Rinascere come una farfalla. La metamorfosi nella videoarte in una mostra a Torino 

Venti artisti internazionali affrontano i temi del cambiamento e della speranza usando la farfalla come simbolo di metamorfosi. Negli spazi di Flashback Habitat le opere della Collezione Videoinsight® uniscono arte e terapia in un percorso di rinascita

Oltre a essere il più bell’insetto al mondo, la farfalla è simbolo di trasformazione, rinascita, libertà e impermanenza. Il suo volo è una metafora dell’anima che attraversa la materia, del dolore che può farsi leggerezza. Invece di intrappolarla su tela, come fa il sempre “giovane British artist” Damien Hirst, la filantropa, mecenate e collezionista d’arte contemporanea Rebecca Russo le dedica una mostra omaggio, Butterfly, che lei stessa cura per Flashback Habitat, a Torino, invitando venti rinomati artisti la cui ricerca attraversa il linguaggio del video come pratica di introspezione e di catarsi

Le opere della Collezione Videoinsight® 

Le opere provengono tutte dalla sezione video dell’ampia Collezione Videoinsight®, nata come un laboratorio visivo dentro cui elaborare un metodo messo a punto dalla stessa Russo e ora promosso da Videoinsight Foundation – ETS, fondazione del terzo settore di cui Russo è fondatrice e presidente. Si tratta di un metodo originale che integra arte contemporanea, psicologia e scienza a fini terapeutici che, riconosciuto a livello internazionale, viene applicato in contesti terapeutici e sociali in Italia e all’estero. In questo senso, anche Butterfly non è soltanto una mostra, ma costituisce un dispositivo di trasformazione interiore, una costellazione di immagini che agiscono sullo spettatore come stimoli di consapevolezza e, volendo, di cura. 

Hans Op De Beeck, Parade
Hans Op De Beeck, Parade

“Butterfly” mette in mostra la speranza a Torino 

L’ambientazione a Flashback Habitat, ex brefotrofio torinese e luogo di accoglienza per madri e bambini fino agli anni Ottanta, amplifica questo effetto e fa da cassa di risonanza di una memoria del dolore, della nascita, della separazione e della cura che risuona, anche metaforizzata, in alcuni dei video esposti nella nuova sala cinematografica e nel parco di Flashback. La rassegna tesse una trama sotterranea, un campo di forze che lega il passato, là dove abitano i traumi, alla possibile e auspicata rinascita in un presente liberato grazie alla catarsi estetico-psicologica. Tra le opere più intense, Parade (2012) di Hans Op De Beeck (Tournhout, 1969) che trasforma una sfilata di variegate figure umane in un viaggio simbolico dentro il tempo sospeso dell’esistenza: un teatro lynchiano dove le vite scorrono come presenze fugaci, allucinazioni o potenti ricordi. 

“Butterfly” nelle parole della curatrice Rebecca Russo 

Come scrive Russo nel ricco apparato di testi che non parlano il “critichese” consueto e interpretano ciascun video usando un’ermeneutica esistenziale e psico-logica: “Ogni passo ci forma, ci cambia, ci rivela. Viaggiamo dentro le nostre emozioni, attraversiamo paesaggi interiori, impariamo a perdere, a scegliere, a ricominciare. Ogni errore è una tappa. Ogni amore è una stazione. Ogni dolore è una curva da superare. E alla fine, non conta quanto lontano siamo arrivati, ma quanto abbiamo vissuto davvero lungo il cammino”. E proprio per vivere davvero serve liberarsi di molti orpelli che appesantiscono il nostro esistere. Alcuni di questi sono esemplificati in video come My love is an anchor (2004), in cui Kate Gilmore (Washington, 1975) si immerge nel cemento fino a restarne prigioniera e si fa simbolo incarnato di chi lotta per liberarsi dalle proprie dipendenze affettive e materiali. 

