Fanno 4 gradi a un’ora da Milano. Si chiama “Valle del freddo” ed esiste davvero
Per fuggire dalla canicola della città, ecco il posto giusto per una gita fuori porta in giornata. Siamo alle spalle del Lago di Endine, in un posto “mitico” in cui soffia aria gelida anche d’estate grazie a un curioso fenomeno naturale…

Anche voi, come molti altri milanesi, morite dal caldo di questi giorni ma non potete ancora andarvene al mare? Ecco la soluzione: una gita alla Valle del Freddo. Un sabato o una domenica alternativi, da passare in mezzo alla natura a poco più di un’ora di macchina da Milano. Ma soprattutto… (quasi) al fresco! Si, perché il nome non inganna: la Valle del Freddo si chiama così a causa di un curioso fenomeno naturale, che crea leggendarie correnti di aria fredda – anzi gelida, visto che raggiungono una temperatura al suolo anche di 4 gradi – costanti tutto l’anno. Anche d’estate. Continuate a leggere per scoprire la storia di questo posto incredibile e dove e come visitarlo.
L’origine preistorica della Valle del Freddo in Lombardia
Tutto comincia milioni di anni fa, quando qui – siamo in una piccola area della Val Cavallina, alle spalle dei laghi di Endine e di Gaiano, in provincia di Bergamo – c’era il mare. Il Mare della Tetide, che si caratterizzava per acque estremamente calde e ricchissime di sali minerali, da cui emergevano alcuni isolotti. Risultato: i poveri pesci che finivano in questi luoghi ne rimanevano soffocati, a causa della mancanza quasi totale di ossigeno. Pesce morto (e putrefatto) dopo pesce morto, anno dopo anno, i cadaveri si depositarono sul fondo del mare. Formando un fittissimo strato.
… Qualche milione di anni dopo, con le acque ormai ritirate, si è cominciato a estrarre qui un particolare tipo di roccia calcarea: il calcare di Zorzino. Ancora oggi, se si prendono due pietre e le si strofinano una contro l’altra, si sente un certo odore di pesce. Il passato è ancora nelle viscere del luogo.

L’ecosistema della Valle del Freddo e il suo delicato equilibrio
La Riserva della Valle del Freddo è un vero miracolo della natura, che si mantiene in equilibrio solo grazie all’azione di bilanciamento operata dai suoi abitanti sia vegetali, sia animali. Purché l’uomo la rispetti.
Appena ci si addentra nei suoi sentieri subito si notano un albero molto particolare: il pino silvestre. La sua funzione è precisa quanto le sue caratteristiche. È infatti un soggetto “preparatore”, che agevola il terreno a ricoprirsi di nuova e variegata vegetazione. Con le sue fronde rade fa penetrare la luce, permettendo lo sviluppo di un fitto sottobosco. Risultato: le piante messe qui anni e anni fa, dopo aver favorevolmente aiutato la crescita di nuove e più robuste specie si faranno da parte. Spesso addirittura morendo. Colpa anche di un insetto molto ghiotto delle sue foglie, che divora privando il vegetale di mezzi di sostentamento. Si tratta della Processionaria: un bruco chiamato così perché scende in processione dagli alberi. Tuttavia, la natura ha pensato anche a un modo per ridurre l’impatto di questi animaletti, introducendo nell’ecosistema della Valle anche un altro insetto che mangia la Processionaria. La Formica Rufa. Così, la Valle del Freddo mantiene l’equilibrio del suo ecosistema unico.
Il miracolo della Valle del Freddo
Arriviamo dunque al punto: al fenomeno “miracoloso” delle temperature alpine, che scendono addirittura a 4 gradi fino a un metro dal suolo anche in estate. In autunno, l’acqua piovana penetra sotto le fessure tra le rocce e lo stesso fa l’aria gelida dei venti che si soffiano nella Valle. Si forma un strato profondo di ghiaccio, che raffredda le pietre sovrastanti. Laddove ci sono buchi e fratture nel terreno – e ce ne sono un po’ ovunque negli ambienti della Riserva – l’aria gelata fuoriesce allo scoperto, creando un clima decisamente alpino. Almeno a livello del suolo. Questo fa sì che ad altitudini ridottissime possa crescere una vegetazione tipicamente montana: dalle genzianelle alle stelle alpine.







La scoperta della Valle del Freddo
C’è ancora un piccolo pezzo di storia che vale la pena conoscere. È il 1939, quando il botanico Guido Isnenghi, passando per caso vicino al Lago di Gaiano, nota una stella alpina sul cappello di un cacciatore. Gli chiede dove l’abbia presa. Quello risponde “in una valle qui vicino”. “Accompagnami lì”, gli dice, incuriosito da come fosse possibile trovare un fiore tipicamente montano a quote così basse. E così viene scoperto questo ambiente mitico, che – purtroppo – è stato in seguito pesantemente danneggiato, tanto da rischiare di scomparire. Negli anni del Boom economico, infatti, è stato trasformato in cava di materiale da costruzione; solo l’impegno degli ambientalisti e della Regione l’hanno salvato.
Trekking alla scoperta della Valle del Freddo
Superati il Lago di Endine e il Lago di Gaiano, si entra nel cuore della Valle del Freddo, in mezzo a cui ha oggi posto la Riserva. È possibile prendere uno dei tanti sentieri in autonomia e girovagare per i boschi, ammirando alcune – ma non tutte e non le più curiose – varietà vegetali montane. Il consiglio è quello di approfittare delle visite guidate gratuite, disponibili nei weekend dei mesi estivi, che permettono di arrivare fino al cuore della zona protetta e osservare piante e fiori tipicamente montani. Ma soprattutto: è solo con la guida che si può avere il piacere di sentire l’aria freschissima che esce dal terreno. Purtroppo, il sollievo dalla calura dura solo pochi minuti… ma basta per restare stupiti da questo fenomeno della natura. Aggiungendo, poi, la bellezza del luogo, il clima in ogni caso più fresco della città e la flora colorata e rarissima, il bilancio della gita è decisamente in positivo. Non capita tutti i giorni di vedere stelle alpine e ibridelle alpine (simbolo della riserva) e neppure i fiori rosa acceso del rododendro irsuto, che dipinge solitamente i prati montani.
Emma Sedini
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