Avrebbe dovuto tenersi nella primavera del 2020, per poi essere rinviata, a causa dello scoppio della pandemia, a marzo 2021. Anche in questo caso, il Covid ha costretto a un ulteriore rinvio di un anno, ma adesso si appresta a fare finalmente il suo debutto sul palco dell’Opera di Roma, il prossimo 22 marzo (con repliche fino a giorno 31) la Turandot di Giacomo Puccini con la regia di Ai Weiwei (Pechino, 1957), artistar noto a livello globale per il suo attivismo politico e soprattutto per l’opposizione al regime cinese che, nel 2011, gli costò la detenzione in carcere per 81 giorni con l’accusa, secondo molti falsa, di evasione fiscale.
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LA TURANDOT DI AI WEIWEI
Ai Weiwei curerà ogni aspetto della sua reinterpretazione della Turandot, dalla regia alle scene, dai costumi al video. È la prima volta che l’artista cinese si cimenta nella regia teatrale, ma non è la prima volta che si “imbatte” nel capolavoro pucciniano: da giovanissimo, infatti, Ai Weiwei partecipò come comparsa nella Turandot diretta da Franco Zeffirelli per il Metropolitan di New York. “Questa Turandot verrà inscenata seguendo il mio personale punto di vista”, spiegava l’artista nel 2020. “Sarà un’opera immersa nel mondo contemporaneo, nelle attuali lotte culturali e politiche rappresentate attraverso la storia di Puccini”. Da quel 2020, intanto, il mondo ha dovuto fare i conti con la pandemia e con la guerra in Ucraina, fatti storici che senza dubbio hanno portato Ai Weiwei a fare ulteriori riflessioni e a ripensare la sua Turandot: “voglio mettere in contatto la nostra vita di oggi con quella di cent’anni fa, all’epoca in cui Puccini si confrontò con la fiaba cinese”, spiega Ai Weiwei. “Il mondo è come un’opera lirica. Turandot, quest’algida principessa immaginaria e reale, significa forza e potere; il principe Calaf, suo pretendente, diventa rifugiato politico”.
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LA TURANDOT DI AI WEIWEI E LA GUERRA IN UCRAINA
Nell’attuale temperie storica, assume un significato particolare la presenza, sul palco, di tre artisti ucraini: il soprano Oksana Dyka, il baritono Andrii Ganchuk e la direttrice d’orchestra Oksana Lyniv che, di recente, ha dichiarato: “attraverso Turandot desidero farmi interprete del messaggio che Puccini, il più grande compositore italiano del Novecento, ha voluto lasciare ai posteri negli ultimi istanti della sua vita, e cioè che l’amore alla fine è quel che conta più di ogni altra cosa”.
– Desirée Maida
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