L’arte fiabesca di Francisca Valador è in mostra alla galleria Matèria di Roma
L’artista traghetta i suoi soggetti nei luoghi del più tenue fiabesco e insieme, vagamente, nei territori della poesia intimista, attenta agli accadimenti del mondo sensibile

Melograni spaccati o colti nella loro interezza, limoni stillanti, uova di quaglia, legni, semi, bacche, ghiande, foglie rinseccolite, steli d’erba, gusci di lumaca. I soggetti protagonisti delle ricche e infinite nature morte seicentesche, divengono isolate presenze nei lavori dell’artista portoghese Francisca Valador (1993, Lisbona), concepiti per la sua prima mostra alla galleria Matèria di Roma.
La mostra di Francisca Valador da Matèria a Roma
Al centro del ciclo dei minuti e riflettenti dipinti su inox si palesano frutti ed elementi zoomorfi isolati. Resi con dovizia di particolari, ai limiti del realismo e tuttavia calati in contesti piatti, bidimensionali, pop, bicolor, che ne trasfigurano la funzione ornamentale, inducendo il fruitore a riflettere sul messaggio che vi si cela. Lo scarto inaspettato tra fondo e primo piano interroga: l’artista intende porre un focus sul simbolismo o sulla scarna caducità materica della natura?











Le opere di Francisca Valador tra Medioevo e presente
A partir daqui só há dragões (Da qui in poi ci sono solo draghi) è il titolo della mostra, non a caso un riferimento alla dicitura hic sunt dracones, usata nel Medioevo sulle mappe geografiche per segnalare lande sconosciute e inesplorate. Non a caso, perché nei quadretti di Valador persiste una forte componente illustrativa da libro di favole: il grazioso merlo pittato ne è esempio lampante. L’artista traghetta i suoi soggetti nei luoghi del più tenue fiabesco e insieme, vagamente, nei territori della poesia intimista, attenta agli accadimenti del mondo sensibile.
La poesia nell’opera di Valador
Tra pitture e squisite installazioni biomorfe sovvengono alcuni versi del Il gelsomino notturno di Pascoli. L’ape che indugia sull’agrume richiama quell’ape che tardiva sussurra / trovando già prese le celle; le silhouettes di colombe con tanto di strascico d’astri rievoca la Chioccetta per l’aia azzurra che va col suo pigolìo di stelle… Un iter di micro-opere che si fanno visibili a poco a poco nel biancore dello spazio espositivo. Finestre, o meglio dire, spioncini su un mondo reale e fantastico, conosciuto, come l’immaginazione vuole, soltanto in apparenza.
Francesca de Paolis
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