Young British Artists. Da Londra a Napoli

Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, Napoli ‒ fino al 20 gennaio 2019. Ventitré opere degli YBA in mostra a Napoli. Dopo la rassegna “Le luci di New York”, lo spazio di Intesa Sanpaolo conferma la propensione a spaziare cronologicamente da capolavori come “Il martirio di Sant'Orsola” di Caravaggio alle rivoluzionarie espressioni dell'arte contemporanea.

La mostra prende il titolo dall’opera London Shadow, in cui Gilbert & George, sulla falsariga delle bandiere americane di Jasper Johns, moltiplicano la Union Jack, mentre Problems di Damien Hirst, una bacheca farmaceutica in cui sono radunate numerose confezioni di medicinali, pone alla berlina il meccanismo di guarigione-dipendenza che si innesca nell’uomo. Il celeberrimo artefice dello squalo tigre da 12 milioni di dollari finanziatogli da Charles Saatchi e trasportato dalle acque australiane a Londra in un container su un aeroplano, è in mostra insieme a uno spot painting, 3-Methyluracil, e a Everes comyntas, un olio su tela che riproduce una farfalla bianca poggiata su petali rosso corallo. Presto l’artista tornerà a far parlare di sé, dato il recente investimento: un nuovo studio nel cuore di Soho, 2.570 metri quadrati distribuiti su cinque piani e un seminterrato.
Da sempre affascinato dai concetti di bellezza effimera, morte, vecchiaia, Hirst si avvicina alla poetica di Marc Quinn e Matt Collishaw. Sia Waiting for Godot, uno scheletro di bronzo, in ginocchio con le mani giunte, sia Tropical Ozone Vortex, un “bouquet impossibile” dipinto su tela con l’aerografo, con opulenti e vaporosi intrighi floreali, rientrano in un elogio della vanitas che culmina nella Sphinx, una riproduzione della diva Kate Moss, immortalata in oro 18 carati in una complicata e sensuale posizione yoga. Matt Collishaw, con la sua Ophelia, continua a cucire un fil rouge con il clamore del mito. La tematica del suicidio, letta nella delicatezza shakespeariana, viene resa con una scultura bianco latte che spinge la citazione a rivelare la sua natura fittizia. L’artista si improvvisava nel 1990 in un intrigante Narcissus, capitolato dalle lagune della storia dell’arte in una fangosa strada di Londra, disteso in posa plastica a specchiarsi in una torbida pozzanghera.

London Shadow. Sarah Lucas. Courtesy Gallerie d’Italia, photo Mario Laporta/KONTROLAB

London Shadow. Sarah Lucas. Courtesy Gallerie d’Italia, photo Mario Laporta/KONTROLAB

LE “BAD GIRLS”

Largo spazio è dedicato alle voci delle “bad girls” e alla loro verve femminista.
Tracey Emin, la ragazzaccia per eccellenza, è celebre per Everyone I Have Ever Slept With 1963-1995. La tenda che, come un corpo tatuato, portava ricamati i centodue nomi delle persone con le quali condivise il letto ‒ dal fratello gemello agli amanti ‒ venne distrutta nell’incendio del 2004 che coinvolse i magazzini di Charles Saatchi. In Be Faithful to Your Dreams unisce il getto di una scrittura corsiva e una calda tonalità alla freddezza e impersonalità del neon, lanciando una frase romantica e sentimentale, acidamente velata di tristezza.
Sarah Lucas, compagna di Tracey Emin nell’avventura di The Shop, in I Know What I Like in Your Wardrobe, mostra una sagoma cartoon in un atteggiamento sfacciato e mascolino, un modo di sedere irriverente, le suole delle scarpe sul bracciolo che schermano completamente il volto e bucano la superficie del gigante uovo in vetroresina, supporto dell’immagine e metafora di una donna che si oppone a costrizioni sociali o ruoli di genere precostituiti: maternità, femminilità, fragilità, remissione.
Sam Taylor-Wood inscena un litigio coniugale in Travesty of a Mockery (1995): la forza del meccanismo attrazione-repulsione si concretizza grazie all’uso di due schermi, uomo e donna come monadi occupano ognuno la propria isola per superare i confini che li dividono e invadere il territorio dell’altro, collidere, toccarsi. Uno schiaffo, una spinta e poi nuovamente la scissione. La propensione per il video porta Taylor-Wood alla regia cinematografica, è del 2009 Nowhere Boy, le pellicola sulla gioventù di John Lennon, mentre l’adattamento del bestseller Cinquanta sfumature di grigio, dopo il divorzio da Jay Jopling, vedrà la sua firma con il cognome del nuovo marito, l’attore Aaron Johnson.

London Shadow. Martin Creed. Courtesy Gallerie d’Italia, photo Mario Laporta/KONTROLAB

London Shadow. Martin Creed. Courtesy Gallerie d’Italia, photo Mario Laporta/KONTROLAB

ARTISTI E BRITPOP

Douglas Gordon, l’artista di 24 Hours Psycho, ci spinge ambiguamente a immedesimarci nelle star hollywoodiane. In linea con un tema a lui caro ‒ la dicotomia tra bene e male ‒ ritaglia le mezzelune degli occhi di uno scatto fotografico e le sostituisce con superfici specchianti. L’effetto è spiazzante, possiamo vestire i panni della diva di Colazione da Tiffany, l’icona di eleganza Audrey Hepburn, o, meglio, i nostri occhi sono presi in ostaggio dall’immagine. In un baleno subentra l’interrogativo di W. J. T. Mitchell: What do pictures want?
Darren Almond con Tuesday (1440 minutes) registra meticolosamente minuto per minuto il suo studio, creando una trama di impressioni luminose divisa in ventiquattro cornici. Una scansione temporale che diventa un mosaico indistinguibile di tessere, la sensazione di ripetizione viene amplificata dal formato rettangolare delle fotografie organizzate in griglie 6×10.
Il curatore Luca Beatrice ci cala brillantemente nell’atmosfera musicale del Britpop tra Oasis e Blur, del sound dei Verve e del rock degli Oasis grazie al dj set di Giorgio Valletta. Percorriamo con la mente le accattivanti passerelle di stilisti come Alexander McQueen, John Galliano e John Richmond. Rivoluzione del clubbing e dei costumi, nel 1988 esordisce Freeze con i diciassette artisti, i futuri Young British Artists, capitanati dalla forza dinamica del principe dell’auto-promozione. Perché a Napoli? Alcuni galleristi partenopei si sono dimostrati attenti alle novità degli YBA come i coniugi Massimo e Angela Lauro, inoltre il Museo Archeologico ha ospitato nel 2004 The Agony and the Ecstasy, la prima retrospettiva dedicata a Hirst.
Un allestimento provato dalla complessità di adattare il percorso espositivo a uno spazio a ferro di cavallo: Work No. 285. Things, il neon bianco di Martin Creed risulta un po’ sacrificato dietro un angolo, mentre The Crystal Gaze N.1 di Collishaw passa quasi inosservato, nonostante l’invito del curatore a osservarlo da molteplici angolazioni, per la sua natura camaleontica, cangiante a seconda del punto di vista: specchio neutro o glaciale germoglio di fili d’erba e fauna esotica, souvenir da turisti occidentali catturati in una Snow Globe.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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