Le arti e il CERN di Ginevra. Intervista a Monica Bello

Parola a Monica Bello, direttrice di arts@CERN, il programma creato nell’ambito del famoso centro di ricerca svizzero sulla fisica delle particelle. Un’iniziativa che unisce scienza e creatività, allo scopo di implementare la ricerca e l’innovazione.

Da poco meno di un anno Fabiola Gianotti è diventata direttrice del CERN di Ginevra. Ma un’altra donna, qualche mese prima, è stata eletta a capo di un dipartimento non meno importante dell’enorme centro di ricerca svizzero: Monica Bello, direttrice del programma arts@CERN.
Il suo obiettivo e portare artisti da tutto il mondo, di tutte le discipline, in un ambito dominato dalla fundamental research, ricerca pura, branca della ricerca scientifica volta a implementare teorie scientifiche per sviluppare la comprensione o l’anticipazione di fenomeni naturali e non.

Quando è stato creato il programma arts@CERN?
Il programma è stato inaugurato nel 2011 sulla base delle ricerche di Ariane Koek, la fondatrice. L’obiettivo è sempre stato quello di supportare l’arte e le discipline a essa connesse offrendo un ambiente di fundamental research. Di ricerca pura, non applicata. Fin dall’inizio abbiamo sviluppato quattro programmi all’anno che sono strutturati come call per artisti, per le loro idee e per progetti che possono essere sviluppati al CERN.

Quante discipline sono state coinvolte fino a oggi?
Ogni volta che lanciamo un concorso, decidiamo quali discipline coinvolgere e supportare: dalla letteratura all’architettura, dalle arti visive alla danza, senza dimenticare la musica e il cinema. Il linguaggio artistico e i contagi fra le arti sono praticamente infiniti e noi ci stiamo adeguando, espandendo le categorie.
Il focus del programma, inoltre, è la multidisciplinarietà, quindi preferiamo non soffermarci nel supportare specifici campi, piuttosto ci dedichiamo a nuove sfide, alla creazione di linguaggi innovativi

arts@CERN - Quantum Dance di Gilles Jobin e Juilius von Bismarck - photo Gregory Batardon

arts@CERN – Quantum Dance di Gilles Jobin e Juilius von Bismarck – photo Gregory Batardon

In veste di direttrice di arts@CERN, come ritieni sia possibile, oggi, creare una piattaforma all’interno della quale i sogni di artisti e scienziati si incontrano grazie alla tecnologia per promuovere un cambiamento sociale?
Siamo perfettamente consci del fatto che attività che comportano ispirazione, apertura, possibilità portino con sé elementi necessari alla sperimentazione, al confronto, alla crescita del sapere. Incontri tra arte e scienza favoriscono, ma allo stesso tempo dipendono, da collaborazioni tra approcci che richiedono una visione libera da condizionamenti e convenzioni.
Noi abbiamo il compito di creare una metodologia necessaria affinché queste componenti dialoghino interagendo, anche se sappiamo che i risultati di questa ricerca dipendono strettamente dalla volontà così come dalle circostanze offerte dal contesto scientifico. Siamo legati all’idea che l’esperienza possa impattare tanto sulle arti quanto sulle scienze, per poi promuovere reali cambiamenti sociali

Potresti elencare tre prerequisiti che mettono in dialogo arti e scienze al CERN? E tre caratteristiche essenziali di cui devono disporre gli artisti per accedere al programma?
Il primo prerequisito riguarda la capacità di artisti che vogliano realmente impegnarsi in una sfida che faccia emergere la creatività in un laboratorio scientifico. Inoltre devono comprendere che lavorare in un ambiente così iconico come il CERN comporta regole precise, necessarie per preservare tanto l’avanguardia tecnologica quanto un ambiente nel quale saranno completamente immersi e dal quale dovranno essere permeati, anche attraverso conversazioni basate sulla natura della materia, sui livelli sub-atomici, sui quanti, i fenomeni della luce ecc. Dall’altro lato, per noi è molto importante selezionare artisti che siano spinti e caratterizzati dalla ricerca dell’eccellenza nel loro lavoro.
Dal punto di vista della selezione degli scienziati, selezioniamo solamente chi abbia interessi reali per l’arte, chi si appassiona ai progetti. Deve esserci un riscontro quasi immediato di sintonia tra pratica e pensiero di entrambi. In una doppia direzione.

arts@CERN - Horizons Irrésolus - photo Julian Calo

arts@CERN – Horizons Irrésolus – photo Julian Calo

Se la fisica e le arti condividono una sorta di aspirazione estetica, come definire queste ultime attraverso la scienza? La bellezza è davvero una simmetria imperfetta?
La bellezza delle idee è davvero trascinante per noi, ma anche i pensieri sfidanti lo sono. Slanci che hanno un impatto sociologico, politico e complessivamente umano. L’arte in questo caso non deve rappresentare i concetti o illustrare alcuni passaggi della ricerca scientifica, ma deve cogliere la scienza, la fisica secondo un punto di vista non convenzionale. In base a un processo di illuminazione, di investigazione reciproca che fa giungere scienziati e artisti, attraverso linguaggi diversi, a esplorazioni teoretiche comuni, ma di livello superiore.

Il programma arts@CERN è uno dei più avanzati al mondo nel porre sullo stesso piano tecnologie e arti, ma quanto risultano importanti il tempo e lo spazio per riflettere, per contemplare?
L’approccio scientifico è pura ricerca ed è necessario avere tempo per metabolizzare domande, temi e concetti attraverso un viaggio di riflessione, di scoperta. La contemplazione deve passare attraverso processi del pensiero non lineari e questo è un elemento sempre molto evidente quando ospitiamo un artista in residenza. Per gli scienziati e per gli artisti che vogliono aprire nuove porte, nuovi passaggi attraverso entrambe le discipline.

arts@CERN - Ryoji Ikeda, Supersymmetry - photo Julian Calo

arts@CERN – Ryoji Ikeda, Supersymmetry – photo Julian Calo

Come si confrontano gli artisti con la tematica del vuoto? Potresti proporre alcuni esempi?
Il vuoto crea sempre una metodologia, un sistema di pensiero, un percorso sistematico, l’ho notato spesso, soprattutto in occasione del Collide Award, durante il quale gli artisti hanno passato tre mesi in residenza al CERN. Procedere in questo modo serve a comprendere passato e futuro delle proprie scelte, accompagnando lo sperimentalismo all’interno del campo della ricerca, testando alcune basi teoriche e forzando la propria conoscenza.
Alla fine gli artisti producono documenti visuali di ogni genere, grazie a lunghi dialoghi con gli scienziati e grazie all’assemblaggio, del tutto innovativo, di materiali tratti dagli archivi.

Ginevra Bria

http://arts.cern/

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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