Pino Pascali, ironico primitivista. A Milano

Fondazione Carriero, Milano – fino al 24 giugno 2017. Le opere del grande artista pugliese a confronto con manufatti di arte tribale. Un’occasione per scoprire il suo lato "antimoderno" e per ammirare lavori ancora oggi sorprendenti, dalle tele sagomate alle liane.

Aperta due anni fa, la Fondazione Carriero va certamente annoverata tra le istituzioni milanesi più interessanti. Merito degli spazi suggestivi, ma soprattutto del taglio originale delle mostre, curate da Francesco Stocchi, che rileggono nomi storici del Novecento (con qualche incursione tra i giovani) secondo prospettive inusuali, affiancando capolavori e rarità.
Dopo artisti come Fontana, Leoncillo, Griffa, Oehlen e i suoi allievi, Colombo, è ora il turno di Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968). La tesi curatoriale è tutta contenuta nel titolo, Pascali sciamano: l’esposizione indaga “il suo interesse verso il primitivo, in contrapposizione ai miti della società moderna, la sua attenzione per il totemismo, la concezione animistica della natura”. Insomma la componente dell’opera di Pascali più ironica, libera, viscerale, addirittura “ancestrale”.

Pascali sciamano. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2017. Photo Agostino Osio

Pascali sciamano. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2017. Photo Agostino Osio

ACCUMULAZIONE

Non va certo trascurata l’acutezza intellettuale dell’opera di Pascali, non separabile dalla sua ironia; ma il “ritorno alla natura” indagato dall’esposizione va inteso anche come una dichiarazione “antimoderna”, uno spunto ragionato di critica sociale. In quest’ottica, il “gioco” proposto dalla mostra è stimolante: alcune delle creazioni più divertenti e divertite di Pascali vengono accostate a esemplari di arte tribale di diversa provenienza.
Senza creare corrispondenze dirette e iconografiche: sculture funerarie, maschere, monete, scudi e vasi rituali (tutti africani, del Ventesimo secolo o di fine Ottocento) sono esposte separatamente, in sale che procedono per accumulazione, come in un cabinet de curiosités. Nelle altre sale, anche le opere di Pascali sono esposte secondo la logica dell’accumulazione, si accavallano, si rispondono l’un l’altra.

Pascali sciamano. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2017. Photo Agostino Osio

Pascali sciamano. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2017. Photo Agostino Osio

ZOO E FORESTE

Al piano terra, le tuttora sorprendenti tele sagomate di Pascali danno vita a una sala suggestiva, dall’apparente candore. Sono quadri-scultura (o sculture-quadro) intelligenti, beffarde, poetiche, che evocano scogli, serpenti, pellicani, cigni, bucrani. La tela diventa definitivamente autonoma, si contorce e si espande a suo piacimento, si prende tutte le libertà possibili e assume forme amichevoli, amniotiche perché riconoscibili, piene di semplicità infantile (o animalesca, seguendo il tema della mostra).
Al primo piano, l’accumulazione trasforma lo spazio espositivo in un ambiente simile a una foresta. I materiali e le forme inusuali dell’artista danno vita a liane, oggetti totemici, funghi/altari e bachi che proliferano manifestando una tendenza al gigantismo.
L’ultimo piano, infine, sceglie una via più minimale, proponendo una sola opera, un classico: Cinque bachi da seta e un bozzolo, ulteriore esempio della capacità dell’artista di creare un’arte che gioca senza regole prestabilite con forme, simboli e segni, non perdendo un briciolo della sua valenza intellettuale.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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