La storia del Salvator Mundi napoletano (di Leonardo?) e il documentario della BBC che la racconta

L’opera sarà presentata nell’ambito della mostra “Leonardo a Roma” che aprirà alla Farnesina ad ottobre grazie all’Accademia dei Lincei. Bisognerà aspettare invece il 2020 per vedere il documentario della BBC e per poter leggere una pubblicazione che ne racconta la storia

Il Salvator Mundi attribuito, non all’unanimità, a Leonardo da Vinci, nel novembre del 2017 è stato venduto da Christie’s al costo di 450,3 milioni di dollari inclusi diritti d’asta, passando così alla storia come l’opera d’arte più costosa acquistata da un privato. L’acquirente è stato il Dipartimento di Cultura e Turismo di Abu Dhabi al cui museo del Louvre era destinata e dove ancora oggi è attesa.

LA STORIA DELL’OPERA

Quest’olio su tavola di 46 × 66 cm era stato reso noto nel 2011 in una mostra alla National Gallery di Londra dopo un restauro, eseguito da Dianne Modestini dell’Istituto di Conservazione della New York University, che aveva eliminato delle pesanti ridipinture. L’incredibile qualità della materia pittorica originale sottostante i ritocchi coprenti eseguiti in restauri antichi, è emersa durante e dopo la pulitura. I risultati delle indagini diagnostiche hanno poi confermato che la tecnica esecutiva corrispondeva pienamente a quella utilizzata da Leonardo, ma la critica ancora non è unanime nell’attribuirlo al grande maestro nonostante l’eccezionale vendita all’asta. Forse non si raggiungerà un verdetto assoluto ma senz’altro è la versione di qualità migliore che si conosca rispetto ad una serie esistenti in circolazione.

IL GEMELLO NAPOLETANO

Tra queste ve ne è una che è considerata dalla critica la più prossima all’ “originale”. È di proprietà del Fondo Edifici di Culto, del Ministero dell’Interno e si trova a Napoli nella chiesa di San Domenico Maggiore. Dato l’interesse scaturito intorno a questo soggetto e dato il corrente anno “leonardiano” (quest’anno ricorrono i 500 anni dalla morte di questo artista) lo scorso marzo è partito un progetto internazionale che vede coinvolti il FEC, Dianne Modestini dell’Istituto di Conservazione dell’NYU che sta studiando alcuni esempi di Salvator Mundi vicini alla maniera di Leonardo, la BBC che sta girando un documentario sul modo di operare di Leonardo, la Sovrintendenza di Napoli e la sottoscritta. Grazie al contributo economico del trust della NYU a maggio scorso è stata eseguita una campagna di indagini diagnostiche sul Salvator Mundi partenopeo che ha portato alla luce importanti risultati sui materiali costitutivi e sulla tecnica di esecuzione, nonché sugli elementi di restauro e dunque sul suo stato di conservazione. La piccola tavoletta di legno è senz’altro coeva al periodo di Leonardo per i materiali costitutivi. Le immagini all’infrarosso hanno permesso di registrare la tecnica di esecuzione partendo dal disegno preparatorio. Per l’esecuzione di quest’ultimo è stata usata la tecnica dello spolvero da cartone; la presenza di puntini di carboncino lungo i contorni di ogni singolo elemento che compone l’immagine, infatti, non lasciano adito a fraintendimenti.

L’ATTRIBUZIONE ALLA CERCHIA DI LEONARDO

Che Leonardo possa aver utilizzato un cartone per una sua creazione non è plausibile e non risulta finora da nessun altro studio. È più probabile dunque che l’opera sia stata eseguita da uno degli artisti della sua cerchia come Francesco Melzi, Boltraffio o Marco d’Oggiono, su di un disegno realizzato dal maestro, per essere così utilizzato più volte e dar vita a più copie da vendere. Si spiegherebbero così le diverse versioni più o meno felici e la grande diffusione del soggetto avuta nel tempo. Gli ultimi studi su Leonardo, d’altronde, mirano proprio a sfatare il mito di un artista solitario. Il maestro toscano aveva una fiorentissima bottega per la quale realizzava i cartoni usati più volte dai suoi allievi. A volte, poteva dilettarsi a dipingere alcuni parti di opere che poi faceva finire da altri. In questi giorni, il Salvator Mundi di Napoli è sottoposto ad un restauro resosi necessario per l’alterazione dei ritocchi eseguiti trent’anni fa circa, in vista della sua presentazione alla prossima mostra “Leonardo a Roma” che aprirà alla Farnesina ad ottobre grazie all’Accademia dei Lincei. Bisognerà aspettare invece il 2020 per vedere il documentario della BBC e per poter leggere in uno speciale volume i risultati delle indagini e delle ricerche comparate con le altre versioni in corso di studio.

 –Giulia Silvia Ghia 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Silvia Ghia

Giulia Silvia Ghia

Assessore alla Cultura, Scuola, Sport, Politiche Giovanili del I Municipio di Roma dal novembre 2021. Si occupa da tempo di progetti di conservazione e valorizzazione dei beni culturali, realizzati con la non profit Verderame progetto cultura, attraverso il reperimento di…

Scopri di più