Per la prima volta nella storia al Turner Prize 2019 vincono tutti i finalisti del premio

L’idea di conferire il premio ai quattro finalisti è stata proposta alla giuria dagli stessi artisti: Lawrence Abu Hamdan, Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shani si aggiudicano così l’importante riconoscimento, all’insegna della solidarietà e della collaborazione. E la scelta di essere premiati come collettivo è in realtà una grandiosa opera d’arte condivisa

Lawrence Abu Hamdan, Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shani sono gli artisti che si sono aggiudicati l’edizione 2019 del Turner Prize, premio istituito nel 1984 e tra i più ambiti e prestigiosi dell’arte contemporanea, bramato da tutti gli artisti britannici di nascita o che risiedono in Gran Bretagna che si siano distinti per un importante progetto espositivo. Per la prima volta nella storia del premio, il riconoscimento è stato assegnato a tutti finalisti: a proporre l’idea sono stati proprio  Lawrence Abu Hamdan, Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shani, che in una lettera congiunta alla giuria hanno dichiarato: “in questo momento di crisi politica in Gran Bretagna e in gran parte del mondo, quando c’è già così tanto che divide e isola persone e comunità, ci sentiamo fortemente motivati ​​a sfruttare l’occasione del premio per fare una dichiarazione collettiva in nome della condivisione e della solidarietà, nell’arte come nella società”.

IL TURNER PRIZE 2019

La giuria composta da Alessio Antoniolli, Elvira Dyangani Ose, Victoria Pomery e Charlie Porter e presieduta dal direttore della Tate Britain Alex Farquharson ha così deciso di accogliere la singolare richiesta dei quattro finalisti, decidendo di premiarli così come collettivo: “ci è stata presentata la lettera degli artisti, e all’unanimità abbiamo preso la decisione di accettare la loro richiesta. Siamo onorati di sostenere questa audace dichiarazione di solidarietà e collaborazione in questi tempi di divergenze. Il loro atto simbolico riflette la poetica politica e sociale che ammiriamo e apprezziamo nel loro lavoro”. Il valore del gesto e del messaggio dei quattro artisti è sottolineato anche da Alex Farquharson: “nel riunirsi e presentarsi come gruppo, gli artisti nominati quest’anno hanno sicuramente dato alla giuria molto su cui riflettere. Ma è nello spirito del lavoro di questi artisti sfidare le convenzioni, resistere alle visioni del mondo polarizzate e difendere altre voci. La giuria ha ritenuto che ciò rendesse il collettivo un degno vincitore del Turner Prize”.

I VINCITORI DEL TURNER PRIZE 2019

Caratteristica che accomuna i quattro artisti vincitori del Turner Prize 2019 è l’attenzione e l’impegno rivolto ai temi della società e della politica contemporanee, declinati attraverso differenti media e linguaggi.
Lawrence Abu Hamdan era stato selezionato dalla giuria per la sua mostra personale Earwitness Theatre a Chisenhale, per l’installazione video Walled Unwalled e la performance After SFX alla Tate Modern di Londra. Il lavoro di Abu Hamdan esplora i processi della memoria e del linguaggio, focalizzando l’attenzione anche sui diritti umani.
Selezionata per la sua mostra personale The Long Note al Void a Derry Londonderry e IMMA a Dublino, il lavoro di Helen Cammock esplora le storie sociali attraverso film, fotografia, stampa, testo e performance. Creando stratificazioni narrative che permettano di rivelare la natura ciclica della storia, The Long Note esamina la storia e il ruolo delle donne nel movimento per i diritti civili a Derry Londonderry. Il lavoro evidenzia come la politica dell’Irlanda del Nord abbia oscurato la storia sociale del territorio e la varietà di posizioni politiche prese dalle donne in quel contesto.
Oscar Murillo era stato scelto dalla giuria del Turner Prize 2019 per la sua partecipazione alla 10a Biennale di Berlino e le mostre personali Violent Amnesia a Kettle’s Yard a Cambridge e al Chi K11 art museum di Shanghai. Il lavoro di Murillo incorpora una varietà di tecniche e media tra cui pittura, disegno, performance, scultura e suono, spesso utilizzando materiali riciclati e frammenti del suo studio. Il lavoro di Murillo riflette sulla sua esperienza di spostamento e sulla ricaduta sociale della globalizzazione.
Tai Shani invece era stata scelta come finalista del premio per la sua partecipazione a Glasgow International 2018, per la mostra personale DC: Semiramis al The Tetley a Leeds e per la partecipazione a Still I Rise: Feminisms, Gender, Resistance al Nottingham Contemporary e De Le Warr Pavilion, Bexhill-on-Sea. Nella giuria ha suscitato particolare interesse l’ultimo progetto in corso di Shani, Dark Continent, per la peculiarità di combinare testi storici e riferimenti contemporanei. Sviluppato in quattro anni, il progetto prende ispirazione da un testo femminista del XV secolo, The Book of the City of Ladies di Christine de Pizan. Shani utilizza installazioni teatrali, performance e film per creare la propria città allegorica di donne popolata da personaggi fantastici, trasportando lo spettatore in un altro tempo e luogo.

– Desirée Maida

www.tate.org.uk

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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