Arte e musica. Intervista al songwriter dark folk Jonathan Hultén 

Estetica gotica e vittoriana nei suoni e nelle illustrazioni dello svedese Jonathan Hultén, protagonista del nuovo appuntamento della rubrica SIlver Walk of Muses

Jonathan Hultén è un songwriter dark folk e illustratore grafico svedese. Quando è ancora chitarrista nella band death metal Tribulation, con cui ha vinto un Grammy in Svezia, pubblica nel 2017 il suo primo EP solista The Dark Night of the Soul, ma il vero album di debutto, Chants from Another Place, viene pubblicato nel 2019 per l’etichetta inglese Kscope. Alla fine dell’anno seguente, Jonathan lascia la band per dedicarsi completamente alla sua carriera solista. La sua ispirazione principale viene dalle composizioni folk a cappella della sua terra e dai canti medievali, che ritroviamo nelle derive folkeggianti sepolcrali, ma molte sono le diverse influenze musicali di cui si nutre, come blues, grunge, classica ed elettronica. Natura, arte, spiritualità e contemplazione attraversano un profondo viaggio interiore in un luogo “altro”, senza tempo. Un viaggio mistico accompagnato da chitarra acustica minimalista e armonie vocali perfette, dove l’oscurità della notte si alterna alla quiete del giorno, reso ancora più evocativo dalle immagini video, vere e proprie sessioni live registrate dentro la foresta, e dalle animazioni grafiche disegnate dallo stesso Hultén – che ricordano l’illustratore inglese dell’Art Nouveau Aubrey Beardsley – e alle correlate poesie di The Forest Sessions, album e DVD pubblicati nel 2022. Il primo inevitabile rimando sonoro è Pink Moon del cantautore inglese Nick Drake. La grazia e l’attenzione al dettaglio si evincono anche nella sua presenza scenica: la ritualità con cui dedica personalmente le ore prima di ogni esibizione al particolare make-up e alla vestizione in abiti gotico-vittoriani, sono un prezioso momento di transizione esterna e interna dalla persona all’artista. Hultén, che poco prima della pandemia doveva andare in tour con la songwriter dark americana Chelsea Wolfe, si è esibito in Scandinavia a novembre con la norvegese Sylvaine, e sarà ospite speciale della danese Myrkur nel tour Europa/UK che toccherà anche l’Italia con la data milanese del 14 aprile.  

Jonathan Hultén. Photo Helena Aguilar Mayans
Jonathan Hultén. Photo Helena Aguilar Mayans

Intervista a Jonathan Hultén 

La tua definizione di arte. 
In generale, si potrebbe dire che tutto ciò che fa vivere un’esperienza artistica potrebbe essere considerato arte, soprattutto se inquadrato come tale. Inoltre, dal punto di vista della musica e dell’illustrazione, suggerirei che l’arte è qualcosa che viene creato direttamente dal cuore di chiunque – il risultato dell’espressione di se stessi in modo pieno e completo. La prima definizione di arte comprende potenzialmente tutto, mentre la seconda descrive un’opera in cui si riflette profondamente la vita interiore del suo creatore. Entrambe sono soggettive e non si escludono a vicenda, quindi forse possono essere considerate due facce della stessa medaglia. 

La tua definizione di musica.  
Direi che qualsiasi suono può essere considerato musica se presentato sotto una certa luce. La musica è una collezione di suoni assemblati e organizzati in modi e schemi specifici nel tempo. La parte misteriosa è che in questa collezione di suoni troviamo emozioni e significati. Anche i suoni di tutti i giorni, come il tintinnio dell’argenteria o una voce che parla, possono dare un senso di atmosfera, contenere ritmo e note musicali. In altre parole, la musica (e l’ispirazione per la musica) può essere trovata ovunque.

Ti definisci un “artista”?  
Secondo la mia prima definizione di arte, sì. Il punto fondamentale è che siamo tutti potenziali artisti in senso generale. Secondo la mia seconda definizione di arte, no; ma diventarlo, anche se momentaneamente, è un obiettivo costante durante la creazione. Ai miei occhi, essere in grado di esprimersi al meglio è quasi un ideale implicito che accompagna ogni atto creativo. Pertanto, essere un “artista” potrebbe essere visto come uno stato d’animo non permanente, come un obiettivo elevato a cui tendere. 

L’opera di arte visiva che più ami.  
Di recente continuo a tornare a Kawase Hasui (pittore e disegnatore giapponese, 1833-1957 N.d.R.). La texture del supporto conferisce agli scenari un carattere distinto, con una sensazione onirica e in qualche modo “accogliente”. La pace e la tranquillità di queste stampe sono ineguagliabili, e trovo che sia molto rilassante guardarle di tanto in tanto. 

La canzone che più ami. 
La canzone che amo di più in questo momento è Egress di Drab Majesty. Mi mette sempre di buon umore, un’atmosfera che, se tradotta in parole, trasmetterebbe qualcosa come “il mondo è un posto magico e tutto è possibile“. È una musica che infonde speranza. 

I tuoi recenti progetti. 
Attualmente sto registrando il mio secondo album completo, un progetto di tipo full immersion. Mi piace fare cose del genere, vivere e respirare un progetto al 100% fino alla sua conclusione. Lo scorso dicembre ho anche pubblicato un singolo intitolato The Well. Spero che usciranno altri singoli. 

Un ricordo della tua vita. 
Nel 2012 avevamo organizzato un pranzo al museo d’arte locale. Dopo aver bevuto troppo caffè, decisi di fare una passeggiata e di dare un’occhiata alla mostra. Per la prima volta ho vissuto una visita al museo davvero emozionante e stimolante, che ha aperto qualcosa dentro di me. Era come se tutte le opere d’arte comunicassero attraverso le loro espressioni. In seguito ho scritto una piccola canzone, mai pubblicata ufficialmente, un bel ricordo di questa esperienza artistica che ha aperto le mie visioni. 

Samantha Stella 

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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