Arte e accessibilità per tutti: ICA Milano avvia un public program e si dedica alle diverse disabilità

L’attività museale e didattica non ha un ruolo puramente terapeutico, bensì può essere una via di rinserimento sociale di persone con disturbi geriatrici o disabilità. Un modello statale è possibile? L’abbiamo chiesto a Chiara Lachi de L’Immaginario Associazione Culturale.

Dell’aspetto rigenerante e benefico dell’arte ne avevamo parlato in occasione dell’uscita del libro Arte e Autismo, scoprendo come la pratica creativa possa essere una via alternativa di comunicazione con soggetti speciali. Non da meno è il ruolo che può giocare nel reinserimento nella società di persone con disturbi geriatrici come Alzheimer e demenza senile o con altri tipi di disabilità mentali e fisiche. Su questo aspetto punta l’ultima iniziativa di Fondazione ICA a Milano: AAA -Arts and Access for All, progetto di formazione che punta a creare sul territorio le competenze necessarie per diffondere attività di didattica museale rivolte a tutti. Si parte venerdì 29 novembre con una giornata di conferenze e workshop dedicata all’Alzheimer, realizzata da L’Immaginario Associazione Culturale e con il patrocinio di AIP Associazione Italiana Psicogeriatria e Alzheimer Fest, mentre il calendario proseguirà prossimamente con date ancora da confermare. Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda a Chiara Lachi, del comitato organizzativo dell’evento, in merito a questo tema non ancora abbastanza conosciuto. 

ARTE E ALZHEIMER

Nelle nostre attività di incontro con l’arte dedicate alle persone con Alzheimer, che possono prevedere (ma non necessariamente) una proposta creativa di laboratorio, possono succedere molte cose significative. Innanzitutto, c’è il valore di uscire da casa o dalla struttura per recarsi al museo, che vale sia per la persona con demenza sia per chi se ne prende cura”, ci spiega Chiara Lachi, portavoce dell’Associazione Culturale L’Immaginario e del Coordinamento MTA Musei Toscani per l’Alzheimer. A lei abbiamo chiesto di raccontarci quali sono gli effetti reali di cui una persona con Alzheimer può beneficiare una volta nel museo. “Per chi vive una condizione che spesso implica isolamento e limitazioni, ha grande importanza che un museo o un’istituzione culturale, considerati nell’immaginario collettivo luoghi socialmente elevati e prestigiosi, si aprano per accoglierli e prevedano programmi a loro dedicati. Se poi l’attività è strutturata in modo da stimolare l’immaginazione, è aperta a qualsiasi forma di partecipazione e non induce un senso di inadeguatezza, può generare un coinvolgimento e una presenza che hanno un grande valore nel qui e ora e producono un benessere psicofisico”. Un impatto significativo che, come in tante altre situazioni di disagio, ricade non solo sul soggetto interessato, ma anche su chi se ne prende cura quotidianamente, ad esempio i familiari, riconsiderando l’approccio alla malattia e all’assistenza.  

ARTE E ALZHEIMER: I PRIMI PASSI IN ITALIA

Una collaborazione tra la didattica museale e la sanità è possibile, e lo dimostrano gli esempi del Canada, in cui dal 2018 i medici prescrivono attività gratuite, e della Gran Bretagna, in cui addirittura i musei e istituzioni culturali sono stati inseriti nella Social Prescription, un servizio del Sistema Sanitario Nazionale, con una sperimentazione avviata nel 2012. L’Italia generalmente arranca, ma con qualche eccezione: la Toscana in questo rappresenta una situazione d’eccellenza. “Le prime esperienze di attività museali dedicate alle persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura in Toscana hanno preso avvio nel 2011 a Palazzo Strozzi e nel 2012 al Museo Marino Marini di Firenze”, prosegue la Lachi. “Da allora, grazie al sostegno della Regione Toscana, che negli anni ha promosso 5 corsi di formazione in tutta la regione, e ha sostenuto il coordinamento delle realtà coinvolte, i musei che fanno parte della rete informale MTA Musei Toscani per l’Alzheimer e propongono attività per le persone con demenza e per chi se ne prende cura, sono diventati più di 50. Tutti questi programmi hanno caratteristiche simili, condividono alcuni criteri. Questo ne fa un progetto unitario, che va appunto nella direzione di favorire e promuovere un cambiamento sociale complessivo, una risposta della comunità alla questione della demenza. Infatti, i programmi museali sono integrati con gli altri interventi culturali e sociali rivolti alle persone con demenza nello stesso territorio: i Caffè Alzheimer, gli Atelier Alzheimer, ma anche l’assistenza domiciliare, i Centri Diurni o di Mantenimento, le residenze, ma anche servizi sociali e i dipartimenti di geriatria”. 

ARTE E ALZHEIMER: UN MODELLO POSSIBILE

La sinergia tra Regione e Ente museale ha finito per diventare un piano organico, che ha annesso le attività didattiche tra le “prestazioni previste per la cura e il sostegno familiare di persone affette da demenza”, finanziate attraverso buoni servizio. Una vicenda che dimostra che un modello unitario non solo è possibile, ma anche esportabile in altre zone di Italia, con benefici che avranno effetto su più settori.  “Il Decreto Regionale non è solo un riconoscimento alla qualità e all’efficacia del nostro lavoro; è anche segno di una convergenza verso obiettivi degli interventi che non siano solo terapeutici o assistenziali; è un’attenzione finalmente prestata ai bisogni delle persone con demenza e dei loro familiari che vanno al di là di un intervento terapeutico (peraltro fino a oggi purtroppo inefficace); è una risposta alla richiesta di non essere lasciati soli”.

-Giulia Ronchi 

AAA Arts and Access for All
venerdì 29 novembre 2019
dalle 9.30 alle 17
ICA MILANO | Istituto Contemporaneo per le Arti
Via Orobia 26, Milano

https://www.icamilano.it/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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