Valley of the Gods. Nuovo lavoro per il regista e pittore Lech Majewski

Un film da grande, grandissimo schermo. Un viaggio nella tradizione di popolo ai margini, quello dei Navajo, raccontato da Lech Majewski con grande rispetto e dignità. Un film in cui convivono tre storie che si incontrano e scontrano tra loro guidate dalla passione, dall’arte e dall’assurdo della vita. Al cinema dal 3 giugno.

Da un lato il benessere occidentale e dall’altro la tradizione Navajo. Il regista Lech Majewski racconta lo scontro tra questi due miti in Valley of the Gods nelle sale italiane del 3 giugno e distribuito da CG Entertainment in collaborazione con Lo Scrittoio. “Wes Tauros non ci prenderà la terra. I nostri Dei non lo permetteranno”. Potrebbe essere questa una frase semplificativa del film. Un film in cui chi ha il potere ne vuole sempre di più e chi non lo ha si fissa degli obiettivi, dei sogni per andare avanti. Valley of Gods incrocia tre storie quella dell’uomo più ricco sulla faccia della terra e collezionista d’arte, quella di un giovane scrittore in crisi e infine quella di un’ancestrale leggenda navajo. Fanno parte del cast John Malkovich e Josh Hartnett.

Keir Dullea, John Malkovich VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

Keir Dullea, John Malkovich VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

ARTE, AMORE E POVERTÀ

Valley of the Gods,scritto e diretto da Lech Majewski,è un racconto cinematografico e filosofico della vita. Mostra attraverso tre storie l’assurdo, l’assurdità della vita da più punti di vista. Un’esperienza visiva, emotiva e di linguaggio (che lascia anche molto spazio al silenzio e alle reazioni). Wes Tauros (interpretato dal sempre perfetto John Malkovich) è l’uomo più ricco sulla terra, è un collezionista d’arte, e vive nascosto dal mondo in un misterioso palazzo, conservando un segreto che lo tormenta. John Ecas (Josh Hartnett), dopo una separazione traumatica dalla moglie, inizia a scrivere la biografia di Tauros e accetta un invito nella sua dimora. La società a cui fa capo il magnate estrae uranio e ha deciso di scavare anche nella Valle degli Dei, violando così una terra sacra. Infatti, secondo un’antica leggenda Navajo tra le rocce della Valle sono rinchiusi gli spiriti di antiche divinità. Non è solo il ricco che va contro il meno abbiente, ma è la prepotenza che si scaglia contro il valore della tradizione. Dal Grand Canyon alla Fontana di Trevi Valley of the Gods è un dipinto immenso che racchiude al suo interno contraddizioni umane, passioni, arte e memoria. Il film è stato girato, appunto, tra lo Utah, Los Angeles, Roma e i castelli della Polonia.

Josh Hartnett VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

Josh Hartnett VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

I NAVAJO RACCONTATI DA UN BIANCO

L’elemento più interessante del film, come suggerisce il titolo stesso, è la Valle degli Dei e i sui abitanti, i Navajo. Di loro il regista in conferenza stampa ha raccontato: “I Navajo sono continuamente proiettati verso gli spiriti dei loro antenati. E in tutto ciò che osservano ne colgono i significati, quello che si nasconde. Nonostante le condizioni di disagio in cui vivono, hanno una vita interiore ricchissima, che li rende persone sempre in pace e in armonia. Con questo film ho infatti desiderato creare uno scontro tra il cinema commerciale, con la sua cultura pop che spesso abusa degli effetti speciali facendone quasi una pornografia, e la mitologia antica. E l’ambientazione scelta per il lussuoso castello con il maggiordomo, ad esempio, è un chiaro riferimento a Batman e al suo rapporto con Alfred”. La loro storia che qui racconta Lech Majewski assume le sembianze di un’opera d’arte, mantenendosi ben distante dal film commerciale ma diventando ricerca di stile e di ricostruzione e restituzione di dignità nei confronti di un popolo ai margini. I Navajo vivono in completa povertà e al principio sono stati riluttanti a parlare con il regista. Ma secondo il racconto dello stesso, sono ora orgogliosi del risultato e contenti che un bianco abbia raccontato una storia dalla loro prospettiva. La Valle degli Dei è un’autentica perla nascosta dello Utah, non lontanissima da Los Angeles dove vive il regista. I Navajo sono i cosiddetti vicini di casa di persone ricchissime che vivono quindi nella Silicon Valley, a Las Vegas, a Hollywood e a Palm Springs.

Berenice Marlohe, John Malkovich VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

Berenice Marlohe, John Malkovich VALLEY OF THE GODS dir. Lech Majewski

LECH MAJEWSKI PRIMA DI VALLEY OF THE GODS

Quando stavo scrivendo e producendo Basquiat ho intervistato alcuni dei miliardari più famosi degli USA, e ciò che più mi aveva colpito è che, nonostante abbiano una marea infinita di possibilità, vivono blindati in gabbie dorate, impauriti e protetti da un mondo esterno pieno di pericoli. E gli unici con cui hanno rapporti costanti, sono i loro collaboratori”, ha raccontato il regista che in questo suo nuovo film non lascia nulla al caso e porta con sé i temi a lui cari e che, come un vero percorso, legano l’autore alla sua filmografia e allo spettatore più fedele. Lech Majewski è poeta, pittore, scrittore, compositore e produttore, oltre ad essere regista. Nel suo percorso non si è quindi solo dedicato al cinema e ogni volta che ha potuto o ne ha avuto necessità ha unito più passioni portando così la grande arte sullo schermo. Portano la sua firma e impronta, tra gli altri, il su citato Basquiat, basato sulla vita dell’artista Jean-Michel Basquiat, morto per overdose di eroina; The Garden of Earthly Delights, ispirato al celebre trittico di Bosch; I colori della passione, che racconta di come il pittore Pieter Bruegel concepisca e realizzi la tela sulla passione di Cristo; Onirica, visionaria storia d’amore basata su una lettura contemporanea de La Divina Commedia. Cinema e arte sono per Lech Majewski un connubio assai importante e fondamentale, con delle radici solide e che risalgono ai suoi anni più spensierati: “Quando da ragazzo studiavo per diventare pittore, ero rimasto impietrito davanti alla Tempesta, il dipinto del Giorgione esposto alla Galleria dell’Accademia di Venezia. Avevo provato la stessa sensazione al cinema per una scena di Blow Up. Ho pensato che se Giorgione fosse stato ancora vivo sarebbe stato Michelangelo Antonioni. Così mi è scattata la scintilla che mi ha fatto scegliere d’iscrivermi alla scuola di cinema”.

– Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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