Le 31 scritte luminose di Nora Turato sulla facciata del LAC di Lugano

Nonostante in Svizzera i musei siano aperti, Nora Turato ha scelto di realizzare la propria opera a distanza, sulla facciata del LAC di Lugano. Una riflessione che chiama in causa le difficoltà dell’epoca attuale.

Francesca Benini è la curatrice di due esposizioni, quella dedicata allo svizzero Beni Bischof e quella della croata Nora Turato attualmente disposte l’una accanto all’altra al secondo piano del LAC di Lugano. A questo proposito si esprime così: “La pandemia ci ha costretti a rivedere tutti i programmi della stagione 2020-21 del MASI. Abbiamo virato verso esposizioni agili dal punto di vista degli allestimenti e pure per il tipo di messaggio che esprimono. Esattamente quello che è accaduto per la mostra di Bischof dove l’intento è anche quello di contrastare il sentimento di un periodo esasperante come quello che stiamo vivendo, con un invito a guardare avanti. Medesimo intento per Nora Turato, ma in questo caso l’installazione in questione ha richiesto un impegno tecnico non indifferente”.

L’OPERA DI NORA TURATO A LUGANO

L’opera è infatti composta da trentuno citazioni che scorrono su uno schermo con una permanenza media di cinquanta secondi: l’insegna invade per intero lo spazio della finestra a striscia con cui il LAC si affaccia verso il profilo del lago a Lugano. I sessantaquattro moduli impiegati per comporre il led wall risultano particolarmente brillanti durante le ore notturne, il che ha richiesto una specifica attenzione riguardo al traffico che scorre lì sotto, con la autorità del Cantone coinvolte nell’approvazione della messa a punto della luminosità dell’installazione. Altre scritte sono state invece pubblicate sotto forma di manifesti per le strade della cittadina svizzera.

Nora Turato. That’s the only way i can come. Installation view at MASI, Lugano 2020. Photo Studio Pagi © MASI Lugano

Nora Turato. That’s the only way i can come. Installation view at MASI, Lugano 2020. Photo Studio Pagi © MASI Lugano

L’ATTUALITÀ SECONDO NORA TURATO

Lugano dista non più di 23 chilometri dal confine con l’Italia, ma l’atmosfera qui sino a poco tempo fa era profondamente diversa da quella che si respirava nell’attigua Lombardia. Musei, cinema e teatri non hanno mai chiuso, l’uso della mascherina non è mai stato obbligatorio, gli impianti sciistici nel Canton Ticino sono tutti aperti. Il lavoro di Nora Turato (Zagabria 1991; vive ad Amsterdam) al contrario è stato concepito come fruibile solamente dall’esterno dell’edificio che lo ospita: le scritte luminose appaiono dietro un vetro blindato volutamente coperte come dovessero essere protette da una di quelle maschere a cui siamo ormai tristemente adusi. Una scelta precisa, condivisa da artista e curatrice, che risponde alle restrizioni imposte dalla pandemia al di là dei diktat delle autorità. Anche il titolo di questa esposizione – che Turato ha voluto in inglese (non altrettanto accade per tutte le frasi che scorrono sullo schermo) ‒ si sposa perfettamente con il sul senso complessivo dell’operazione. “That’s the only way I can come”: un motto che riflette il senso di insostenibile claustrofobia che ognuno di noi sta provando.

GLI AFORISMI DI NORA TURATO

Nora Turato crea ogni anno un “pool” di aforismi estrapolando testi o singole parole dal flusso di comunicazione che ci avvolge. Lo fa utilizzando principalmente il cellulare che diviene così lo strumento principe per condividere flussi di pensieri con partner per lo più sconosciuti. Frammenti di conversazioni quotidiane, pubblicità, letteratura, post sui social media, film, serie tv e testi musicali vengono così ammassati senza una logica precisa: ogni fonte con lo stesso peso, senza distinzione tra affermazioni politiche e citazioni di personaggi televisivi. È questo il metodo attraverso cui Turato pare captare sottili sincronismi tra strategie di marketing e relazioni personali. Ogni pool diviene poi un libro d’artista che rispecchia gli eventi accaduti in quell’anno oltre a un inventario personale delle relazioni stabilite con altri, sempre nuovi, individui.
Sono proprio questi pool la sorgente che l’artista utilizza in seguito per realizzare le sue opere (video, installazioni, graffiti o letture) dalle quali, come nel caso di questa mostra, emerge la straordinaria volatilità di un linguaggio – quello contemporaneo ‒ che pare sempre più spesso sconnesso dalla sua primigenia funzione informativa.

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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