Si conclude il 1° giugno Hole. Temporary art peep show, un progetto espositivo ideato e sviluppato dal team curatoriale di Adiacenze e dallo studio indipendente di progettazione grafica Tatanka [gli autori delle copertine di Artribune Magazine, N.d.R.], in collaborazione con Andrea Tinterri, critico e curatore indipendente, fondatore e direttore artistico della rivista d’arte La Foresta.
Il lancio del progetto (28 aprile) è coinciso con i giorni di Out Of Order, festival diffuso di arte contemporanea organizzato da un gruppo di associazioni attive a Bologna (Adiacenze, Dev, Nelumbo Open, Parsec, Tank, Elastico e Laboratorio l’Isola) per denunciare la disattenzione di cui gli spazi culturali non profit sono stati vittime nell’ultimo anno di pandemia.

UN PEEP SHOW CONTRO LA PANDEMIA
L’iniziativa è nata dall’esigenza di perseguire l’indagine artistica contemporanea attraverso il lavoro curatoriale ed espositivo, nonostante le restrizioni e la chiusura forzata imposte dalla pandemia. Come riavvicinare il pubblico all’arte contemporanea senza aprire lo spazio? Come stimolare e sostenere la creatività degli artisti, senza mostre?
La vetrina di Adiacenze è stata oscurata: sei piccoli fori dotati di una lente fisheye erano l’unica possibilità di “accesso” fornita al pubblico per spiare le opere esposte con il proprio occhio o la fotocamera del proprio smartphone. Ad attendere gli spettatori-voyeur, dall’altra parte della vetrina, sono state le opere di ventiquattro artisti, che si sono susseguite di settimana in settimana a gruppi di sei.

LE OPERE DEGLI ARTISTI AD ADIACENZE
Anche gli artisti coinvolti sono stati vincolati (e stimolati) da questa scelta espositiva e di fruizione: a ognuno di loro è stata fornita una scatola delle stesse dimensioni, entro cui sviluppare la propria installazione. Pittori, performer, videoartisti, fotografi e scultori hanno così composto un “condominio” in continuo mutamento.
Gli artisti hanno interpretato la condizione di essere “spiati” dal pubblico in modi diversi. C’è chi ha scelto di condividere un’ossessione privata, chi ha racchiuso dentro il box il proprio processo creativo, chi ha colto l’occasione per dare spazio a un’idea in attesa da tempo. Non sono mancate le riflessioni sul tempo presente, nostalgie per ciò che abbiamo perso e spunti per reagire. Spinto ad avvicinarsi dall’occultamento parziale della vetrina, il pubblico ha ritrovato il piacere di decodificare segni e tracce visive per fare conoscenza dell’intimo di ogni artista, riattivando lo scambio vitale tra spettatore e opera.
– Giorgia Tronconi
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