La carica tribale del Sud, l’angoscia occidentale, l’individuo perso nella solitudine e l’individuo che parla con gli antenati; sacro e profano si incontrano nell’opera di Tesfaye Urgessa (Addis Abeba, 1983), il cui personalissimo eclettismo strizza l‘occhio alle composizioni cubiste, alla ritrattistica espressionista di Richard Gerstl e al senso monumentale dell’epica tipico di Georg Baselitz. Una pittura dinamica, suggestiva, che, pur non avendo particolari riferimenti all’attualità, si fa messaggio universale: profeti barbuti, dee madri, moderni individui disorientati, angusti appartamenti e cieli luminosi. Un immaginario eterogeneo capace di creare un punto d’incontro fra tradizione atavica e un vorticoso, solitario presente, ma anche tra Africa ed Europa. Al di fuori di ogni retorica, ma soltanto nel nome di una necessaria conoscenza fra popoli; perché questa è la storia dell’umanità, che, vuole il caso, è nata proprio in Africa.
‒ Niccolò Lucarelli