Beni Culturali in Sicilia, stop all’impasse. Arrivano il Museo di Piazza Armerina e gli ecomusei

Oltre 500mila euro destinati al museo che celebrerà storia, reperti archeologici, identità culturale, urbanistica e architettonica di Piazza Armerina. Finalmente, dopo decenni, Palazzo Trigona vede compiersi la sua mission. Mentre si sblocca anche il processo per la creazione degli Ecomusei siciliani.

Era il 1959, quando la Regione Siciliana acquistava il settecentesco Palazzo Trigona della Floresta, gioiello di quella Piazza Armerina – piccolo comune in provincia di Enna – nota per i mosaici di Villa Romana del Casale, tra i maggiori siti archeologici siciliani. Solo vent’anni dopo, nel 1978, venivano finanziati gli indispensabili lavori di consolidamento del bene, a cui nell’arco di quarant’anni seguirono vari interventi di restauro: tempi biblici e progetti a singhiozzi, con la consueta, farraginosa, problematica gestione delle opere e delle risorse pubbliche.
È un’architettura imponente, quella di Palazzo Trigona, presenza prestigiosa nel mezzo dell’ampia piazza, con la sua facciata in pietra arenaria scandita dal ritmo misurato, luminoso, regolare delle quattro file di aperture, tra le piccole finestre, sulla base e in cima, e quelle ampie con balconi, nella zona centrale. Oggi l’edificio, nel ‘500 di proprietà del barone Marco Trigona, generoso filantropo che contribuì alla costruzione della vicinissima Cattedrale, ospita gli uffici del Polo Regionale di Piazza Armerina. E insieme al Palazzo Vescovile e all’ex Convento della Trinità, rispettivamente sedi del Museo Diocesano e della Pinacoteca Comunale, costituisce parte essenziale del progetto di recupero urbanistico, che del centro storico di Piazza Armerina è cuore pulsante, fra storia, architettura, arte antica, luoghi sacri e memorie aristocratiche.

Piazza Armerina

Piazza Armerina

IL NUOVO MUSEO DI PIAZZA ARMERINA: LA VICENDA

Nel 2012 chiudeva l’ultimo cantiere. E non erano certo destinate a un paio di uffici le grandi sale ancora vuote, radiose, affacciate sul Duomo. Avrebbe dovuto sorgervi il Museo della Città, dedicato al patrimonio artistico locale, alla storia dei luoghi, ai reperti archeologici provenienti dal territorio. Ma il lavoro necessario di musealizzazione, valorizzazione e allestimento non era mai decollato. Finalmente, a 7 anni dalla fine dei lavori, il limbo s’interrompe. La Regione Sicilia stanzia per la causa 530 milioni di euro, grazie a un decreto firmato dal Dirigente Generale dei Beni Culturale, Sergio Alessandro, d’intesa col Presidente, Nello Musumeci, oggi Assessore ad interim, dopo la tragica scomparsa del Professore Sebastiano Tusa. La cifra arriva da quei fondi europei che il governo regionale sta cercando di sfruttare con rinnovato slancio, invertendo una triste tendenza: nel primo anno e mezzo della stagione Musumeci Bankitalia ha certificato un incremento del 16% rispetto al 2017.

Mosaici di Villa Romana del Casale, Piazza Armerina

Mosaici di Villa Romana del Casale, Piazza Armerina

COME SARÀ IL MUSEO: GLI ALLESTIMENTI

Entro il 2020, si annuncia, gli spazi dovranno essere completi e fruibili. Tra vetrine e supporti per accogliere ritrovamenti locali del periodo preistorico, arcaico, classico ed ellenistico, è prevista una dotazione di monitor e tavoli touch screen per la navigazione interattiva e multimediale. Finanziata anche una App, che consentirà ai visitatori di accedere a contenuti informativi, testi e immagini, tramite geolocalizzazione, percorsi guidati, esperienze di realtà aumentata. Quanto ai servizi e alle aeree comuni, saranno allestiti un ingresso con reception, una biglietteria, una sala d’attesa e deposito bagagli, una sala conferenze e uno spazio all’aperto per eventi culturali. Da potenziare e rilanciare la biblioteca e il laboratorio di restauro, già presenti all’interno del Palazzo. La speranza è che un serio lavoro di promozione, ricerca del pubblico, comunicazione turistica, gestione finanziaria e organizzativa, valorizzazione attraverso mostre e appuntamenti culturali, possa fare di questo spazio un punto di forza reale.

Ecomuseo del grano e del pane di Salemi

Ecomuseo del grano e del pane di Salemi

FINALMENTE IN SICILIA GLI ECOMUSEI

Altro sblocco improvviso, a proposito di cultura in Sicilia, è quello che riguarda l’impasse in cui si trovano gli Ecomusei – realtà territoriali ad alta concentrazione di patrimoni antropologici, naturalistici, storico-artistici, da tutelare e da valorizzare – istituiti in Sicilia, per legge, nel 2014. Una misura inattuata per via di un’assurda leggerezza, incuria o disattenzione che dir si voglia. A mancare era il Comitato tecnico-scientifico, organo deputato ad “avviare il processo di costituzione di questi soggetti destinati a preservare e a promuovere l’identità culturale delle nostre comunità”, ha spiegato il Presidente della Regione Nello Musumeci. Ed era proprio una conditio sine qua non l’istituzione di questo organo collegiale. Peccato che nessuno lo avesse mai costituito.
Si è rimediato adesso, con un decreto di nomina dei quattro esperti esterni e dei due interni, previsti dalla legge. Si tratta dello storico Domenico Jalla, degli etno-antropologi Vito Lattanzi e Rosario Perricone, dell’architetto paesaggista Francesco Baratti. Per quanto riguarda i due componenti interni, la scelta è caduta su due archeologhe: Alessandra Merra, membro dell’ufficio di Gabinetto dell’Assessorato dei Beni culturali, e Lucia Ferruzza, del Dipartimento regionale dei Beni culturali. Saranno loro a dover esaminare le istanze, giunte fin dal 2017 da soggetti pubblici e privati, relativamente alla formazione di Ecomusei regionali: città capoluogo come Agrigento, Catania, Palermo, Siracusa, con relative province, avevano inviato dei progetti. E saranno loro ad avviare delle verifiche sui piccoli ecomusei già esistenti, a cui mancano il vaglio della Regione e l’ufficialità, sulla base di opportuni criteri di scientificità.

LE FINALITÀ DEGLI ECOMUSEI

Mission e caratteristiche degli Ecomusei (già diffusi su tutto il territorio nazionale)? Recuperare e valorizzare le peculiarità storico culturali, artigianali e paesaggistiche di uno specifico ambito territoriale, facendo sistema e rafforzando contorni e tradizioni delle comunità. In altre parole, un lavoro prezioso di tutela dell’identità, non senza includervi piani di sviluppo sostenibile ed educazione ambientale, progetti di ricerca, di innovazione, di impegno sociale e apertura ai linguaggi contemporanei, coinvolgendo le nuove generazioni e interpellando ricercatori, artisti, studiosi, professionisti di rilievo. Fuori da certe logiche provinciali e localistiche, che in molti casi rischiano di sminuire il potenziale di realtà come queste. Il soggetto operativo, da cui aspettarsi rapidità, qualità e coordinamento, adesso ha un nome. Anzi sei. Dopo il lungo impasse, è tempo di fare, raccogliere, progettare.

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Redazione

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