Biennale di Venezia. Una guida alla mostra (I)

A pochi giorni dall’avvio della 58esima Biennale Arte di Venezia, vi proponiamo una guida alla mostra diretta da Ralph Rugoff. Focalizzandoci su tematiche e protagonisti.

Una Biennale all’insegna dell’ambiguità e della confusione, che rischia di essere una delle edizioni più interessanti di questo primo ventennio del XXI secolo, come annunciato dal suo titolo, per la prima volta espresso in forma dubitativa e non affermativa. May you live in interesting times riunisce 79 artisti invitati dal direttore americano Ralph Rugoff, attuale direttore della Hayward Gallery a Londra. Stimato dagli addetti ai lavori e vicino agli artisti, ai quali ha chiesto per la prima volta di presentare due lavori diversi, uno per i Giardini (Proposta A) e l’altro per l’Arsenale (Proposta B). “Viviamo in un’epoca dove ogni cosa è veramente connessa, e la complessità regna sovrana” ‒ ha dichiarato Rugoff – “per questo non sono interessato a opere legate a un unico punto di vista, bensì capaci di porre al pubblico delle domande sul tempo delle fake news, dove molte scelte politiche importanti vengono operate sull’onda dell’emotività e non della ragione”. Per tale motivo la sua Biennale ha alcune   caratteristiche particolari: sono più donne che uomini, sono solo artisti viventi e la maggior parte di loro viene dall’America e dall’Asia. “C’è bisogno di opere che abbiano diverse chiavi di lettura perché possano entrare in contatto con il grande pubblico”, aggiunge Rugoff. “Ciò che rende l’arte speciale è il fatto che resiste a qualsiasi chiusura mentale”. Con queste premesse, proviamo a tracciare una sorta di guida alla visione della 58esima edizione della Biennale Arte lagunare.

Carol Bove. Self Talk, 2015

Carol Bove. Self Talk, 2015

SCULTURA E INSTALLAZIONE

Il decano di questa edizione, sia per età che per poetica, è l’artista di origine cherokee Jimmie Durham, autore di assemblaggi di oggetti trovati poveri, combinati tra loro con un’attitudine poetica, simbolica e politica. Sculture e installazioni, principalmente realizzate attraverso la tecnica dell’assemblaggio, sono le protagoniste di quest’edizione, pur se declinate in maniere differenti.
L’attenzione a un’estetica minimalista, che strizza l’occhio al design ma anche all’arte concettuale degli Anni Settanta, ispira le sculture di Nayri Baghramian, Suki Seokyeong Kang, Maria Loboda, Carol Bove, Jesse Darling, Haris Epaminonda, Jeppe Hein, Andreas Lolis, Jean Luc Moulène, Nabuqi, Gabriel Rico, Michael E. Smith e Tavares Strachan.
Più ironiche e dissacranti le installazioni di Darren Bader, Anthea Hamilton, Neïl Beloufa, Ludovica Carbotta, Otobong Nkanga, Cameron Jamie, Zhanna Kadyrova, Augustas Serapinas, Sun Yuan & Peng You, Andra Ursuta, mentre l’utilizzo di tessuti, stoffe e ricami è il fil rouge che unisce le ricerche di Alexandra Bircken, Slavs and Tatars, Rosemarie Trockel, Kaari Upson, Margaret & Christine Wertheim e Yin Xiuzhen.

Teresa Margolles. Ya basta hijos de puta. Exhibition view at PAC, Milano 2018

Teresa Margolles. Ya basta hijos de puta. Exhibition view at PAC, Milano 2018

POLITICA E SPAZIO

Non mancano artisti direttamente interessati a tematiche sociali e politiche, che denunciano e sottolineano problematiche legate alla violenza, allo sfruttamento delle minoranze e a varie forme di guerriglia, passata e presente: Lawrence Abu Hamdam, Halil Altindere, Christoph Büchel, Shilpa Gupta, Rula Halawani, Teresa Margolles, Arthur Jafa, Joseph Kahlil, Mary Katayama, Zanele Muholi, Kemang Wa Lehulere.
Sono interessati al rapporto con lo spazio sia architettonico che sociale artisti già affermati sulla scena internazionale come Dominique Gonzalez Foerster, Lee Bul, Tomás Saraceno, Hito Steyerl e Dahn Vo, mentre la generazione post-internet è rappresentata da artisti delle ultime generazioni come Antoine Catala, Ian Cheng, Alex Da Corte, Ed Atkins, Jon Rafman e Avery Singer.

Martine Gutierrez, Girl Friends 05. Courtesy Annamarracontemporanea, Roma

Martine Gutierrez, Girl Friends 05. Courtesy Annamarracontemporanea, Roma

FOTOGRAFIA E SUONO

Gli artisti che si esprimono prevalentemente attraverso la fotografia sono Cyprien Gaillard, Gauri Gill, Martine Gutierrez e Frida Orupabo, mentre Stan Douglas, Christian Marclay e Apichatpong Weerasethakul prediligono il video per i loro complessi storytelling. La pittura è rappresentata da Michael Armitage, Njideka Akunyili Crosby, Nicole Eisenman, Julie Mehretu, Ad Minoliti, Jill Mulleady, Ulrike Müller, George Condo ed Henry Taylor. Sia Tarek Atoui che Ryoji Ikeda lavorano col suono, seppur in maniera opposta: Atoui costruisce strumenti arcaici, mentre Ikeda è uno dei massimi compositori di computer music. Anicka Yi lavora sul rapporto tra arte, scienza e gastronomia.

TRE OUTSIDER

Infine Rugoff ha invitato tre outsider: i due fotoreporter Soham Gupta e Anthony Hernandez e il lama Khyentse Norbu, che racconta con la cinepresa la vita del suo Paese d’origine: il Buthan. Una voce da uno degli stati più isolati (e felici) del mondo per raccontare i tempi “interessanti” che stiamo vivendo.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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