Teatro. La Sonnambula di Barberio Corsetti incanta Roma

Mobili giganti, bambole e un orso di peluche: sognante e visionaria, va in scena “La Sonnambula” per la regia di Giorgio Barberio Corsetti. A Roma, una produzione che rilegge il fondo oscuro dell’opera belliniana oltre i virtuosismi del belcanto.

Che La Sonnambula di Vincenzo Bellini abbia a che fare con il mondo onirico e le pulsioni notturne è lapalissiano, meno noto è che quest’opera ‒ relativamente breve e nobilitata da un roboante happy ending ‒ tocchi le corde sensibili del passaggio dall’infanzia all’età adulta e quelle, perturbanti, del rimosso, che solo nei sogni trova la propria ‒ seppur mascherata ‒ potenziale espressione. Così ha pensato Giorgio Barberio Corsetti, mentre costruiva il suo allestimento ‒ in collaborazione con il Petruzzelli di Bari, dove è già andato in scena ‒ coadiuvato dalle videoanimazioni di Gianluigi Toccafondo: a un mondo notturno, dilatato e deformato, a una visione fiabesca in cui Amina ‒ la protagonista femminile ‒ si muove, passando dal sonno alla veglia e dall’ingenuità di bambina alla consapevolezza di donna.

Vincenzo Bellini, La Sonnambula. Regia di Giorgio Barberio Corsetti. Teatro dell'Opera di Roma, 2017-18. Photo Yasuko Kageyama

Vincenzo Bellini, La Sonnambula. Regia di Giorgio Barberio Corsetti. Teatro dell’Opera di Roma, 2017-18. Photo Yasuko Kageyama

UNA GIGANTESCA CASA DI BAMBOLA

Amina nel sogno vive quello che in realtà lei vorrebbe che succedesse”, spiega il regista.
In scena c’è una poltrona gigante, un cassettone altrettanto imponente, uno scrittoio molto grande, che sono le montagne popolate dal coro dei paesani, che sono anche gli abitanti del suo mondo immaginario”. A questa sproporzione onirica, che ricorda quasi le ambientazioni carrolliane di Alice nel Paese delle Meraviglie, fa da contrappunto ‒ speculare e opposta ‒ la presenza sul palco degli stessi elementi, duplicati a dimensione di mobili per una casa di bambole. Bambole che hanno ‒ e qui fa capolino l’elemento più oscuro della rappresentazione ‒ le fattezze dei protagonisti e che da questi vengono mosse, a simularne (e a rivelarne al pubblico) desideri, aspirazioni e ossessioni.
Allo stesso modo alle spalle dei cantanti, i disegni di Toccafondo ‒ con le caratteristiche pennellate ‒ sono un fondale animato che di volta in volta sintetizza le emozioni dei personaggi, accompagnandone la voce, attraverso la modulazione delle linee e dei colori.
Collaboratore assiduo dell’Opera di Roma ‒ per la quale firma le locandine dalla stagione 2014 ‒, in questo allestimento Toccafondo pare esprimersi al meglio, coniugando la sua propria vena sognante con i temi dell’opera belliniana e con le scelte di Barberio Corsetti.

Vincenzo Bellini, La Sonnambula. Regia di Giorgio Barberio Corsetti. Teatro dell'Opera di Roma, 2017-18. Photo Yasuko Kageyama

Vincenzo Bellini, La Sonnambula. Regia di Giorgio Barberio Corsetti. Teatro dell’Opera di Roma, 2017-18. Photo Yasuko Kageyama

UNA PSICHE OTTOCENTESCA

Sul podio Speranza Scapucci dirige con precisione un cast in cui spicca la bravura di Jessica Pratt (Amina) e di Valentina Varriale (la sua antagonista Lisa): il belcanto, il virtuosismo della partitura trovano uno spazio ideale nello scenario dilatato e onirico, in cui le case sono minuscole e le montagne sono fatte di arredi giganteschi. Vittima di una calunnia e per questo ripudiata alla vigilia delle nozze dal suo fidanzato, Amina dovrà dimostrare la sua innocenza come una sorta di Psiche ottocentesca: il rituale passaggio è quello della crescita, il suo sonnambulismo quasi un indugiare tra passione inespressa e fantasie di bambina. E se è quasi ovvio che alla fine della rappresentazione Amina ‒ ormai donna ‒ abbandoni le sue bambole, ed è apprezzabile il divertissement dell’orsacchiotto gigante, che appare tra primo e secondo atto, una delle scene più belle firmate da Barberio Corsetti è quella della prima apparizione della sonnambula: teatrale e inquietante nella sua veste candida, mentre canta sulla cima del mobile, fiabesca quando, scendendo, scompare, per poi riapparire da uno dei cassetti.

Maria Cristina Bastante

www.operaroma.it

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