Cartoni, la mostra di Paolo Masi (Firenze, 1933) allo spazio Glenda Cinquegrana Art Consulting, con un testo in catalogo di Denis Isaia, può essere vista come il frutto di un reiterato, cinquantennale omaggio al materiale che l’artista toscano ha sempre considerato il suo medium d’elezione.

LA STORIA E L’ARTE DI PAOLO MASI
Dopo l’esordio (quasi di prammatica per la sua generazione) sulle orme dell’Informale (di cui riterrà il senso materico), Masi procederà ad affinare la sua riflessione interagendo con la galassia di quelle ricerche d’impronta analitica che si accostavano alla pittura da un punto di vista dichiaratamente concettuale. Ma nei confronti di quel supporto che veniva normalmente concepito come un elemento anonimo e neutro, e che egli identifica appunto nel cartone, sviluppa quasi un sentimento di partecipazione affettiva, esaltandone il suo aspetto di materiale di recupero e cogliendo un’implicita metafora esistenziale nelle tracce di vissuto di volta in volta da esso recate: umile e reietto, dotato di uno spessore labile ma stratificato in molteplici epidermidi, questo supporto, con la sua fragile matericità, la sua carnale vulnerabilità, poteva indicare la strada maestra verso una pittura eseguita con mezzi non pittorici, fatta di granulosità, di ondulazioni superficiali, di slabbrature fibrose. Era il disvelamento di un’estetica tutta interiore e segreta che poteva essere assecondata e variata secondo l’estro o la riflessione del momento: impreziosita di arabeschi, incerata o ingessata, imbastita di refe o velata di placente traslucide, abrasa e strofinata, zigrinata e bucherellata… ma non soccorrerebbero verbi bastevoli per seguire tutte le alternative che Masi ha sperimentato in tutti questi anni per praticare il suo personale modus pingendi.

LA MOSTRA DI PAOLO MASI A MILANO
L’allestimento curato da Glenda Cinquegrana ha aggregato questa sessantina di opere, incastonate in astucci squadrati di plexiglas, in nuclei simmetrici nelle tre sale della galleria secondo un criterio di uniformità dimensionale, indipendentemente dal loro ordine cronologico, peraltro inavvertibile. Infatti, pur spaziando in un arco temporale di mezzo secolo, esse risultano inquadrate in un discorso omogeneo, di rara coerenza, come se ciascun elemento costituisse una pagina di un unico romanzo in progress: una storia dalle potenzialità inesauribili e riproposta in combinazioni sempre diverse, narrata secondo un costante taglio stilistico e con immutata freschezza inventiva.
‒ Alberto Mugnaini
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