Riqualificare con l’arte? Il caso del Caravaggio prestato al MART di Rovereto

Qualche riflessione sul prestito del “Seppellimento di Santa Lucia” di Caravaggio al MART di Rovereto. Un’iniziativa apparentemente dettata dalla volontà di riportare l’opera, in sicurezza, nella sua sede originaria, a Siracusa, e di avviare così un processo di riqualificazione urbana. Ma come sono andate davvero le cose?

Innumerevoli polemiche hanno segnato la recente vicenda di prestito del quadro Il Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio, commissionato dal Senato Siracusano nel 1608, ed elemento identitario della città, prestato dal FEC al MART di Trento e Rovereto, per la mostra ideata da Vittorio Sgarbi attualmente in corso. I 350mila euro inizialmente “promessi” e “previsti” dal MART, con i quali si dovevano coprire i costi di una teca climatizzata per il quadro dalle ragguardevoli dimensioni, quelli del restauro inizialmente dichiarato improcrastinabile per le precarie condizioni dell’opera, e infine quelli della messa a norma con adeguamento degli standard di sicurezza e ambientali del luogo originario dove sarebbe dovuta ritornare l’opera, cioè la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro alla Borgata, hanno subito una drastica riduzione.
Intanto il restauro non si è rivelato necessario, e i tecnici dell’ICR di Roma hanno eseguito una pulitura e alcune indagini con un parziale intervento sul braccio sinistro della santa; la soluzione del climabox non è stata ritenuta tecnicamente valida né dall’ICR né dalla Soprintendenza siracusana, e i previsti interventi di adeguamento degli standard di sicurezza si sono limitati alla messa in opera di un sistema di videosorveglianza e allarme. Infine dalla documentazione si riscontra che il MART ha pagato una somma di 100mila euro al FEC come loan fee.

OPERE D’ARTE E RIQUALIFICAZIONE

Il ritorno dell’opera nella sua sede originaria è stato uno degli elementi trainanti delle ragioni del prestito, con mirabolanti visioni di rinascita e recupero di un quartiere “difficile”, emarginato e periferico ancorché incapsulato tra il gioiello di Ortigia e l’espansione urbana degli ultimi sessant’anni, cioè la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, sita nella Borgata. Chi scrive ha avuto il privilegio di “incontrare” l’opera quotidianamente per cinque anni, avendo ricoperto l’incarico di direttrice della Galleria Bellomo, dove il quadro era stato posto in deposito temporaneo proprio per le malsane condizioni della chiesa, di conoscere la realtà urbana di Siracusa, avendovi prestato servizio per otto anni, e di avere al suo attivo una serie di progetti e studi sia di musealizzazione che di riqualificazione urbana e paesaggistica.
Per tali ragioni, si può tranquillamente affermare che l’arte può essere un elemento trainante di sviluppo e di riqualificazione urbana, ma per ottenere questo risultato certamente non basta collocare o ricollocare nel sito originario un’opera d’arte, per quanto straordinaria essa possa essere. Ricollocare semplicemente l’opera di Caravaggio sull’altare della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro equivarrebbe all’occasione mancata della Venere proveniente dal Paul Getty Museum, riportata a Morgantina, che non ha innescato quello sviluppo endogeno da molti propagandato. Non può certo essere la sbandierata ripavimentazione del sagrato della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, finanziata con un crowfunding, l’azione in grado di innescare i processi virtuosi prefigurati: uno specchietto per le allodole, che può illudere solo chi non ha la reale conoscenza dei meccanismi in grado di avviare una seria operazione di recupero e riqualificazione.

Il ritorno dell’opera nella sua sede originaria è stato uno degli elementi trainanti delle ragioni del prestito, con mirabolanti visioni di rinascita e recupero di un quartiere ‘difficile’”.