Credits Marcello Maloberti
Credits Marcello Maloberti

Isolamento, cura e relazioni nella videoarte di “Butterfly” 

Singspiel (2009) di Ulla von Brandenburg (Karlsruhe, 1974) mostra l’incomunicabilità come assenza di empatia: corpi separati da vetri trasparenti che non riflettono più il mondo, ma lo isolano; nel video Getting too old to die young (2008) Michael Fliri (Tubre, 1978) rappresenta, invece, la coazione a ripetere, quella trappola dell’Io che impedisce ogni evoluzione. Nel paesaggio ghiacciato e vulcanico islandese, con Glimà (2008) i Masbedo (Nicolò Massazza, Milano, 1973; Iacopo Bedogni, Sarzana, 1970) mettono in scena la danza tossica di una coppia il cui amore è ridotto a legame di potere e sottomissione. La nostra condizione è, dunque, un po’ quella di Polina Kanis (San Pietroburgo, 1985) che nel suo video Eggs (2010) accoglie e “salva” decine di uova che cadono dal cielo: un gesto ripetitivo che diventa metafora del prendersi cura di ciò che è fragile. Anche l’ironia poetica di Sissi (Bologna, 1977) ci tocca: in fondo, siamo tutti un po’ come Daniela ha perso il treno (1999), intenti a combattere il peso delle nostre abitudini e paure. La gonna-pneumatico che l’artista indossa e che le impedisce di salire sul treno delle opportunità è barriera e protezione, ma anche zavorra e corazza. 

Verità e bellezza in mostra a Torino 

Per volare come farfalle”, sostiene Russo, “occorre avere il coraggio di far cadere il bagaglio del passato per andare incontro al futuro”. Serve, dunque, una catarsi. Ed è lei la protagonista di Blitz (2012) di Marcello Maloberti (Codogno, 1966): quella “verità che brucia e poi cura”, scrive Russo. In 1969 di Goldschmied e Chiari (Sara Goldschmied, Vicenza, 1975; Eleonora Chiari, Roma, 1971) si giunge come a una conclusione: la sfioritura (e ri-fioritura) di un grande mazzo di fiori, ripreso in time-lapse e inquadrato in close-up, è resa ciclica ed eternata grazie alla semplice tecnologia del loop. Un memento mori che suggerisce l’eterno ritorno della bellezza. Bellezza in cui Fabrizio Passarella (Contarina, 1953) invita a immergersi con due video: Il giardino rabescato (2013–2016) e Sogni (2022–2025), in cui scorrono lunghe carrellate di simboli religiosi e spirituali, così come di visioni futuriste e immagini oniriche, tutte sospese su eteree colonne sonore composte dall’artista. 

Cheryl Pope, Stacks, 2010, still from hd video
Cheryl Pope, Stacks, 2010, still from hd video

Mutamento e metamorfosi: anche il video è una farfalla 

La vita è un giardino – spiega la curatrice – da coltivare giorno per giorno. Ogni pensiero è un seme, ogni gesto un’annaffiatura, ogni scelta un raggio di sole o un’ombra. Vi sono stagioni di fioritura, in cui tutto sembra possibile, e stagioni di gelo, in cui sembra che nulla cresca. (…) Se coltivi gentilezza, avrai fiori. Se nutri rancore, cresceranno spine. Se proteggi i sogni, germoglieranno nuovi inizi. Non tutto è sotto il nostro controllo: ci saranno tempeste, parassiti, inverni improvvisi. Ma la cura resta la risposta”. Una risposta che in Butterfly avviene attraverso l’arte dell’immagine in movimento, quella che non illustra, ma rivela, sospende il tempo, amplifica il respiro, apre varchi di senso. L’immagine in video si dissolve e rinasce, come la farfalla, che nel suo mutare ci ricorda che l’arte, come la vita, è un continuo atto di metamorfosi e ci educa, volendo, alla leggerezza che nasce dal dolore. E si fa, infine, bellezza. 

Nicola Davide Angerame 

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Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame è filosofo, giornalista, curatore d'arte, critico della contemporaneità e organizzatore culturale. Dopo la Laurea in Filosofia Teoretica all'Università di Torino, sotto la guida di Gianni Vattimo con una tesi sul pensiero di Jean-Luc Nancy, inizia la collaborazione…

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