Patroni, titolo della mostra di Edoardo Piermattei (Marche, 1992), denuncia la scelta dell’artista di lavorare sui propri riferimenti storici e culturali, che poi sono quelli comuni all’Italia e agli italiani: Giotto, Assisi, le basiliche, le pale d’altare delle chiese che impreziosiscono la storia del nostro Paese e stimolano la passione per la bellezza. Ambienti e architetture che Piermattei riproduce sia su tavola, sia ricreando modelli architettonici, rivisitati con un abile utilizzo della tavolozza e della tecnica che contraddistingue la sua pittura, fra equilibrio e delicatezza. Solo l’imponente riproduzione del ciborio medievale, al centro della galleria – caratterizzato da una forma architettonica essenziale, spoglio all’esterno e completamente decorato all’interno, sotto cui lo spettatore è invitato a passare – non sembra riuscire completamente a creare questo senso di devozione al passato a cui mirava il bozzetto originale (anch’esso esposto), faticando a restituire l’idea di maestosità trasportata in un futuro prossimo. Debolezza che non si ripete nella serie di architetture, abilmente presentate in uno sbocciare di stimoli, né nella grande Pala d’Altare che, al contrario, centra in pieno la volontà di un evocativo omaggio di grande impatto. Le ideali pennellate in cemento colorato che traggono spunto dall’affresco del Baciccio, Trionfo nel nome di Gesù, nella Chiesa del Gesù di Roma, riescono qui a brillare di quella carica pulsante che la storia dell’arte del nostro Paese trasmette a chi sa coglierla.
‒ Astrid Serughetti