5 vocaboli da mandare a memoria in questo 2020

Da “gamification” a “phygital”, ecco cinque vocaboli che l’incredibile 2020 ha portato alla ribalta. E che probabilmente saranno destinati ad accompagnarci per un bel po’ di tempo.

Per chi ha comunque cercato di comunicare a un vasto pubblico, il 2020 è stato l’anno dello streaming in diretta. Ogni forma di spettacolo, dal teatro ai fashion show, ha fatto di necessità virtù, adottandolo come surrogato del live, cercando di sostituire la presenza fisica con l’illusione della partecipazione a uno spettacolo dal vivo.
Poiché nessuno si illude che tutto tornerà come prima, che potremo facilmente viaggiare o stare assiepati come un tempo, poiché i guasti psichici di questa realtà li stiamo provando tutti, è utile cominciare a familiarizzare con vocaboli che sono indicativi dell’evoluzione che il maledetto virus ha messo in moto nel mondo dei social. Funzioni che erano state individuate prima della comparsa della pandemia, la cui crescita era stimata in qualche anno, sono esplose in pochi mesi. Meglio conoscerli dunque, sia per utilizzarli al meglio che per meglio difendersene.

GAMIFICATION

Uno degli effetti della permanenza forzata in casa, causata dal lockdown, è stata la maggior quantità di tempo dedicata ai videogiochi. Realtà aumentata o modellazione 3D, sono nuove frontiere che la distribuzione sta sperimentando per fornire più “sevizio” ai propri clienti. Questo media viene ora esplorato per ottenere, attraverso elementi che mettano il divertimento al primo posto, il coinvolgimento diretto dell’utente, ad esempio simulare la prova di un capo di abbigliamento, come accade con Amazon o Prada. O imparare a conoscere l’uso del colore e della luce nell’arte contemporanea, come accade in Prisme7, elaborato dal Centre Pompidou.

OMNICHANNEL

La crisi che stiamo attraversando ha fatto dell’approccio multicanale una questione di sopravvivenza per le aziende: che si tratti di vendita di prodotti del food o del fashion, di libri o di opere d’arte. L’utilizzo di ogni app conosciuta con il lockdown è notevolmente aumentato e i marchi provano a mantenersi rilevanti presso i loro possibili acquirenti esplorando qualsivoglia modo in cui i consumatori possono continuare a essere contattati oltre la loro presenza fisica in uno store. La storiella dell’acquisto emozionale trainato dal luogo fisico in cui avviene pare aver esaurito ogni credibilità.

PHYGITAL

Crasi tra ‘phisical‘ e ‘digital‘, prevede l’esecuzione di un evento contemporaneamente di fronte a un pubblico reale (che in qualche modo diviene pure attore) e a uno molto più vasto e, in realtà, vero destinatario. Evento che sarà trasmesso attraverso i flussi che passano dall’allineamento contemporaneo e il più ampio possibile di Instagram, TikTok, YouTube, un URL privato ma anche Facebook e LinkedIn. Un modo per rendere il pubblico, qualsiasi tipo di pubblico, raggiungibile in ogni luogo geografico possa trovarsi.

REELS

È la piattaforma lanciata il 20 agosto da Instagram per contendere lo spazio e l’imprevisto successo di TikTok. Reels permette di postare brevi video multi-clip, della durata di 15 secondi, in tutto e per tutto simili a quelli di TikTok, che si è rivelato uno strumento ancora più efficace di Facebook e Instagram per qualsiasi pubblicità di brand desiderosi di agganciare Millennials e GenZ. Reels (USA) è nata dunque per misurarsi proprio sul terreno di TikTok (Cina), non come un giochetto per ragazzini ma come un’arma studiata per una guerra in piena regola.

TENTPOLE

Ancora una crasi, stavolta fra ‘tenda’ e ‘centrale’. È l’evento che un brand crea per fare da traino (finanziario e di immagine) ad altri minori, collegati ma non per questo necessariamente contemporanei. Effetto desiderato è quello di creare una connessione più intima tra il brand e la community che si intende agganciare e in-trattenere anche dopo la fine dell’evento centrale.

Aldo Premoli

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #57

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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