MArTA, il museo di Taranto che porta l’archeologia nel presente
Eva Degl’Innocenti, direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, descrive gli intenti di un museo che guarda al passato per rinsaldare il legame con il territorio e regalare nuova attualità all’archeologia.
Il confronto tra Taras-Taranto e Vatl-Vetulonia, grandi centri culturali del Mediterraneo in epoca arcaica e città-simbolo delle civiltà magno greca ed etrusca, costituisce il fulcro tematico della mostra Taras e Vatl. Protagonisti del Mediterraneo a confronto. Archeologia di Vetulonia a Taranto, in corso fino al 9 gennaio 2022 al MArTA, il Museo Archeologico Nazionale di Taranto. Di questo e di altri argomenti, tra i quali l’importanza dell’archeologia nella postmodernità e la necessità del rapporto fra territorio e museo, inteso come “agorà del XXI” secolo, abbiamo parlato con Eva Degl’Innocenti, archeologa e direttrice del MArTA.
INTERVISTA A EVA DEGL’INNOCENTI
La ricostruzione, per la prima volta in scala 1:1, del monumentale complesso funerario etrusco di Poggio Pelliccia di Vetulonia, risalente al VII secolo, costituisce la novità più importante della mostra Taras e Vatl. Come nasce questo progetto?
In realtà, la nostra mostra Taras e Vatl rientra in un progetto scientifico e culturale più ampio, a curatela congiunta, tra la sottoscritta come direttrice del MArTA e la direttrice del museo “Isidoro Falchi” di Vetulonia, Simona Rafanelli. Insieme abbiamo creato questo progetto in tre atti, di cui fanno parte: Taras e Vatl al MArTA, la mostra Taras e Vatl, dei del mare, fondatori di città. Archeologia di Taranto a Vetulonia, che attualmente è allestita al museo di Vetulonia, e un convegno internazionale che si svolgerà dal 17 al 19 novembre a Taranto.
Di cosa parla la mostra di Vetulonia?
La mostra di Vetulonia è dedicata al rapporto tra i due importanti centri, Taras e Vatl, quindi da una parte Taranto, unica colonia spartana, e dall’altra Vatl, Vetulonia, la famosa città della dodecapoli etrusca, viste nell’ottica del loro rapporto con il mare.
E per quanto riguarda la mostra al MArTA?
Protagonista della mostra è l’archeologia di Vetulonia a Taranto. Questo progetto nasce dall’esigenza di un ulteriore approfondimento scientifico, dovuto all’attualità degli studi che si sono susseguiti negli anni, finalizzato ad analizzare il dialogo intrecciato tra queste importanti e antiche civiltà, quindi fra gli etruschi e la civiltà dell’area della Magna Grecia, tra cui chiaramente Taranto, analizzandole anche nel loro rapporto con tutto il mondo classico e con le popolazioni “indigene”.
Come avete realizzato l’allestimento?
Abbiamo deciso di creare un allestimento particolarmente coinvolgente, basandoci su un rilievo rigoroso da un punto di vista filologico e archeologico, quindi il rilievo di Poggio Pelliccia, oggi complesso funerario non completamente integro. Basandoci sui rilievi scientifici, quindi archeologici, abbiamo ricostruito in scala 1:1 ‒ come non era mai stato fatto prima ‒ questo complesso funerario monumentale etrusco di grande importanza all’interno della nostra sala mostre. Abbiamo avuto fortuna, perché la lunghezza del dromos corrispondeva esattamente alla lunghezza della sala. Abbiamo fatto entrare il visitatore in questa tomba a tholos per fargli rivivere, come per un archeologo, il processo legato al rituale funerario.
ARCHEOLOGIA IERI E OGGI
Che rapporto c’è tra l’artigianato artistico antico e l’arte contemporanea?
Per noi è molto importante perché, all’interno del piano strategico del MArTA ‒ incluso tra i venti musei ad autonomia speciale ‒, la nostra politica culturale si basa non su una visione passatista dell’archeologia, ma su un dialogo sempre presente con la contemporaneità. Il rapporto con la società contemporanea esiste ed è importante: lo vediamo nelle tecniche, nel design. Ad esempio, l’oreficeria e i famosi ori di Taranto sono di grande attualità.
Quale valore assume, nella postmodernità, l’archeologia?
L’archeologia ha un valore importantissimo perché, intanto, ci aiuta a conoscere gli uomini e le donne che ci hanno preceduto, determinando quindi un legame identitario con il nostro passato. Come diceva il mio grande maestro Riccardo Francovich, purtroppo deceduto qualche anno fa: “L’archeologia ci serve a comprendere, a conoscere il nostro passato per conoscere il nostro presente e per costruire il nostro futuro”.
Il MArTA include una miriade di attività, tra incontri e collaborazioni, come i laboratori del MartaLab e il FabLab. Come riesce a gestire tutto questo?
È merito di un lavoro di squadra, di tutto lo staff del MArTA che investe tante energie, passione ed entusiasmo, oltreché, ovviamente, competenze. Lo strumento basilare per realizzare questo progetto comune è proprio il lavoro di squadra e di co-progettazione di qualità con il territorio, che ha risposto da subito in modo molto positivo.
Il museo è un centro di educazione, studio e ricerca e l’elemento scientifico è fondamentale per noi: è la base dell’educazione, e la funzione educativa del museo è la più importante, è il suo valore fondante. Abbiamo protocolli d’intesa e convenzioni con istituti scolastici, atenei, centri di ricerca sia italiani che stranieri, con l’associazionismo del territorio e con gli stakeholder economici, infatti siamo anche forza lavoro. Il lavoro lo abbiamo creato. La cultura è un motore di sviluppo anche economico, quindi “con la cultura si mangia”.
Mi piace sempre definire il museo “un’agorà del XXI secolo”, a maggior ragione il MArTA.
‒ Cecilia Pavone
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