La ricerca di Alberto Scodro (Marostica, 1984) accosta due fronti. Chiama in causa la materia e l’assenza di materia per indagare le connessioni fisiche e magiche – non prevedibili – che si innescano tra consistenze oggettive e stati di tensione intangibili. Negli spazi bolognesi sculture di piccole e medie dimensioni, ibride, enigmatiche, autenticamente scalfibili, interconnesse fra loro, ma disseminate nello spazio, mettono a nudo l’incognita di Eocene: la variazione di temperatura e la resa di energia. Per la creazione di questo paesaggio originario e apocalittico l’artista accompagna la spericolata mutazione di materiali naturali e artificiali (sabbie, vetro, pigmenti, ossidi, roccia vulcanica, metalli, gessi e resine), manipolandoli nei passaggi tra stati di aggregazione, come fusione e solidificazione. La materia risorge nei manufatti celesti, offerti al tempo e ai fenomeni insospettabili di una nuova era.
– Federica Bianconi