A Milano un convegno sulla storia delle sale cinematografiche. Intervista agli organizzatori

Al Politecnico di Milano un appuntamento che ripercorre la storia delle sale cinematografiche, analizzando ciò che nel tempo hanno rappresentato per il pubblico e per il territorio locale.

In occasione di Arch Week Milano (fino al 26 maggio 2019) al Politecnico di Milano si svolge il convegno Le sale cinematografiche milanesi: storia, evoluzione, attualità, durante l’intera giornata del 23 maggio, concludendosi con una serie di proiezioni alla Manifattura Tabacchi di viale Fulvio Testi 121. L’appuntamento nasce da un gruppo di ricercatori e studiosi con l’intento di far luce sul tema delle sale cinematografiche, sulla loro storia e su ciò che nel tempo hanno rappresentato per il territorio e per il pubblico, non solo come momento di consumo, ma anche di aggregazione sociale. Loro sono Giovanna D’Amia (Professore di storia dell’architettura al Politecnico di Milano), Elena Mosconi (Professore di urbanistica all’Università di Pavia), Eleonora Roaro (Ricercatrice all’Università di Udine) e Luca Tamini (Professore di urbanistica al Politecnico di Milano) e, in questa intervista corale, ci hanno parlato degli argomenti trattati al convegno.

Qual è il precedente storico da cui traete ispirazione?
Nel 2005 allo Spazio Oberdan si tenne il convegno Cine-Città. I luoghi del cinema nello spazio metropolitano, i cui atti furono pubblicati sulla rivista Territorio del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano. Oggi, a distanza di più di dieci anni, si vuole fare il punto sulla situazione.

Qual è l’obiettivo di questa iniziativa?
L’obiettivo del convegno è radunare coloro che hanno fatto (o stanno facendo) ricerca su questo tema e far convergere le specificità di sguardo e disciplinari in un confronto prismatico. Le sale cinematografiche hanno interessato infatti storici dell’architettura, urbanisti, storici del cinema, sociologi, studiosi di audience studies, artisti, storici di Milano e altro.

Cos’è la sala cinematografica?
La sala cinematografica è stata (e per certi versi è ancora) un luogo che risponde a numerose funzioni, che vanno oltre la semplice visione di un film. Sono luoghi che esprimono in vari modi l’identità urbana; sono spazi che rispondono a un’idea di città che nel tempo si è necessariamente trasformata, oltre ad essere espressione di un’arte “commerciale”, come il cinema, pertanto soggetti a forti processi di trasformazione e ridefinizione.

Da dove parte questa ricostruzione storica?
L’idea di aggregare dei pubblici in particolari ambienti è già molto evidente negli anni Trenta, quando la sala costituisce un luogo complementare alla piazza, in cui si determina la produzione del “consenso” politico (si pensi all’obbligo di proiezione del cinegiornale Luce durante il fascismo) e la creazione di un immaginario condiviso (che guarda soprattutto agli Stati Uniti, dove si producono i fenomeni più interessanti di divismo).

E poi cos’è successo?
Negli anni Cinquanta, dopo la forte ripresa del dopoguerra, la sala cinematografica diventa un luogo di riconoscimento sociale, ratificato non solo dalla forte concentrazione dei locali lungo il Corso Vittorio Emanuele, ma anche dalle numerose cerimonie che vi si svolgono, in occasione delle prime cinematografiche e di altri eventi “mondani”.

Da lì c’è stata un’ulteriore evoluzione?
L’ulteriore trasformazione delle sale tiene conto dell’evoluzione del “prodotto film” che, come è noto, perde nel corso degli anni Sessanta la centralità nei consumi di spettacolo, e determina una decadenza delle sale, fino a stagioni purtroppo note, come quelle delle luci rosse e della chiusura e trasformazione delle sale storiche.

Cos’è accaduto in seguito a queste evoluzioni?
A seguito delle trasformazioni dell’industria cinematografica e delle dinamiche del mercato urbano, negli ultimi decenni molti cinema monosala milanesi hanno dovuto chiudere o trasformarsi radicalmente, comportando la perdita di un patrimonio architettonico rilevante e strettamente legato alle vicende dell’architettura italiana del Novecento.

E oggi?
Oggi, molte sale risultano dismesse e abbandonate, ma allo stesso tempo costituiscono spazi disponibili a ri-funzionalizzazioni e nuove ipotesi progettuali, anche nell’ottica della tutela delle sale storiche e d’essai, promossa dalla nuova Legge Cinema n. 220/2016, orientata alla dichiarazione di interesse culturale, al fine di favorirne la conservazione e la valorizzazione attraverso il vincolo di destinazione d’uso.

Qual è il pensiero degli organizzatori in merito a questo processo?
Il cinema è tutt’altro che morto, anzi, fruiamo più immagini che mai; si sono però moltiplicati i modi in cui ciò accade e, se si vuole, si ha molta più possibilità di scelta rispetto anche solo agli anni ’90 perché non si è più legati ad un palinsesto scelto da altri. È cambiato il modo di stare al cinema e il ruolo che questi luoghi hanno all’interno dello spazio urbano e della comunità. Non si vuole dare un giudizio di valore, ma sottolineare un cambiamento costante e invitare a un atteggiamento critico verso il nostro rapporto con i media.

Potreste spiegarvi meglio?
Oggi si presta più attenzione alla qualità della fruizione e ci sono alcune sale cinematografiche molto attente alla qualità della programmazione. Sarebbe per gran parte delle persone insopportabile trovarsi in una sala di terza visione della fine degli anni ’40 in cui spesso non c’erano abbastanza posti a sedere per tutti (e quando c’erano, erano spesso scomode sedie di legno), si fumava, si parlava ad alta voce, lo schermo era piccolo e l’audio non spazializzato. Ma era l’unico modo all’epoca in cui si potevano fruire i film ed era una forma di intrattenimento popolare, a basso costo. Era ciò di cui si parlava il giorno dopo a lavoro o a scuola.

Il programma si conclude con la proiezione di due documentari.
Non volevamo parlare del cinema in maniera astratta, ex cathedra, e perdere di vista una delle ragioni per cui questo tema ci sta tanto a cuore: ovvero il piacere di stare al cinema. L’ultima sessione del convegno, a partire dalle 20.30, si sposta al MIC – Museo Interattivo del Cinema in viale Fulvio Testi 121.

Quali sono e di cosa trattano?
Sono Mexico! Un cinema alla riscossa (2017) di Michele Rho, un ritratto di Antonio Sancassani, il gestore del cinema Mexico, tra i pochi monosala rimasti in città. Era la città dei cinema (2010) di Claudio Casazza, invece, è un viaggio nella memoria e nel presente della città di Milano. Attraverso una serie di interviste, il film racconta che cosa erano i vecchi cinema milanesi ora chiusi e cosa hanno rappresentato per più di una generazione.

-Giulia Ronchi

Le sale cinematografiche milanesi: storia, evoluzione, attualità
Dalle 9 alle 23
Giovedì 23 maggio 2019
Politecnico di Milano – Aula Magna
piazza Leonardo da Vinci 32
Milano

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

Scopri di più