Un disegno di oltre 500 mq: la doodleart di Francesco Caporale nel Guinness dei Primati
Realizzata in soli cinque giorni, l’opera - grande come la piazza centrale del borgo calabrese di Altomonte - è stata premiata come "Disegno più grande del mondo realizzato a mano da una sola persona". Il suo autore ce ne ha parlato in questa intervista.
Una tela di 568,47 metri quadrati, creata in cinque giorni da Francesco Caporale – in arte FRA! – nella piazza principale del borgo di Altomonte in provincia di Cosenza, suo paese natale. Un’enorme opera realizzata da una sola persona usando un pennarello indelebile e motivi grafici che si moltiplicano per tutto lo spazio. Si tratta di DoodleDream, il progetto realizzato con la collaborazione di Xiaomi, mega azienda cinese di tecnologia, che ha fatto guadagnare all’artista calabrese il Guinness World Record nella categoria “Disegno più grande del mondo realizzato a mano da una sola persona”. Xiaomi ha contribuito creando sul proprio sito Doodle Dream, una piattaforma in cui gli utenti potevano liberamente caricare dei disegni, poi riprodotti e inseriti nella grande opera finale realizzata in presenza ad Altomonte. Ma come sono andate le cose? E che cos’è esattamente la doodle art? Ce ne ha parlato l’artista in questa intervista.
Come hai ottenuto il contributo di Xiaomi?
Collaboriamo già da un po’ di anni. Ancora prima di entrare in contatto con questa azienda, ero già un appassionato della sua filosofia aziendale: tecnologia, design e funzionalità a prezzi democratici. Allo stesso modo penso alla mia doodleart, uno stile accattivante ma soprattutto lineare e alla portata di tutti, insomma, POPolare! Siamo subito entrati in sintonia senza mai porci limiti sulle idee buttate giù per le diverse campagne che abbiamo seguito insieme.
Com’è stata questa esperienza da Guinness dei Primati?
È stata un’esperienza bellissima e non solo per il lavoro svolto. Non è la prima volta che mi trovo di fronte a progetti su grandi superfici. Però questa volta il lavoro (già insito in un mio sogno personale) è presto diventato un fenomeno collettivo.
Ovvero? Chi è che ha partecipato?
A partire dagli abitanti di Altomonte che hanno “convissuto” con questo progetto, fino a tutto il pubblico che si è creato sui canali social. Abbiamo ricevuto un sacco di calore e di affetto per “l’impresa ” che siamo riusciti a portare a termine, in un momento in cui sembra difficile anche solo uscire di casa per fare la spesa. Insomma, al di là del risultato raggiunto e del record mondiale, questo progetto è stato come un faro di luce e di speranza in un momento tanto buio per tutti. È stata per me la soddisfazione più grande, anche nei confronti della mia categoria, che faccio rientrare in quella dell’artigianato: lavorare e fare cose belle anche in questo periodo è possibile, e io ne ho potuto dare prova.
Ti sei formato in grafica pubblicitaria e direzione artistica, e hai fatto della doodleart il tuo cavallo di battaglia. Cosa caratterizza questo stile?
La doodleart può essere semplicemente tradotta come “arte dello scarabocchio”, che in sé racchiude anche il senso del “perdere tempo”, ovvero riempire uno spazio vuoto senza un preciso piano e/o obiettivo specifico.
Un po’ come quando si scarabocchia mentre si al telefono?
Esatto. Possiamo immaginarlo come un flusso di coscienza fatto di inchiostro indelebile che non può né fermarsi né tornare indietro (ovvero essere cancellato), ma solo andare avanti fino a quanto si ha volontà e spazio per farlo. Una citazione che rappresenta molto bene questo concetto è “nulla si crea, nulla di distrugge, ma tutto si trasforma”, di Lavoisier. A me piace definire questo stile “arte dell’errore”, oramai diventato un vero e proprio stile di vita per me.
In che senso?
Eliminare gli errori è ciò che richiede più energia nella vita. Ai giorni nostri sbagliare è molto difficile, in questa realtà altamente performante. Io ho iniziato a fare doodleart perché ero incapace di disegnare bene. Paradossalmente, a furia di disegnare – sono 7 anni che faccio questo lavoro – ho imparato a farlo per davvero, creando un equilibrio personale tra il caos dello scarabocchio e l’ordine della tecnica. Io lo chiamo il mio “disordine ordinato”.
-Giulia Ronchi
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