Allora, qual è, anzi quali sono le azioni, finanziate con la rimanente e sostanziosa cifra originaria promessa di 350mila euro, che potrebbero innescare una rinascita della Borgata partendo proprio dall’opera d’arte che teoricamente dovrebbe ritornarvi?
In premessa, come elemento propedeutico imprescindibile, bisogna garantire le condizioni per la tutela dell’opera, che allo stato attuale nella chiesa originaria non risultano verificate per quanto concerne l’aspetto bioclimatico, come rilevano l’ICR e il Centro Regionale del Restauro. Verificato ciò, le azioni valide sono due. La prima è quella di concepire l’oggetto straordinario in un allestimento specifico, che deve essere progettato seguendo i canoni della più efficace museografica contemporanea, dove si struttura un’esperienza emozionale e cognitiva in grado di capovolgere il ruolo dello spettatore/visitatore da passivo in attivo, stimolando attraverso tutti i sensi la sua sensibilità e quindi aumentandone il livello culturale. In questo senso il quadro può a ragione diventare un fulcro centrifugo e centripeto allo stesso tempo, un polo portante del sistema urbano, grazie a un percorso museologico che lo colleghi alla storia della città, alle vicende politiche, sociali ed economiche del tempo, a quelle artistiche e alla storia personale dell’artista. Non si può negare infatti il peso che egli ha avuto nella storia dell’arte, operando una cesura tra il “prima” e il “dopo” Caravaggio, oltre all’influenza innegabile che ha avuto verso i suoi contemporanei.
La seconda condizione, non meno importante, è quella di reinserire il quartiere della Borgata in un progetto urbano che interessi e coinvolga tutta la città, che “leghi” la chiesa di Santa Lucia, come in una collana di pietre preziose, agli altri beni archeologici, storici, paesaggistici, architettonici, artistici, allo spazio urbano che affaccia sul mare. E che annodi questa “collana” con tutte le altre parti di città, da Ortigia fino alla Mazzarrona, a Santa Panagia e fino a Epipoli, grazie all’architettura di qualità e al paesaggio.

3 PUNTI PER RIQUALIFICARE CON L’ARTE

Sintetizzando:

    • Verifica dell’esistenza delle condizioni richieste per garantire la tutela del quadro. Se non c’è, allora la soluzione migliore è posizionare nella chiesa la “copia perfetta che non si distingue dall’originale” (cit.) e mettere invece quest’ultimo al Museo Bellomo, dove peraltro c’era già un progetto di valorizzazione e allestimento.
    • Se ci sono le condizioni, procedere a un progetto di allestimento museale di qualità con le caratteristiche già illustrate.
    • Redigere, auspicando il coinvolgimento della facoltà di Architettura di Siracusa, un progetto urbano puntando su una strategia di mobilità sostenibile, che veda in una “greenway” da Ortigia a Epipoli l’idea che affianca sostenibilità e qualità della vita, per una risposta a tante esigenze, e che al contempo restituisce un elemento fortemente innovativo e caratterizzante nell’offerta turistica della città.

Un progetto che contemporaneamente agisca sul pilastro della partecipazione degli abitanti, con il coinvolgimento di tutte le strutture didattico-educative, la scuola, la chiesa, le associazioni: perché è dalla consapevolezza del valore degli spazi che si abitano, con la loro storia e quindi il radicamento dell’identità, che può avvenire la rinascita di un quartiere, dando prospettive di speranza soprattutto per i giovani. Lo dimostrano i casi di Matera, capitale della cultura, e Napoli, con il miracolo non di San Gennaro, ma delle sue catacombe, nel rione Sanità, realizzato dal lavoro creato su un patrimonio culturale che è diventato veramente un tesoro.

Vera Greco

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Vera Greco

Vera Greco

Vera Greco, architetto, dal 2001 al 2007 è stata direttrice della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa. Dal 2016 al 2019 è stata direttrice del Parco Archeologico di Naxos Taormina, con il Teatro Greco, Isolabella, e Francavilla, promuovendone l’autonomia…

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