I 13 volti dell’arte e di Cate Blanchett nel film Manifesto, in programma al Milano Film Festival

Al Milano Film Festival la tradizione dei manifesti artistici e letterari dei protagonisti delle avanguardie storiche viene raccontata in 13 curiosi monologhi interpretati da Cate Blanchett. Si chiama “Manifesto” il film che ha conquistato e fatto sorridere il pubblico del Sundance Film Festival e che si presenta come un omaggio al mondo dell’arte.

Quanti volti ha l’arte? Quanti volti ha Cate Blanchett? Quanti volti ha Manifesto? In anteprima mondiale al Sundance Film Festival e in anteprima nazionale al Biografilm di Bologna, le 13 diverse “storie” di Manifesto arrivano al Milano Film Festival, stagione 22. L’arte dovrebbe essere rivoluzionaria, invadente, riflessiva e perché no, pericolosa: i 13 monologhi, interpretati dal Premio Oscar (Migliore attrice) per Blu Jasmine Cate Blanchett, hanno come protagonisti un barbone, un’economista, una madre, una operaia, una insegnante e molto altro ancora. Sono storie comuni che prendono ispirazione da cartelli pubblicitari, da quella pubblicità contemporanea considerata arte e realizzata da grandi nomi del settore, che prende vita nelle mani dell’artista e regista Julian Rosefeldt.

UN MANIFESTO ARTISTICO CONTEMPORANEO

Il Manifesto del Partito Comunista raccontato da un homeless, i motti dadaisti recitati da una vedova a un funerale, il Dogma 95 descritto da una maestra ai suoi alunni e così via: Cate Blanchett è il volto e il corpo di 13 personaggi diversi, ognuno posto in uno scenario in cui ad essere celebrate sono le correnti artistiche, i manifesti delle grandi arti. Manifesti e pubblicità assumono in questo film una accezione per nulla commerciale. Sono parole messe nero su bianco che richiamano ad una precisa identità, corrente, movimento artistico. Sono monologhi che celebrano la tradizione, tipica del ‘900, dei manifesti letterari. Julian Rosefeldt prende quelle parole e trova loro un collocamento attuale e sociale. Sono le parole immortali di artisti e pensatori che hanno visto e reso grande il mondo e universale l’arte. Artisti che con quelle parole hanno descritto in modo impeccabile il presente. Manifesto si pone a sua volta come un proclama di pensieri e opinioni, di parole e osservazioni, di indicazioni e “regole” che raccontano a tutto il pubblico, di ogni lingua e di ogni paese, ciò che è cambiato e ciò che non cambierà mai.

UNA INSTALLAZIONE, UN FILM

Come un’installazione, Manifesto può dare l’impressione di essere un attacco quasi antropologico o politico. Ha qualcosa da comunicare e da dire, da urlare, e lo fa senza alcuna remora e senza inciampare in luoghi comuni. Si pone solo come specchio di una tradizione viva per alcuni versi anche oggi. Come un film, è un esercizio intellettuale molto elaborato, perfetto e concettuale in ogni dettaglio tecnico. Manifesto è un film installazione, una forte scossa, chiara, di liberazione. Lo dice anche la stessa Cate Blanchett: “È raro che tu sia seduto nel cinema e sia permesso al tuo cervello di rilassarsi e comprendere gratuitamente quello che vedi sullo schermo. In genere sei spinto da un punto narrativo ad un altro punto narrativo che ti indicono alla fine. E non è questa esperienza”. Manifesto è quindi una analisi critica della storia, della politica, dell’arte e delle loro diverse interazioni nel corso del XX secolo. Non è un film che ha una trama vera e propria, ma garantisce humor e provocazione, non solo intellettuale

– Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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