Rovigo: a Palazzo Roverella le arti visive incontrano la musica

La mostra allestita a Palazzo Roverella ripercorre il legame secolare tra la musica e le arti visive, spaziando dall’Ottocento ai primi del Novecento.

Solo per il fatto che un tema non sia ben indagato e studiato, non vuol dire che non esista e che non abbia una grande importanza. A giocare contro una visione sintetica, di “arte totale”, Gesamtkunstwerk, come si sarebbe detto in epoca wagneriana, è forse stata fin dai tempi antichi la canonizzazione delle discipline artistiche in vari comparti (arti maggiori e arti minori, e poi pittura, scultura etc.), ma che queste dialoghino costantemente tra loro è un dato di fatto, e a ben pensarci sarebbe assurdo che non lo facessero.
A porre rimedio e a rileggere il rapporto stretto tra arti visive e musica è la mostra in corso a Rovigo, che si concentra in particolare su un periodo che ha reso più evidente del solito questa “corrispondenza”, vale a dire l’epoca che va dal Simbolismo alle Avanguardie. Ma il discorso potrebbe senza dubbio essere esteso a ogni età, e basti pensare ai capitelli raffiguranti i toni della musica che in origine erano parte integrante della “macchina di immagini” dell’allora potentissima abbazia di Cluny (siamo in Borgogna, alla fine dell’XI secolo), senza parlare di tutte le raffigurazioni di strumenti musicali, di concerti, di angeli o semplici umani musicanti: soggetti sempre presenti nelle opere dall’antichità a oggi.

L’OTTOCENTO E I GIGANTI

I confini cronologici entro cui si svolgono le sezioni della mostra consentono tuttavia di mettere a fuoco quel rapporto tra pittura e scultura da un lato e musica e musicisti dall’altro che ci è più familiare: ricorrono infatti i nomi di Chopin, Beethoven, Wagner, Shönberg, Verdi che, direttamente o indirettamente, hanno fornito spunti per la realizzazione di espressioni visive il cui stile corrisponde a varie correnti. L’esposizione si apre con un focus sul Simbolismo: e l’immaterialità delle note non poteva che essere attraente per autori quali Max Klinger, Giovanni Segantini, Domenico Baccarini, come lo fu il tema del chiaro di luna che al carico simbolico del momento unisce anche un forte sentimento romantico.
Senza voler raccontare passo passo ogni sezione, la mostra approfondisce l’impatto che ebbero le figure e le opere di due giganti dell’Ottocento: Beethoven, con la sua “immagine” di “musicista titanico e maledetto” – come lo definisce il curatore Paolo Bolpagni – e Richard Wagner con la sua ripresa dei miti nibelungici e dell’epopea del Graal, tutto inserito a pieno nella ricerca di un’identità di popolo attraverso i miti fondativi. Ed ecco allora la Valchiria e personaggi come Isotta, Parsifal, Fafner in forma di drago. Alle grandiosità germaniche fa da contrappunto l’opera lirica italiana, che dà l’opportunità agli artisti di realizzare non solo dipinti e sculture, ma anche un vasto repertorio di cartellonistica e di scenografie teatrali.

Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916. Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea

Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

MUSICA COME PARADIGMA DELL’ASTRATTISMO

Lo scorcio del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo segnano la grande svolta artistica: la figura si smaterializza progressivamente in favore di altre riflessioni, e se la musica diventa dodecafonica, colui che meglio di tutti soddisfa l’aspirazione della pittura a raggiungere una sorta di immaterialità è Bach, con le sue fughe. Ma sono anche gli anni dei giocosi futuristi e delle curiose macchine Intonarumori di Luigi Russolo, e poi del Manifesto della musica futurista, ma anche del Cubismo con la sua predilezione per gli strumenti musicali, come le chitarre. “È con Vasilij Kandinskij e con Paul Klee, però, che la musica diventa davvero centrale, facendosi paradigma di una pittura che vuole liberarsi definitivamente dal concetto di rappresentazione”: di Klee è esposto un delizioso quadretto intitolato At Night (1921), mentre di Kandinskij si indaga soprattutto il lavoro di allestimento del balletto dedicato ai Quadri di un’esposizione di Musorgskji, di cui progettò scene e costumi. E poi ancora le opere di artisti appartenenti al Neoplasticismo, al Surrealismo, al Dadaismo: tutto per dimostrare e far apprezzare ai visitatori – che tra le sale sono accompagnati anche da una selezione sonora coerente con il tema di volta in volta trattato – la lunga, affascinante storia di relazioni e intrecci tra elementi musicali e arti visive.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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