I mille volti del genio Rembrandt, in un capolavoro ritrovato a Roma

Un simposio a Roma ha raccontato la storia di questo incredibile ritrovamento. Il report e le voci di chi ha partecipato e studiato l’impresa

Un evento casuale è alla base del riconoscimento di una Adorazione dei Magi come autentica opera di Rembrandt (Leida, 1606 – Amsterdam, 1669). Il quadro era custodito in una collezione privata a Roma, quando ebbe bisogno di un restauro; ma la restauratrice, Antonella Di Francesco, si accorse di qualcosa. Da quel momento iniziò una serie di accertamenti sulla paternità dell’opera, fino alla conclusione, presentata all’Accademia di Francia, a Villa Medici, nel corso di un simposio: il quadro è opera del grandissimo pittore olandese.

LA STORIA DEL REMBRANDT RITROVATO

Il presidente della Fondazione Patrimonio Italia, Guido Talarico ha aperto l’incontro di presentazione: “La Fondazione sostiene i giovani artisti contemporanei con il Talent Prize. Con il progetto Discovering Masterpiece, vogliamo, invece, contribuire a far riemergere tanti tesori sconosciuti”, spiega Talarico. “Trovare un Rembrandt in Italia non è cosa di tutti i giorni”, prosegue, “ma questa scoperta è il frutto di studi durati anni”. Il professor Marco Mascolo, storico dell’arte e autore del volume “Rembrandt, un artista nell’Europa del Seicento”, ha inquadrato storicamente e iconograficamente l’opera, che, secondo lo studio, iniziato nel 2016, risale al 1633: “È l’anno in cui Rembrandt si trasferisce da Leida ad Amsterdam, all’epoca la seconda capitale d’Europa per numero di abitanti, una città che vive anche del mercato artistico”, racconta Mascolo. In quel periodo il pittore olandese inizia a realizzare una serie di grisalle, di acqueforti e oli su carta e cartoncino che rappresentano le cosiddette serie a tema di Rembrandt: la Crocifissione, San Giovanni Battista, l’Ecce Homo e anche l’Adorazione dei Magi. Il quadro scoperto nella collezione romana è un olio su carta applicato su tela, composto con diverse velature sovrapposte su un disegno di base.

L'Adorazione dei Magi di Rembrandt

L’Adorazione dei Magi di Rembrandt

TRA MILANO E SAN PIETROBURGO

Di questa composizione de L’Adorazione dei Magi di Rembrandt sono note altre tre versioni: due sono conservate all’Hermitage di San Pietroburgo ed una al Konstmuseum di Göteborg. Prosegue il professor Mascolo: “Sono emersi anche una serie di “ripensamenti” da parte dell’autore, tanti disegni diversi e veloci fino a giungere ad una solidità formale della composizione. Questi studi, benché approfonditi, sono solo un primo passo. Il dipinto dovrà essere confrontato a lungo con le altre versioni”, conclude lo storico dell’arte. Peter Matthaes, a Milano dirige il Museo di Arte e Scienza, che possiede (oltre ad una nutrita collezione d’arte della famiglia Matthaes) macchinari di ultima generazione per l’analisi scientifica delle opere, soprattutto dal punto di vista fotografico: dalla macchina fotografica con un sensore da sei milioni di pixel, per immagini ad altissima risoluzione, fino al microscopio trinoculare. Con questi strumenti si è proceduto alla scoperta dei vari strati di materiali usati per il dipinto. Stefano Ridolfi, fisico per i Beni Culturali e docente all’università La Sapienza di Roma, ha parlato di un nuovo brevetto anticontraffazione messo a punto proprio in occasione dello studio effettuato sul dipinto della collezione romana. “Una sorta di impronta digitale dell’opera”, spiega Ridolfi. Francesca Bottacin, storica dell’arte e docente di Storia dell’arte fiamminga e olandese all’Università di Urbino “Carlo Bo”, riconduce il discorso sul ruolo del critico e dello storico dell’arte: “Rembrandt stesso si faceva beffa della critica della sua epoca; e spesso firmava i quadri dei suoi allievi per aumentarne il valore. Tuttavia, possiamo dire che i criteri scientifici provano ciò che non è; per stabilire fino in fondo ciò che è, è necessario l’occhio dello storico dell’arte”. Infine, il presidente della Fondazione Abraham Teerlink e presidente dell’Advisory board di Fondazione Patrimonio Italia, Alessandro Caucci Molara, ha concluso l’incontro evidenziando una serie di elementi che accrediterebbero la superiorità stilistica dell’opera di Roma, rispetto a quelle analoghe conservate nei musei: “Il dipinto romano mostra un numero altissimo di velature; i disegni sottostanti ai dipinti di Göteborg e dell’Hermitage si rivelano una copia degli schizzi di Roma. Inoltre, le diverse versioni del disegno testimoniano un lavoro che sarebbe stato impossibile per una semplice replica”, conclude Caucci Molara.

– Letizia Riccio

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Letizia Riccio

Letizia Riccio

Giornalista dal 1997, laureata in Lingue e letterature straniere moderne a La Sapienza di Roma, inizia a scrivere a La Repubblica nel settore della televisione e prosegue, nello stesso campo, con Il Mattino di Napoli, L'Unione Sarda e Il Giornale…

Scopri di più