorare, con l’uso costante dello sfondo bianco sul quale si stagliano accenni cromatici germinali, la rappresentazione dell’arché della creazione. Come ricorda il curatore Roberto Lacarbonara: “Nelle ‘Montagne’, nelle ‘Passeggiate’ di Sordini, il soggetto scopre il proprio essere-nel-mondo attraverso la ‘semplice’ congiunzione tra la propria memoria e il proprio gesto segnico che inventa nuovi luoghi, nuove possibilità e ipotesi di visione. Il pittore milanese realizza così, quel “minimo sperimentale simbolico” auspicato dal Gruppo del Cenobio, di cui era stato fondatore nel 1962, insieme agli amici di via San Carpoforo. Quella “corrente segnica”, scoperta tardivamente dalla critica, contrastava la concezione nichilista e ipercritica della pittura ‒ sostenuta invece dall’amico Piero Manzoni ‒e l’invasione della cultura artistica americana, in particolare della Pop Art.

Cecilia Pavone

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Cecilia Pavone

Cecilia Pavone

Cecilia Pavone, storica e critica d’arte, curatrice indipendente, giornalista professionista, è nata a Taranto ed è laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Bari. La sua ricerca verte sulla fenomenologia artistica contemporanea e sulla filosofia dell’arte. Scrive su riviste specializzate…

Scopri di più