Il senso del limite nella video-installazione di Elisabetta Di Sopra a Venezia

Inclusa fra le iniziative culturali avviate dall’Accademia di Belle Arti e dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia, la mostra di Elisabetta Di Sopra ricorre al linguaggio del video per compiere una riflessione sul tempo.

Il limite, sintagma definitorio che assurge a titolo e a concetto della video-installazione di Elisabetta Di Sopra (Pordenone, 1969), si presta, con inaspettata coerenza, a una lettura semantica che tenga conto dei diversi livelli spazio-temporali coinvolti e che, in qualità di attributi di “senso” dell’intera opera, meritano di essere indagati.
Un primo livello è costituito dalla stessa opera video, la quale è stata realizzata nell’Aula di Anatomia Artistica dell’Accademia di Belle Arti; un luogo che Elisabetta Di Sopra conosce bene, essendo stata allieva dell’antica istituzione veneziana, dove era solita esercitarsi nel disegno insieme alla modella Savinia Bullo, che l’artista ha fortemente voluto come soggetto della sua opera-video.

LA VIDEO-INSTALLAZIONE DI ELISABETTA DI SOPRA

Tecnicamente l’opera è frutto di una ripresa video a tre canali i cui file sono restituiti in sincrono mediante un player via rete; concettualmente la trama dell’opera si svolge secondo una narrazione assai consueta in ambiente accademico: la modella sale sulla pedana, assume la posa classica da ritratto e alla fine della “lezione” ridiscende. È evidente che si tratti di un racconto condotto sul filo del ricordo, ma in questo caso il ricordo è stato reso vivido e presente dalla capacità dell’artista di cogliere e di restituirci, attraverso lo strumento video, i movimenti quasi impercettibili del corpo della modella.

LA MOSTRA AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI VENEZIA

L’ambiente in cui l’artista ha scelto di collocare l’opera ne definisce il secondo livello spazio-temporale. Si tratta della sala VIII del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, dove i tre differenti monitor che trasmettono l’opera-video sono stati giustapposti alle tre statue dei Galati (valorosi guerrieri Celti sconfitti dai Romani), così da formare tutti insieme un emiciclo, secondo un’implicita valenza di continuum estetico-cronologico. Si tratta di sculture risalenti al II secolo d.C., pregevoli copie di capolavori ellenistici destinati all’Acropoli di Atene, scoperti a Roma nel 1514. Come molte altre opere presenti nel museo, esse appartengono al gruppo scultoreo proveniente dalla raccolta Grimani, famiglia di noti collezionisti veneziani.

TRA STORIA E MEMORIA

Molteplici sono quindi le indicazioni di natura storica e mnemonica che si aggiungono, come ulteriori stratificazioni temporali, ai due principali livelli individuati, i quali, insieme al confronto dialogico che si instaura fra la scultura vivente/virtuale e le statue romane, rendono la video-installazione di Elisabetta Di Sopra fruibile sotto diversi aspetti. Che si tratti del punto di vista stilistico oppure storico-artistico, è un’opera, questa, la cui significazione, ricca di continui rimandi, è in grado di coinvolgere il visitatore in un viaggio emotivo oltre il limite del tempo.

Adriana Scalise

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Adriana Scalise

Adriana Scalise

Adriana Scalise lavora presso l'Archivio della Biennale di Venezia, laureata in Lingue Orientali (Arabo) e in Conservazione dei Beni Culturali (Storia dell'Arte) da oltre dieci anni nutre interesse nei confronti della Fotografia nelle sue varie declinazioni (storia, estetica e pratica…

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