Carlo Levi e l’arte della politica. A Roma

Casino dei Principi di Villa Torlonia, Roma – fino al 22 marzo 2020. Nella sede capitolina sono esposti 58 disegni politici e 46 dipinti dell’intellettuale torinese “del sud”. L’esposizione è nata su iniziativa del Centro Carlo Levi di Matera e l’omonima Fondazione romana, in collaborazione con il Polo Museale della Basilicata-Palazzo Lanfranchi.

Il 2019 non è stato solo l’anno di Matera, Capitale europea della cultura, ma anche del suo vate elettivo Carlo Levi (Torino, 1902 ‒ Roma, 1975), a partire dal confino ad Aliano (1935-36), sublimato poi nel Cristo si è fermato a Eboli (pubblicato nel 1945). La mostra romana, infatti, è almeno la terza dopo quelle inaugurate a Torino alla Fondazione Amendola e a Parigi all’Istituto Italiano di Cultura. È l’unica, però, che include le opere di grafica politica di Levi, in gran parte realizzate nel biennio 1947-48 per il quotidiano L’Italia Socialista, diretto da Aldo Garosci, che raccoglieva quegli “azionisti” che, dopo la confluenza del Partito d’Azione nel PSIUP, non avevano condiviso la scelta frontista; tra questi figuravano intellettuali fondamentali per la storia italiana, come Ignazio Siloni, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Giorgio Bassani e Primo Levi.

LA GRAFICA POLITICA

In disparte dalla sinteticità del segno e dalla geniale sagacia satirica, i disegni di Levi restituiscono in maniera pulsante il clima culturale degli anni immediatamente successivi alla nascita della Repubblica e del dibattito costituente appena conclusosi (il 27 dicembre 1947 veniva promulgata la Costituzione); nonché la dimensione collettiva e sociale della cultura, vissuta a livello europeo. La mostra, dunque, ha questo grande merito: ci mette di fronte alla banalità dell’oggi, rispetto alla passione politica di quell’epoca, di cui Levi è stato interprete e protagonista, successivamente anche nelle istituzioni con l’elezione a senatore nel 1963 con il Partito Comunista Italiano.
Del resto, il “senso comune” instillato dalla famiglia d’origine – tanto che alla sua nascita lo zio Claudio Treves, fondatore e leader del socialismo italiano, regalò una cartolina raffigurante Giuseppe Mazzini come “augurio di impegno politico e civile” – si incarna pienamente nei diversi linguaggi espressivi di Levi, tesi a un ideale di sapienza universale, retaggio della cultura ebraica di appartenenza. Suggestivo, al riguardo, è il pensiero espresso da J.P. Sartre: “A Levi tutto è esaudito tutto corrisponde, era un dottore, è uno scrittore e un artista per lo stesso motivo: il suo immenso rispetto per la vita; ed è proprio questo rispetto che è all’origine del suo impegno politico e la fonte della sua arte”. Va però ricordato che Levi, allievo di Felice Casorati e in contatto con la Scuola di Parigi, si dichiarava, in primo luogo, “pittore”, considerando le altre esperienze forme di partecipazione a ogni aspetto dell’esistenza umana.
Tra i diversi stili dei disegni esposti, ora allusivi e mitologici, ora più mordaci, è comunque rintracciabile un lessico grafico leviano, con personaggi ricorrenti, tra i quali la “donna turrita/l’Italia”, “Alcide De Gasperi/Democrazia Cristiana”, “Giuseppe Garibaldi/FdP: PCI-PSI”, “Manganello/Ministro Scelba”.

Carlo Levi, Ritratto di Bobi Bazlen, 1941, olio su tela, 46 x38 cm. Roma, Fondazione Carlo Levi

Carlo Levi, Ritratto di Bobi Bazlen, 1941, olio su tela, 46 x38 cm. Roma, Fondazione Carlo Levi

I RITRATTI DEGLI ANTIFASCISTI

Negli Anni Trenta, grazie ai numerosi soggiorni a Parigi, Levi aveva intensificato il rapporto tra gli avversari del regime fascista che operavano a Torino e i fuoriusciti italiani in Francia, partecipando attivamente al programma di Giustizia e Libertà. In mostra, quale testimonianza plastica di quegli anni, oltre a due sensuali autoritratti, sono presenti i ritratti dei compagni dell’antifascismo: il filosofo-giornalista Carlo Rosselli, fondatore di Giustizia e Libertà, lo storico Aldo Garosci, il letterato Leone Ginzburg (marito della scrittrice Natalia) membro del Partito d’Azione e organizzatore della casa editrice Einaudi. Manca però il ritratto del giurista accademico Edoardo Volterra, storico partigiano, tra i fondatori del P.d’A. e amico di Levi. Chiudono l’esposizione una serie di nature morte materiche e rarefatte, simbiotiche con i volti dei contadini lucani e calabresi, che si alternano a composizioni espressioniste di ispirazione mitologica.

Fabio Massimo Pellicano

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Fabio Massimo Pellicano

Fabio Massimo Pellicano

Fabio Massimo Pellicano (Roma, 1984). Pittore da sempre, o quasi. Avvocato da circa metà decade, ovvero la metà del tempo da cui scrivo come pubblicista. Arte, antiquariato, diritto: se inverti l’ordine delle parole il risultato non muta. Ho collaborato con…

Scopri di più