Aniconica ma sensoriale. L’arte di Mats Bergquist a Milano

Galleria San Fedele, Milano ‒ fino al 19 dicembre 2019. Le opere essenziali ma tattili dell'artista svedese in una personale che ne riassume ampiamente la poetica. Stratificazioni di cera, icone senza figura, "aleatori" paesaggi segnati dal bianco... Alla ricerca di una forma assoluta eppure profondamente dialettica.

Essenziale ma non minimalista, austera ma generosa di sensazioni, l’arte di Mats Bergquist (Stoccolma, 1960) è ben descritta dalla personale che gli dedica la Galleria San Fedele. Pur assegnando il dovuto spazio alle singole opere, in alcuni casi paradossalmente monumentali, ciò che prevale è la partitura complessiva, l’interazione tra i lavori e lo spazio. Un allestimento da percorrere, molto più “corporeo” di quanto si possa pensare a un primo impatto.
L’aniconicità è (quasi) assoluta: pannelli monocromi che si ripetono modularmente, sculture austere dalla forma ovale che evocano teste senza sbocchi sul mondo esterno. Vige negli spazi della mostra un silenzio bergmaniano. Ma ben presto sensazioni tattili emergono. A partire dalle tavole a encausto, con le loro stratificazioni di cera, talvolta con le loro concavità, punto d’appoggio sinestetico per l’occhio. Si tratta di icone russe ‒ dato che l’artista ne segue il procedimento artigianale con la traversa e i venti strati ‒ però private di immagine.

COMPRESENZE

Assenza contingente oppure originaria? Consunzione o attesa di un’apparizione? Proprio in questa ambiguità, in questa compresenza di diverse direzioni del pensiero risiedono il fascino e l’interesse dei lavori di Bergquist. Anche l’opera più figurativa della mostra rivela un’assenza: è un calco in bronzo della mano dell’artista, che afferra il vuoto. Un’altra piccola scultura a parete è una scala che si inerpica verso il nulla (o vi si tuffa, a seconda della direzione in cui si legge l’opera).
Una parziale concessione alla referenzialità è rappresentata dalle “navi” che pendono dal soffitto. Ma anche qui la forma è stilizzata e la concavità della nave è colmata e contraddetta da un ammasso di pigmento: pieno e vuoto si compenetrano per raggiungere una forma assoluta e però dialettica.

Mats Bergquist-Rest. Exhibition view at Galleria San Fedele, Milano 2018

Mats Bergquist-Rest. Exhibition view at Galleria San Fedele, Milano 2018

CONTROMINIMALISMO

Al piano superiore, la mostra vira decisamente verso il bianco. Dapprima con una doppia scultura con un elemento a parete e uno sul pavimento. L’istinto è quello di considerare questa seconda struttura un inginocchiatoio, a causa delle due concavità. Ma la forma pura vince e si rimane nel regno indeterminato di un suggestivo “controminimalismo”.
L’ultima installazione, che associa due opere, gioca con la narrativa nella disposizione dei pezzi e nei riferimenti in parte “autobiografici”. Si forma così un aleatorio paesaggio nevoso stilizzato, da attraversare prima che l’occhio si perda nelle stratificazioni di bianco che riempiono i singoli pannelli.
Tra riferimenti alla filosofia occidentale e orientale, spunti letterari e un senso dell’organizzazione spaziale che dà l’idea di una partitura musicale, le opere di Bergquist forniscono un’interpretazione allo stesso tempo spirituale e laica di simboli e concetti universali.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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