Specchi angelici. Matteo Fato per Arteparco

Il 14 luglio ha inaugurato la seconda edizione di Arteparco, nel Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise Abruzzo. Stavolta il protagonista è Matteo Fato.

La prima legge sul paesaggio venne emanata per volere del filosofo Benedetto Croce, in tal misura l’Italia può vantare il primato di Stato europeo dotato di una norma di tutela a favore delle bellezze naturali affinché fosse posto “finalmente, un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più̀ note e più̀ amate del nostro suolo”.
Nel 1923 nasceva così il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise che, insieme a quello del Gran Paradiso, avrebbe costituito il modello per le successive aperture di parchi antropizzati. All’interno di questo splendido luogo sono custodite cinque faggete. (Specchi angelici), opera ideata da Matteo Fato (Pescara, 1979) e accompagnata da una riflessione filosofico-estetica di Gianni Garrera, si insedia su una collina alle pendici della faggeta di Coppo del principe, l’antica riserva di caccia dei Savoia dove si braccava l’orso marsicano, ora specie protetta e simbolo stesso di questo territorio. Il contributo consiste in tre cavalletti, distribuiti in modo da rivolgersi in prospettiva verso porzioni diverse di terra e cielo, e circondati da una florida distesa di cardi silvestri. La pittura rappresenta per Fato una lente di ingrandimento sulla realtà e ci dona un intervallo, una pausa per riflettere sull’esistenza.

ANGELI E SPECCHI

Gianni Garrera, filologo, drammaturgo, musicologo e traduttore di Kierkegaard, spiega l’origine del titolo (Specchi angelici). Secondo la tradizione patristica si ritiene che le intelligenze angeliche non possano vedere direttamente il creato e si servano dell’arte realizzata dall’umanità come una mediazione, uno specchio per congiungersi con la realtà.
Se il cavalletto manca del dipinto, il pittore vuole ritrarsi di fronte alla magnificenza della natura. Dio si è ritirato per far posto al mondo secondo la tradizione ebraica, ha condotto un’abdicazione rispetto alla natura. I tre cavalletti sono specchi per le allodole: la cornice permette di intrappolare le intelligenze angeliche, l’uomo è giardiniere dell’Eden ma ogni suo intervento si rivela micidiale“.

Matteo Fato, Arteparco 2019. Photo Piero Calvarese

Matteo Fato, Arteparco 2019. Photo Piero Calvarese

PITTURA E CAVALLETTO

Non è la prima volta che Matteo Fato sceglie il cavalletto come soggetto artistico, Il primo venne realizzato nel 2011 per una mostra a Urbino, presso la Casa di Raffaello dal titolo (Osservando la Parola). La leggenda sul ritrovamento del cavalletto del maestro cinquecentesco, capace di congiungere disegno fiorentino e colore veneto, soavità e grazia, non ha potuto non ispirare Matteo Fato, legato alla città di Urbino dagli anni dell’accademia. Questa sarà l’ultima volta in cui l’artista attingerà dall’idea del cavalletto, la natura triplice è dovuta al desiderio di riprodurre le esperienze precedenti. Il legno di betulla viene invece utilizzato perché molto resistente e rappresenta un materiale a cui l’artista è affezionato.
Dipingere è una responsabilità, perché metti al mondo un’immagine che non esiste. A volte l’atto del non creare è più importante del creare“, così il pittore decide di compiere un atto di umiltà: non dipingere il paesaggio silvano ma lasciarlo scorrere attraverso i portali, le finestre albertiane create dai vani dei cavalletti.
Nella parentesi di un’atipica passeggiata all’interno del parco, Fato considera e interroga il ruolo della pittura nell’esistenza umana e lascia che siano le immagini a invadere la mente dell’artista.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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