Sul confine tra realtà e percezione. La mostra di Ann Veronica Janssens nel Palazzo Partanna di Napoli
Nella sua mostra personale a Palazzo Partanna, nuova sede della Galleria Alfonso Artiaco, Ann Veronica Janssens modula spazio, luce, materia e colore per indagare il rapporto tra essere e divenire

Le forme dell’essere, in natura, nascono senza soluzione di continuità e a spezzare l’abbraccio dell’unicum è l’artefatto (poco) umano. La separazione tra le cose è un processo razionale che si traduce figurativamente in una linea netta di confine tra la cosa stessa e il suo intorno: l’espediente, individuato per rassicurare gli spauriti sensi dell’uomo che ritorna sempre romantico innanzi all’indefinito, pone l’accento sull’essere come avente qualità del finito in se stesso. Il suo opposto naturale si rivela non il non essere, ma il divenire, come modalità transeunte della forma. Ma se nell’intuizione eraclitea il divenire è soggetto al tempo, nella percezione dell’artista inglese Ann Veronica Janssens (Folkestone, 1956) la verità appare soggetta allo spazio.

La mostra di Ann Veronica Janssens a Napoli
Luce, materia e spazio. Questi gli strumenti del mestiere dell’artista britannica che offre allo spettatore stimoli continui per afferrare la vitalità delle opere. Nei nuovi spazi acquisiti dalla Galleria Alfonso Artiaco presso Palazzo Partanna, Janssens mette in scena la sospensione tra oggetto statico e mutevole nella sua mostra Up. In scultura, a sostegno della fissità delle forme, la matericità di un oggetto può essere determinante formulandone i rigidi perimetri, ma l’operazione di sapore scientifico dell’artista fluidifica gli elementi fino a dissolverne le parti in un continuum mutevole rispetto all’ambiente. Con le sue opere, Janssens costruisce l’esperienza umana: la rarefazione della realtà consente di interrogarsi sulla dicotomia tra oggetto immutabile per forma ma mutabile per percezione. Accostando due opposti si esplora l’osmosi tra singoli elementi e l’intorno che influenza le opere.
Le opere di Ann Veronica Janssens in mostra a Palazzo Partanna
Il corpus principale della mostra, pur non avendo alcuna pretesa monumentale, riempie la quinta scenica con volumi di vetro colorati che ritmano lo sguardo e scandiscono l’architettura ospitante. Le strutture poggiate sul pavimento sono composte da più piccoli blocchi assemblati tra loro che si energizzano per le intense cromie che oscillano tra nuance pastello e momenti fluo. Nonostante ciò, la densità vitrea delle forme le rende acquose, come sculture di ghiaccio pronte a sciogliersi al suolo, eppure così stabili e ferme. L’indagine di un materiale solido che si lascia attraversare dall’intorno si risolve in un’apparizione, una fata morgana del contemporaneo, dove i contorni sfumano e si disperdono nella trasparenza. Alle pareti due opere segnano l’incipit e l’epilogo del percorso, o semplicemente abbracciano i blocchi apparentemente sospesi sul pavimento. L’una è più composta, rappresentando il fenomeno della colorazione strutturale per cui la luce viene assorbita e rifratta in cangianti guizzi luminosi che lanciano fiabesche sferzate alla vista. L’altra è un pannello di vetro martellato stratificato con pellicole dicroiche: il colore d’insieme dell’opera appare ceruleo, ma la proprietà materica scompone la luce rinfrangendola in un caleidoscopico insieme. I mutamenti dello spazio in cui l’opera è inserita sono determinanti per la risposta dinamica sul materiale traslucido che restituisce un’immagine sempre in divenire e mai uguale.





Il confine tra percezione e realtà
L’invito dell’artista britannica è una presa di coscienza della realtà tramite il consapevole uso dei sensi: il fruitore attiva l’opera, diventandone parte. Assorbendo l’uomo in una dimensione esperienziale, indaga i meccanismi della percezione e tramite i fenomeni ottici plasma ambienti ogni volta diversi. Nella pubblicazione dedicata alla mostra Grand Bal presso Pirelli Hangar Bicocca, si legge l’intuizione di Barnett Newman sul concetto di sublime, per cui “la forma può essere informe” ed è su questo che si fonda la ricerca sull’essere fisico delle cose: l’oggetto è ciò che è per se stesso o ciò che si offre come strumento di comprensione del reale?
Elizabeth Germana Arthur
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