Biennale di Venezia. La guerra si fa danza nel Padiglione brasiliano

Intervista a Bárbara Wagner, protagonista, insieme a Benjamin de Burca, del Padiglione Brasile nell’ambito della 58. Biennale Arte di Venezia.

Bárbara Wagner e Benjamin de Burca rappresentano il Brasile alla 58. Biennale Arte di Venezia, con l’anteprima mondiale di Swinguerra, una installazione video a due canali che proietta il film realizzato dai due artisti appositamente per la Biennale, affiancandolo a una serie di ritratti dei partecipanti al video. Il titolo del progetto allude alla Swingueira, un tipo di ballo diventato un fenomeno culturale nella città di Recife. Abbiamo raggiunto Bárbara per una intervista di approfondimento sul loro lavoro.

Swinguerra è un titolo, ma anche una dichiarazione poetica e un neologismo. Potresti spiegare qualcosa di più sul tuo progetto? In che modo l’immagine in movimento interagisce narrativamente con l’installazione tridimensionale? Swingueira è il nome di una forma di musica e danza che proviene dallo stato di Bahia in Brasile ed è il soggetto principale del nostro film Swinguerra. È un film a due canali che presenta tre forme di danza interconnesse provate e presentate in gare annuali da tre gruppi. Il gruppo principale è chiamato Extremo che balla Swingueira. Il secondo, La Mafia, la danza Brega-Funk e il terzo gruppo, Bonde do Passinho, la danza Passinho do Maloca, che è diventata un fenomeno virale in tutta l’area di Recife all’inizio di quest’anno. Il film esplora implicitamente questioni di razza, classe e genere: come una realtà condivisa da questi tre gruppi.

Bárbara Wagner & Benjamin de Burca, Swinguerra, 2019. Still

Bárbara Wagner & Benjamin de Burca, Swinguerra, 2019. Still

Negli ultimi tre anni, come hai lavorato, condiviso compiti e collaborato con Benjamin? Ci sono coreografie o scenari oppure obiettivi prevalentemente tuoi o suoi?
Anche se collaboriamo dal 2013, il nostro primo film, Faz que vai, realizzato con un piccolo team di cinema, è stato prodotto nel 2016. È stato con questo primo film che abbiamo iniziato il nostro rapporto di lavoro con Pedro Sotero, un celebre direttore della fotografia che ha lavorato su lungometraggi pluripremiati (Neighboring Sounds e Aquarius di Kleber Mendonça, tra gli altri). Poiché la mia pratica è radicata nel giornalismo e quella di Benjamin nell’arte visiva, ciò corrisponde agli aspetti del documentario e della narrativa suggeriti nella nostra pratica collaborativa. Pedro risponde al nostro lavoro filtrando la nostra visione attraverso l’obiettivo cinematografico. Anche se lavorare con un team di cinema è già una collaborazione con una vasta gamma di professionisti, i soggetti di fronte all’obiettivo sono i nostri principali collaboratori e insieme lavoriamo per costruire la loro immagine in base ai loro desideri. In Swinguerra, per esempio, le coreografie non sono state modificate per adattarsi meglio alle nostre esigenze, ma abbiamo proposto risoluzioni cinematografiche per filmare al meglio queste sequenze, dalle prove alla presentazione. Tutti i nostri progetti sono un incontro di pratiche creative: le nostre con le pratiche artistiche dei soggetti nel film.

Come hai composto la grande installazione creata attorno al film?
L’installazione realizzata per la Biennale di Venezia è nata dalla nostra visita in loco insieme all’architetto Alvaro Razuk e al curatore Gabriel Pérez-Barreiro. Fu allora che capimmo che il padiglione, un progetto modernista costruito nel ’64, era più adatto a presentazioni di pittura, scultura e installazione piuttosto che a proiezioni audiovisive. La realtà fisica dello spazio ci ha quindi sfidato e ispirato a utilizzare i due spazi rettangolari stretti, intersecati da un condotto concreto, per sviluppare una proiezione a due canali che ha complicato il nostro lavoro e solleva questioni interessanti su come lo spettatore può incontrare l’opera in modo conviviale. Il film può essere visto su entrambi i lati della divisione che il condotto e il passaggio di cemento creano. Invece di presentare un film a canale singolo in cui il pubblico può facilmente “consumare” un aspetto del Brasile, ora lo spettatore è collocato al centro degli eventi.

Bárbara Wagner & Benjamin de Burca, Swinguerra, 2019. Still

Bárbara Wagner & Benjamin de Burca, Swinguerra, 2019. Still

Che tipo di elementi hai assemblato?
L’opera consiste in una proiezione a due schermi e in una serie di quattro ritratti fotografici in dittici degli artisti partecipanti al film, negli spazi in cui normalmente provano.

Terremoto Santo e Swinguerra quali corrispondenze condividono?
Questi film sono molto diversi, ma il processo di coinvolgimento con i soggetti nel presentare la loro produzione e attività artistica, le speranze e i desideri dell’attore è lo stesso.

Quali sono i vostri prossimi programmi?
Dopo la Biennale ci impegneremo a realizzare un’opera in Irlanda, commissionata dall’Arts Council of Ireland. Anche se è troppo presto per dire quale sarà questo lavoro. Il lungo processo di ricerca e gli incontri ci portano a capire quale sarà il film, non possiamo definirlo con successo fino a settimane, se non giorni prima delle riprese.

Potresti esprimere un desiderio o formulare un messaggio per i tuoi futuri visitatori?
Mantenere una mente aperta, godere, essere critici, vedere la possibilità di concedersi seriamente mentre ci si diverte allo stesso tempo.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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