#presentense (X). Vivere il momento

Per sottrarsi a rimpianti e nostalgie, scegliendo di cambiare la nostra esistenza, è necessario decidere di stare nello “spazio vivente”. Libero e realmente democratico, è l’antidoto allo “spazio che vincola”.

Amatrice, 11 giugno. Le vacanze a Moena in prima e in seconda media, a giugno, dopo la fine della scuola – ITALIA 90, i gol di Totò Schillaci, i cortei con la bandiera nazionale usata come un mantello sul prato fuori dall’albergo, il fiume che scorreva dietro la finestra della camera, la staccionata verde che dava sul greto, il rumore lieve dell’acqua, lo scorrere dell’acqua, il piccolo supermercato a cinquanta metri in cui fregare per sfida i biscotti buonissimi, le passeggiate in montagna lungo il sentiero in fila indiana dietro un padre gesuita, gli scarponcini antiquati (diversissimi dalle moderne calzature tecniche in vendita da Decathlon), la borraccia di plastica rossa regalata da mia madre e riempita ogni giorno, a metà del sentiero, con acqua di sorgente pura e fresca – il coltellino svizzero comprato in una piazza sudtirolese – la cassetta dei Police (Synchronicity) ascoltata in camera con Arturo Gagliardi.

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Giorgio de Chirico, Il tempio fatale, 1914

Giorgio de Chirico, Il tempio fatale, 1914

Che cos’è il presente? Che cos’è il presente per voi? Che cos’è il contemporaneo?
Il contemporaneo è: precario, provvisorio, effimero, mobile, mutevole, transitorio, interstiziale, instabile, comunitario, collettivo.
Il contemporaneo è il collasso del tempo (: e questo collasso è quasi l’opposto, in realtà, della percezione postmoderna di un archivio sterminato di forme, stili, linguaggi da citare).
Il circuito implica sistema nervoso differente, forma di vita diversa – arte orientata alla ridefinizione dell’esistenza – circuito, cortocircuito, un cane sciolto, una scheggia impazzita.
Adalberto Libera, Unità di Abitazione Orizzontale (1950-54): “Il complesso residenziale per circa 1000 abitanti progettato da Adalberto Libera fa parte del più ampio progetto Ina-Casa (il più grande a Roma) realizzato in tre fasi successive, dal 1950 al 1960, note come Tuscolano I, II e III. L’obiettivo la definizione di un quartiere modello e la reinvenzione di un linguaggio costruttivo e figurativo a metà strada tra conservazione della tradizione e innovazione tecnologica. Libera sposta da subito l’accento sul concetto di ‘Unità d’abitazione’ intendendo con ciò l’aggregazione di più elementi: dalle abitazioni ai servizi per un ‘moderno vivere civile’ (…) tale da tenere insieme la scala della città e quella più aderente al locale, proprio di una relazione stretta, da costruire, tra il luogo e i suoi abitanti. L’articolazione di costruito e spazi all’aperto pubblici (caratterizzati da una forte connotazione sociale oggi andata perduta per effetto di chiusure e privatizzazioni) le continue variazioni di scala, i disallineamenti e gli scarti delle facciate, i disassamenti e le interruzioni planimetriche compongono un tessuto urbano fortemente complesso. Un episodio centrale nella storia della ricostruzione a Roma nel secondo dopoguerra, capace di svolgersi dalla scala urbana al più piccolo dettaglio architettonico e che oggi il P.R.G. in vigore identifica come: ‘Emergenze e tessuti di valore storico e architettonico’”.
Nel molto piccolo vedere cose molto grandi.

Siamo errori della storia – non dovremmo neanche trovarci qui, stare pensando o facendo ciò che stiamo pensando e facendo. Siamo scarti non programmati.
Adesso è l’ora di scegliere da soli le macerie e le rovine e le scorie e gli SCARTI che vogliamo assemblare, che stiamo già assemblando – di sfuggire a questo ricordo oneroso, a questa cospicua obsolescenza, a questa specie di obbligo esistenziale (trasmessoci automaticamente: ma che non è mai esistito davvero) – di sganciarci da queste narrazioni pericolanti. Vale a dire: di vivere appieno il nostro momento, il nostro periodo (: questo), senza nostalgie importate o rimpianti imposti, di scegliere la nostra vita – E DI CAMBIARLA.
Nonostante l’infinita varietà, gli spazi possibili appartengono sostanzialmente a due categorie: quella dello spazio che vincola e quella dello spazio che libera” (Edoardo Persico). Lo spazio che vincola è antiumano per definizione, è quello che umilia e degrada l’esistenza quotidiana e il pensiero, è quello che decide di far stare male le persone e di annullare il piacere del pensiero, dell’essere-insieme, del condividere spazio e tempo; lo spazio che libera è “spazio vivente”, realmente democratico.
Il contemporaneo per me, oggi, è: un cyberpunk luminoso, mediterraneo, vitale, spontaneo; vernacolare fantascientifico; generosità; dono; cura.

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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