La gemella della Gioconda al Louvre è la Gioconda Torlonia a Montecitorio. È forse di Leonardo?

È tornata in auge la Gioconda Torlonia conservata a Montecitorio. Era una copia? Non lo era? Ci ha messo mano Leonardo? Era di Bernardino Luini? È un capolavoro o semplicemente un piccolo mistero?

Il taglio della figura, la posizione delle mani, il paesaggio ritratto sullo sfondo: è incredibile la somiglianza tra la arcinota Gioconda del Louvre di Parigi e l’opera collocata nei depositi di Montecitorio, ora esposta nella Sala Aldo Moro al secondo piano dell’ala berniniana del palazzo capitolino. A differire dalla versione parigina, un senso di rigidità della figura, oltre a una freddezza dell’uso dei colori, soprattutto dell’incarnato. Si tratta di un olio su tavola, poi trasportato su tela, rinominato non a caso Ritratto femminile, detta La Gioconda secondo l’inventario che classifica il patrimonio artistico della Camera dei Deputati. Sebbene di quest’opera si sappia già tanto (nessun ritrovamento dell’ultim’ora, benché ogni tanto i giornali tornino a parlarne come in questi giorni), altre informazioni chiave restano avvolte nel mistero: l’opera, che misura 70 x 50,5 cm, è infatti pervenuta nel 1892 alla Galleria Nazionale d’Arte Antica – acquisita dallo Stato – dalla Collezione Torlonia, documentata negli inventari a partire dal 1814 e attribuita inizialmente a Bernardino Luini. A menzionarla è anche un commento all’edizione del 1851 delle Vite del Vasari, in cui si parla di varie altre copie della Gioconda: “in Firenze in casa Mozzi; nel Museo di Madrid; nella Villa Sommariva sul lago di Como; presso il Torlonia a Roma; a Londra presso Abramo Hume, e presso Woodburn; e nell’Ermitage di Pietroburgo […] e finalmente un’altra copia nella Pinacoteca di Monaco“.

Ritratto femminile, detta La Gioconda, esposta ora alla Sala Aldo Moro di Montecitorio

Ritratto femminile, detta La Gioconda, esposta ora alla Sala Aldo Moro di Montecitorio

COSA SAPPIAMO DELLA GIOCONDA DI MONTECITORIO

La problematicità della Gioconda appartenente al patrimonio della Camera dei Deputati resta ascrivibile alle vicende che precedono il XIX secolo. L’unico dato a disposizione è contenuto in un foglietto incollato al telaio dell’opera, scritto in francese, che menziona il suo trasporto da tavola a tela e lascia presupporre che l’operazione sia avvenuta in Francia, si pensa nella seconda metà del XVIII secolo. Ma resta aperta la domanda più scottante: se di copia si tratta, chi ne fu l’autore? L’attribuzione potrebbe essere genericamente ricondotta a una bottega leonardesca, ma l’ipotesi non convince, perlomeno non del tutto, e lascia spazio a dubbi e controversie: a seguito di uno scrupoloso intervento di pulitura e restauro e di una radiografia ai raggi infrarossi eseguita nel 2019, infatti, sono emersi da sotto la superficie alcuni pentimenti non affini all’idea di copia. Come ricorda l’articolo pubblicato su Repubblica, nel catalogo della mostra romana Leonardo a Roma, influenza ed eredità, i restauratori Antonio e Maria Forcellino scrivono che “per la ‘Gioconda Torlonia’ gli allievi del maestro impiegarono colori della sua tavolozza; che il dipinto presenta pentimenti incongrui con una copia; che le velature negli incarnati e nel paesaggio sono di una trasparenza che echeggia in maniera puntuale la tecnica esecutiva di Leonardo operata nel dipinto del Louvre“. Tanto da azzardare, “la tecnica pittorica è così raffinata da lasciare presupporre che lo stesso Leonardo abbia messo mano alla definizione chiaroscurale del volto dato che non si conoscono altri pittori ai quali possa essere riferito un tratto così leggero nella resa dello sfumato“.

LA DIFFICILE ATTRIBUZIONE DELLA GIOCONDA DI MONTECITORIO

Si tratta di una copia del quadro del Louvre realizzata dalla bottega di Leonardo, forse addirittura con la sua stessa collaborazione“, ha dichiarato il questore della Camera Francesco D’Uva, secondo quanto riportato nello stesso articolo di Repubblica. Certo, il tema della copia non è una novità quando si parla di Gioconda: la fortuna del capolavoro leonardesco fu immediata e l’opera ripresa da tanti. Basti pensare, ad esempio, alla Monna Lisa di Madrid, nata nel circolo di Leonardo e conservata al Prado, oggetto di una piccola ma densissima mostra da poco conclusa al museo spagnolo, dal titolo Leonardo e la copia della Monna Lisa. Nuovi approcci sui metodi dell’atelier vinciano. Se l’analisi dell’opera ha permesso di esplorare la natura dell’entourage che circondava il Maestro, nel caso di Roma si discute su un probabile intervento – più o meno ampio – dello stesso Leonardo, che nella “Gioconda di Torlonia” potrebbe averci messo direttamente mano. Ma non tutti gli esperti concordano. Tra questi Rossella Vodret, ex soprintendente di Roma, che aveva schedato il dipinto definendolo “di qualità non molto alta“; così Pietro Marani, professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna al Politecnico di Milano che, raggiunto da Artribune, spiega: “devo escludere che questa tela possa rivelare la mano di Leonardo. Non conosco gli esiti del restauro recente di Cinzia Pasquali, successivo al 2020, quando ho potuto vedere il dipinto in originale, quindi prima del restauro, ma l’impressione che mi ha fatto il dipinto nel 2019 è che si tratti di una versione seicentesca, come ad evidenza dimostra il paesaggio e la fattura, forse in relazione con la copia fatta eseguire da Cassiano del Pozzo di cui esiste traccia documentaria”.

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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