Quattro artisti alle prese con il colonialismo. La mostra al PAV di Torino

Al Padiglione di Arte Vivente di Torino la mostra che offre un cambio di prospettiva sulle rappresentazioni del rapporto preda-predatore, della memoria coloniale e delle forme neo-arcaiche di oppressione

Nella mostra La natura e la preda ‒ Storie e cartografie coloniali l’attenzione di chi guarda è risvegliata e addestrata, e trova il punto di vista capace di pensare “ai modi in cui il potere costruisce le identità sociali”, scoprendo le tracce fisiche del rimosso coloniale in ciò che può sfuggire anche a uno sguardo critico. Forme di oppressione difficili da notare in quanto il nostro occhio è per tradizione un occhio privilegiato, da predatore.

LE OPERE DI DANIELE MARZORATI

L’opera Déplacement Paris ‒ Shanghai di Daniele Marzorati (Novedrate, 1988) documenta la presenza dei platani nelle strade dell’ex Concessione francese di Shanghai e la loro funzione: non soltanto meri elementi di decoro urbano, ma una celebrazione autoreferenziale di Parigi. I platani sono il dettaglio più nascosto, apparentemente più innocuo, dell’ingerenza architettonica tardo ottocentesca della città. Si scorge tuttavia il lascito egemonico, l’imposizione coloniale, a ricordo di un tentativo ‒ riuscito ‒ di un’esportazione e domesticazione della natura stessa.
In Kadù e Squalo martello ‒ Cercando di far conoscenza con Omo e Giuba e Of the darker to the lighter ‒ Atlante del corpo coloniale, Marzorati cerca una definizione del colonialismo interrogando gli stessi oggetti che l’hanno subito, e che sono esposti nei musei di storia naturale di tutta Italia. “Oggetti apparentemente neutrali”, rigorosamente classificati secondo una gerarchia della razza tuttora legata all’ideologia fascista, colonialista e razzista “che invisibilmente permane nella struttura sociale italiana”. Le opere, stampe grandi alla gelatina d’argento da negativo, raccontano corpi di animali ritratti da vicino, superando fisicamente le sovrastrutture del museo-contenitore-espositore, al di là delle vetrine delle teche e delle cornici, in un’azione di creazione di intimità con l’oggetto fotografato, di riduzione della distanza sia fisica che politica.

La natura e la preda. Exhibition view at PAV, Torino 2022

La natura e la preda. Exhibition view at PAV, Torino 2022

IL PUNTO DI VISTA DI EDOARDO MANZONI

Nella Serra, la sala centrale del PAV, le opere di Marzorati si alternano a quelle di Edoardo Manzoni (Crema, 1993) in un equilibrio di fotografie, suoni e installazioni. La seduzione e la persuasione alla base dell’inganno necessario alla caccia e all’esercizio di potere si palesano nelle opere di Manzoni, che mostra al pubblico il “gioco degli ornamenti, in una giostra che parte dai dispositivi di seduzione non umani” ovvero le trappole, gli oggetti mimetici ‒ Senza titolo (Fame) ‒ e i richiami artificiali ‒ Senza titolo (Canti) ‒ propedeutici alla caccia.
La celebrazione estetica della violenza, così come la sua normalizzazione ed esaltazione nelle foto storiche dei trofei di caccia dell’epoca coloniale, è rappresentata nella reinterpretazione di fotografie scattate in Somalia a partire dagli Anni Venti. In Senza titolo (Caccia grossa), il cacciatore bianco è ritratto affiancato da assistenti indigeni ‒ privati della loro identità dalla storia ‒ nel momento di trionfo sull’animale non-umano esotizzato e abbattuto, “metafora dellassoggettamento delle popolazioni”.

La natura e la preda. Exhibition view at PAV, Torino 2022

La natura e la preda. Exhibition view at PAV, Torino 2022

IRENE COPPOLA IN MOSTRA A TORINO

Irene Coppola (Palermo, 1991), con Vito Priolo, affronta il tema della neocolonizzazione nel suo lavoro con la comunità indigena di Panama, raccontando la storia del territorio, della cultura locale e delle dinamiche migratorie. Sull’installazione-dispositivo Sin los habitantes no hay patrimonio è presente la frase simbolo dalle proteste urbane contro la gentrificazione, mentre sul retro della struttura è stampata un’immagine della giungla ‒ la rappresentazione della natura contrapposta a una società urbana predata. Nell’audio la voce di Ignacio Crespo Evanis, portavoce della comunità Guna, “racconta una mitologia ancestrale che si fa metafora di una interspecie tra tutti los habitantes del pianeta”.

La natura e la preda. Alessandra Messali. Exhibition view at PAV, Torino 2022

La natura e la preda. Alessandra Messali. Exhibition view at PAV, Torino 2022

ALESSANDRA MESSALI ED EMILIO SALGARI

Emilio Salgari and the Tiger – A Story written in far away Italy, set in Guwahati 1870 è il risultato del lavoro di Alessandra Messali (Brescia, 1985) basato su un progetto relazionale di identità e riappropriazione culturale, di resistenza a forme di egemonia e omologazione svolto tra il 2013 e il 2016 nello stato indiano dell’Assam.
Attingendo dai testi dello scrittore di romanzi d’appendice Emilio Salgari ‒ Alla conquista di un impero, Il Bramino dellAssam e La rivincita di Yanez, ambientati nella città di Guwahati ai tempi dell’imperialismo britannico ‒, Messali propone una sceneggiatura teatrale fondata su uno studio comparato di testo e contesto e, lavorando insieme alle studentesse del college femminile della città, mette in scena le contraddizioni, le differenze e feticizzazioni presenti nell’immaginario dell’esotico nella neonata industria culturale italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Nel tentativo di formulare una vera e propria teoria della preda, invitati dal curatore Marco Scotini, gli artisti Irene Coppola, Edoardo Manzoni, Daniele Marzorati e Alessandra Messali accompagnano il visitatore nel cambiare punto di vista, ripensare l’archivio storico e scientifico, decostruire narrative esotizzanti di culture altre, preservare le identità culturali nonostante i mutamenti geopolitici dovuti alla colonizzazione di allora o alla globalizzazione di stampo capitalista di oggi.

Silvia Vannacci

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Silvia Vannacci

Silvia Vannacci

Curatrice ed esperta di arte contemporanea cinese, Vannacci vive a Firenze e Shanghai dal 2014. Formatasi come sinologa, focalizza la sua pratica curatoriale sull’importanza del linguaggio come veicolo di pensiero e di cultura e approccia l’arte contemporanea come una lingua…

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