Rubens, Van Dyck e Ribera tornano a casa. A Napoli

Il Seicento era epoca di sfarzo, di ostentazione e di scalata sociale a ogni costo. Una competizione inarrestabile abitava il cuore di mercanti a caccia di titoli e nobili a caccia di certezze. Una mostra nella sede partenopea delle Gallerie d’Italia racconta un brano di quel secolo. Che si volse esattamente a Palazzo Zevallos Stigliano.

Un immenso lavoro filologico riporta a Napoli, nelle stanze di Palazzo Zevallos Stigliano, quaranta opere, ricostruendo la collezione che un tempo fu dei rinomati mercanti Gaspar de Roomer e Ferdinand Vandeneynden, che proprio in quel magnifico palazzo ebbero la propria dimora. La mostra Rubens, Van Dyck, Ribera. La collezione di un principe, a cura di Antonio Ernesto Denunzio, ricompone, grazie a un meticoloso puzzle completato negli anni, la collezione privata che fu motivo di vanto e prova di un’instancabile scalata sociale.
Nel 1688 Luca Giordano ebbe l’idea di redigere un inventario della quadreria e, grazie a questo dettagliato documento, un gruppo di studiosi di varie nazionalità ha pensato di attuare una vera e propria opera di ricostruzione filologica finalizzata a ricreare gli interni dell’elegante dimora così come si presentavano ai visitatori e agli ospiti della coppia di mercanti.
Il museo napoletano di Intesa Sanpaolo riporta dunque i fasti del Barocco in un connubio di scuola napoletana e scuola fiamminga, con opere pittoriche di incredibile valore che raccontano il gusto e la raffinatezza delle famiglie di spicco dell’alta borghesia fiamminga e della nobiltà locale, fra intrecci, matrimoni e acquisizioni di titoli, così come fu proprio tra la figlia di Ferdinand, Giovanna, e il principe Giuliano Colonna, che divenne in seguito il nuovo padrone di casa.

Jusepe de Ribera, Sileno ebbro, 1626. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte. Photo Luciano Romano

Jusepe de Ribera, Sileno ebbro, 1626. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte. Photo Luciano Romano

NAPOLI BAROCCA E LA FEBBRE DELL’AFFERMAZIONE SOCIALE

Il Seicento era epoca di sfarzo, di ostentazione e di scalata sociale a tutti i costi: una sorta di competizione inarrestabile abitava il cuore di mercanti a caccia di titoli e nobili a caccia di certezze. Lo status symbol si costruiva con affanno, si rincorrevano matrimoni d’interesse e amicizie strategiche, e in questa cornice si accumulavano in maniera febbrile i capolavori.
Napoli nel periodo barocco è arte, moda, nobiltà, cultura. Vivere a Napoli durante il viceregno spagnolo significa essere nella città più fiorente da ogni punto di vista: artisti, mercanti, giovani aristocratici, uomini di cultura, giuristi popolano la città, ed è in questo contesto che Gaspar de Roomer e Jan e Ferdinand Vandeneynden, mercanti e finanzieri fiamminghi attivi a Napoli per gran parte del Seicento, danno vita a una collezione di inestimabile valore.
Autori come Rubens, Van Dyck, Ribera, Annibale Carracci, Luca Giordano, Mattia Preti, Salvator Rosa e Guercino non solo influenzavano la moda di quegli anni, visto lo spessore delle famiglie che li acquistavano, ma consentivano anche l’innescarsi di un condizionamento circolante molto proficuo per gli artisti locali, che potevano apprezzare le tecniche e il gusto della scuola fiamminga. Dei circa trecento dipinti registrati nell’inventario, oltre quaranta sono “tornati a casa” tra i saloni affrescati, la grande scala monumentale e l’imponente portone aperto sulla brulicante, oggi come allora, via Toledo.

– Manuela Barbato

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Manuela Barbato

Manuela Barbato

Dottoressa di ricerca in Filosofia Politica e critica di Arti Performative si occupa soprattutto di danza in tutte le sue declinazioni in un lavoro fatto di scrittura, critica e programmazione artistica. È programmatrice e direttrice artistica al Teatro Bellini di…

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