La mostra al Museo Civico “Amedeo Lia” di La Spezia è allestita all’interno del percorso espositivo della collezione permanente, per rendere ancora più chiaro in quale ambiente culturale Dante Alighieri e Giotto di Bondone si formarono e di quali cambiamenti successivi questi furono i promotori con le loro opere.

DANTE E GIOTTO A LA SPEZIA
La rassegna prende quindi il via con alcune raffigurazioni di epoca tardo-medievale, presentate quali testimonianza della cultura figurativa dell’epoca in aggiornamento rispetto al precedente linguaggio iconografico di retaggio stilistico bizantino, caratterizzato da figure statiche e ieratiche che connotavano la divinità come un’entità metafisica astratta, irraggiungibile e insondabile da parte dell’uomo. Infatti, tra XIII e XIV secolo, la Trinità cominciò a essere celebrata anche nella forma di Dio-fatto-uomo, diventando dunque intelligibile ed esperibile da tutta la comunità cristiana. A questo approccio al messaggio evangelico conseguì pertanto un inevitabile mutamento mediatico delle immagini sacre.

GIOTTO E IL CHIAROSCURO
Nella seconda sala è mostrata la novità stilistica del chiaroscuro introdotta da Giotto, presentando la Madonna con il Bambino (ultimo decennio del XIII secolo) ‒ attribuita a Cimabue, ma con interventi del suo talentuoso allievo ‒ e il Santo Stefano (1325-30 circa), con cui l’artista tradusse magistralmente questo aspetto della divinità partecipe della vita umana. Se già nella prima pala si vede il giovane Giotto sperimentare la resa naturalistica sulla figura del Cristo, nel Santo Stefano si osserva l’artista maturo che realizza una robusta raffigurazione del soggetto, caratterizzato da una salda plasticità e monumentalità della dalmatica, delle mani e del volto, realizzate grazie al sapiente uso della tecnica del chiaroscuro. Quale conferma del primato raggiunto, accanto alle opere alcune citazioni tratte dalla letteratura artistica e da Dante stesso invitano il pubblico a considerare la naturalezza e la verosimiglianza rese da Giotto nella raffigurazione dei soggetti sacri.
LE PAROLE DI DANTE ALIGHIERI
Particolarmente vistoso e scenografico è il passo del canto dantesco riportato lungo il soffitto della sala, che funge non solamente da collante per l’intero percorso espositivo, ma sottolinea anche l’effettiva affinità tra il messaggio letterario e quello figurativo dei due autori. L’ultima sala è dedicata alle edizioni della Commedia dantesca illustrate e ai volumi miniati di uso liturgico, i cui motivi decorativi sono desunti dalle novità giottesche.
‒ Elia Baroni
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