Tra il coma e il risveglio. La mostra di Emilio Fantin a Torino

Che cosa accade in quell’interstizio temporale e tra il coma e il ritorno alla realtà? Se lo chiede l’artista Emilio Fantin, protagonista della mostra a Palazzo Barolo

I suggestivi spazi delle cantine di Palazzo Barolo ospitano The light of darkness, mostra personale di Emilio Fantin (Bassano del Grappa, 1954), parte del progetto Risvegli a cura di Gabi Scardi con Katherine Desjardins proposto dal Centro Itard Lombardia. Il progetto, in cui sono compresi diversi eventi negli Stati Uniti e in Italia, è realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (VIII edizione, 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
La mostra è ospite del PARI, Polo delle Arti Relazionali e Irregolari nell’ambito della Rassegna Singolare; e di Plurale 2021, iniziativa della Città di Torino e di Opera Barolo a cura di Artenne e Forme in bilico. Dopo la tappa a Palazzo Barolo, Risvegli si articolerà in diversi appuntamenti, tra cui una raccolta di sogni e di riflessioni sul tema degli stati di coscienza che vedrà il proprio esito presso la Fondazione Baruchello di Roma e una mostra personale (Emilio Fantin: Dreaming is Common to All, dal 15 ottobre al 15 novembre 2021) al Logan Center for the Arts dell’Università di Chicago (a cura di Katherine Desjardins con Gabi Scardi e in collaborazione con Open Practice Committee e Comfort Station di Chicago). Infine, il progetto Risvegli è accompagnato dal lancio della piattaforma www.poeticsofnonperceptible.com/, nata come spazio dinamico e partecipativo, e da una pubblicazione dedicata al lavoro dell’artista.

Emilio Fantin, Immagine collettiva di una comunità di sognatori, stampa digitale. Credits Emilio Fantin

Emilio Fantin, Immagine collettiva di una comunità di sognatori, stampa digitale. Credits Emilio Fantin

EMILIO FANTIN E LA PSICHE UMANA

In una lettera del 1903 allo psicologo William James, il filosofo Henri Bergson scriveva: “Voi siete riuscito a estrarre la quintessenza stessa dell’emozione […]. Più rifletto sulla questione, più sono convinto che la vita è, da cima a fondo, un fenomeno d’attenzione. Il cervello è la direzione stessa di questa attenzione: esso segna, delimita e misura il restringimento psicologico necessario all’azione; infine non è né il duplicato né lo strumento della vita cosciente, è piuttosto la punta estrema, la parte che s’inserisce negli avvenimenti, simile alla prua dove la nave si restringe per fendere l’oceano. Ma questa concezione esige che noi spezziamo molti degli schemi all’interno dei quali siamo abituati a pensare, di cervello e anima”. Queste parole aderiscono perfettamente al processo documentato e narrato da Emilio Fantin nella sua mostra torinese: disegni, fotografie e video si susseguono in una poetica raccolta di testimonianze sui diversi stati di coscienza di coloro che hanno esperito sensazioni, stati e visioni durante il coma. Il titolo evocativo è inequivocabile; la ricerca dell’artista vuole rischiarare le pieghe oscure e misteriose della psiche e della sua traduzione in raffigurazione sensibile, dimostrando l’esistenza dell’intangibile, di una soglia dove l’individuo fluttua tra fatti e sogni, tra attività sensoriale e costruzione dell’immagine interiore. Una soglia dalla quale si intravedono flussi, impulsi, desideri, paure impercettibili nella realtà sensoriale, e che durante il sonno e il sogno emergono da spiragli di profonda cognizione di sé. L’arte estrinseca, riveste e giustifica la congiunzione della manifestazione concreta della realtà percepita con le impalpabili espressioni dello spirito – “materia e memoria” per Bergson; “immortalità umana” per James. 

Emilio Fantin, Inner encounters, 2005. Photo credits Davide Bertocchi

Emilio Fantin, Inner encounters, 2005. Photo credits Davide Bertocchi

LA MOSTRA DI FANTIN A TORINO

Principe della mostra è l’Integratore, dispositivo spaziale concepito come raccoglitore per analizzare ed esprimere diversi stati di coscienza, ossia per favorire incontri tra persone dai diversi trascorsi di vita, concedendo al fruitore una serie di impressioni d’insieme che interferiscono e nello stesso tempo si fondono tra loro nel principio immateriale. Al suo interno si coinvolge l’osservatore provocando una serie di improvvisazioni oniriche, tese a stimolare l’esplorazione delle dimensioni celate, subconsce, della psiche e del sentimento – un’adesione avvincente culminata nelle giornate del 4, 5 e 26 novembre, durante le quali si sono svolte alcune performance dedicate ai sogni e alla loro ricostruzione attraverso immagini immediate, con due performer e la partecipazione di quattro persone del pubblico. Fantin dimostra non solo l’esistenza del legame indissolubile di razionale e irrazionale, che abita e impreziosisce la mente umana; ma anche della forza vitale che spinge l’individuo a ricostruirsi, visualizzando e vivendo nuovi orizzonti.

Federica Maria Giallombardo

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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