Il progetto ispirato al teatro di Pasolini in chiave contemporanea

Uno sguardo d’insieme sul progetto che ha riunito sei spettacoli tratti da altrettanti testi teatrali di Pasolini affidati alla cura di registi fra i trenta e i cinquant’anni

Una frase tratta dalla sezione Gennariello di Lettere Luterane è il titolo scelto dal regista e direttore artistico dell’ERT, Valter Malosti, e dal critico d’arte, storico e accademico Giovanni Agosti per il progetto dedicato a Pasolini e inserito nel palinsesto delle celebrazioni bolognesi per il centenario della nascita dello scrittore, divenuto presto una sorta di icona del mondo culturale italiano: citato, osannato ovvero censurato e, troppo spesso, per niente letto. Proprio la necessità di riscoprire la parola di Pasolini, al di là del mito e del pasolinismo agiografico tanto di moda, è alla base di Come devi immaginarmi, che mira a ridisegnare i contorni di opere certo non facili e che, nondimeno, lo sguardo “vergine” di artisti nati quando il poeta era già precocemente entrato nella mitologia contemporanea può lumeggiare in modo nuovo.
La domanda da cui Malosti e Agosti sono partiti è stata, dunque, “come le nuove generazioni ‘immaginano’ Pier Paolo Pasolini?” e, da qui, la scelta dei registi e l’abbinamento con una delle sei tragedie del corpus pasoliniano, così da giungere anche all’individuazione dei nuclei tematici che ne costituiscono il cuore più autentico e allo stesso tempo problematico: l’insufficienza della ragione, l’esiziale natura della relazione fra padre e figlio, il totalitarismo strisciante, l’amore e allo stesso tempo l’estraneità verso la vita.

Fabio Condemi, Calderón. Photo Luca Del Pia

Fabio Condemi, Calderón. Photo Luca Del Pia

I REGISTI E GLI SPETTACOLI DI COME DEVI IMMAGINARMI

Al talento emergente e vagamente weird di Fabio Condemi è toccato il debutto del progetto, nel novembre scorso, con la messinscena di Calderón, dramma composito in cui convivono reminiscenze da La vita è sogno – suggerite dal titolo che rimanda al suo autore –, ritratto della società franchista e denuncia del fascismo. Una coesistenza di piani contenutistici e linguistici maneggiati con empatica destrezza dal regista, che infonde sicura lucidità in un’opera apparentemente onirica e surreale, donando fredda eppure straziante evidenza alla sinistramente illusoria profezia finale.
E un mondo dopo la fine del mondo è quello immaginato da Giorgina Pi per la sua lettura di Pilade: un paesaggio desolato, da post-rave o, meglio, da post-apocalisse, fra carcasse di auto e roulotte, in cui si aggirano i reduci dell’Orestea. Oreste e l’amico Pilade, Elettra e la dea Atena ma, a costringerli a ripensare il senso della propria esistenza e del proprio agire, anche un gruppo di contadini-pastori. Realtà e utopia, modernità e saggezza ancestrale sono le antinomie su cui si regge uno spettacolo buio e filosoficamente denso, che indaga e interroga con integerrima determinazione tanto il testo quanto gli spettatori.

Nanni Garella, Porcile, backstage. Photo Stefano Triggiani

Nanni Garella, Porcile, backstage. Photo Stefano Triggiani

PASOLINI E IL PRESENTE

Richiama alle responsabilità individuali anche nei crimini perpetrati da uno stato, invece, Porcile, affidato alla regia di Nanni Garella e alle coreografie di Michela Lucenti, e all’interpretazione della compagnia Arte e Salute insieme ad alcuni performer di Balletto Civile. La cadenza bolognese, la verità degli attori di Garella si fondono in convincente osmosi con la drammaturgia fisica dei performer, regalando all’allestimento un inedito senso di straniamento che fa clamorosamente risaltare tanto l’ipocrisia borghese quanto le disfunzioni familiari.
Una famiglia socialmente alto-locata è anche al centro di Affabulazione, che, fra le mani del regista Marco Lorenzi – co-fondatore della compagnia Il Mulino di Amleto –, diviene una matura e misurata esplorazione nella mente di un padre incapace di lasciare spazio al figlio, un Edipo al contrario o, meglio, l’ipostasi di una generazione riluttante a lasciare spazio e potere a quella più giovane.
Di potere e autorità e della difficoltà tanto di esercitarli quanto di delegarli tratta Orgia, offerto da Gabriele Portoghese e Federica Rosellini in una lettura scenica dove la distanza con il pubblico viene annullata. L’ultima tragedia allestita, Bestia da stile, è il frutto del lavoro svolto dal regista francese Stanislas Nordey con gli allievi del corso di Alta Formazione per attori della Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro di ERT, cui è stato chiesto di confrontarsi con quella che è la più apparentemente ostica ma anche la più autobiografica fra le tragedie di Pasolini.

Laura Bevione

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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