Tutto il meglio (e il peggio!) della Biennale di Architettura 2025 a Venezia

A conclusione dei giorni di anteprima della Biennale Architettura 2025, un primo bilancio dell’edizione che dopo 25 anni torna a essere guidata da un curatore italiano, ovvero Carlo Ratti, come sempre esteso all’intera offerta culturale della città di Venezia

Cosa ci ha convinto, e cosa no, nei giorni di anteprima della 19. Mostra Internazionale di Architettura, appena inaugurata in Laguna e aperta al pubblico fino a domenica 23 novembre 2025? Il curatore di Intelligens. Natural. Artificial. Collective., l’architetto e ingegnere Carlo Ratti, ha dato vita insieme al team curatoriale e agli oltre 750 partecipanti di quest’anno una narrazione densa di contenuti, input, progetti. Ecco le nostre conclusioni, tra top e flop.

Top – La Biennale che verrà (grazie anche al PNRR)

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Il cantiere del Padiglione centrale ai Giardini della Biennale Ph Irene Fanizza

Impossibile non farci caso. Tra Giardini e Arsenale è in corso una “rivoluzione architettonica”, destinata a rinnovare profondamente il volto degli spazi e degli edifici a disposizione della Biennale. L’inaugurazione alla presenza del ministro della Cultura Alessandro Giuli, tra le altre autorità, delle nuove biglietterie (ricavate in un’area abbandonata e realizzate con un investimento di 3.3 milioni di euro) è solo la punta dell’iceberg di questo processo. I cantieri in corso sono il riflesso del Progetto di sviluppo delle attività della Biennale di Venezia, ovvero uno degli interventi strategici del Piano Nazionale Complementare (PNC) al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per i Grandi Attrattori Culturali del Ministero della Cultura, su edifici del Comune di Venezia. Quelli in corso, tra Arsenale, Giardini, Lido e terraferma, sono cantieri del valore complessivo di 169 milioni 556 mila euro; tra le opere più attese segnaliamo il nuovo Centro Internazionale della Ricerca sulle Arti Contemporanee (all’Arsenale) e la riqualificazione del Padiglione centrale, che viene annunciato come disponibile già per la 61. Esposizione Internazionale d’Arte 2026. Ma non finisce qui, come testimoniano anche i lavori in corso in vari padiglioni nazionali, come quello danese e francese. Non da ultimo: ai Giardini entrate in Community Centre, la struttura disegnata dall’architetta pachistana Yasmeen Lari/Heritage Foundation of Pakistan. Sorge nel sito esatto in cui il Qatar costruirà il suo (già chiacchieratissimo) padiglione permanente, la cui prima immagine (un render dello studio parigino Lina Ghotmeh — Architecture) viene svelata proprio all’interno dell’installazione.

Top – Le mostre extra Biennale

La Mostra For All That Breathes On Earth Jung Youngsun and Collaborators, SMAC. Foto Valentina Silvestrini
La Mostra For All That Breathes On Earth Jung Youngsun and Collaborators, SMAC. Foto Valentina Silvestrini

Nell’edizione 2023, caratterizzata dalla regia curatoriale di Lesley Lokko, avevamo considerato come debole il livello delle mostre collaterali promosse in città contestualmente alla Biennale Architettura. Giudizio di segno opposto quest’anno, con Venezia che accoglie nuove realtà – dalla sede in nel sestiere di Dorsoduro della Nicoletta Fiorucci Foundation al centralissimo SMAC San Marco Art Centre, in piazza San Marco, fra le altre – e mostre che già da sole valgono il viaggio. Proprio SMAC debutta nel panorama culturale lagunare con due distinti progetti, entrambi validi – Migrating Modernism. The architecture of Harry Seidler e For All That Breathes On Earth: Jung Youngsun and Collaborators – che dimostrano tutte le potenzialità, anche a livello espositivo, della nuova sede. Altro evento di strabiliante spessore che troverete a Venezia a latere della Biennale è la mostra dedicata a diagrammi, mappe e infografiche alla Fondazione Prada. Davvero una mostra gioiello frutto evidentemente di una grande ricerca oltre che di una grande visione. Da non mancare.

Top – La rinnovata piazza Santa Maria Formosa e il nuovo corso della Fondazione Querini Stampalia

La nuova Piazza Santa Maria Formosa rivoluzionata dalla Querini Stampalia
La nuova Piazza Santa Maria Formosa rivoluzionata dalla Querini Stampalia

Il graffio del leone è arrivato non solo in Vaticano ma anche in Campo Santa Maria Formosa. Il grande spazio pubblico veneziano si è popolato di ben due leoni e anche di due stupende leonesse, tutti e quattro in metallo e di dimensioni generose. Capaci, manco a dirlo, di catturare l’attenzione di cittadini e turisti che li bersagliano di fotografie. Un nuovo simbolo per la città che proprio un leone ha nel suo stemma. Sono sculture di Davide Rivalta e sono il segno dell’arrivo alla Fondazione Querini Stampalia della nuova direttrice Cristiana Collu decisa a rivoluzionare questa istituzione (che giustappunto su Campo Santa Maria Formosa affaccia) sia dentro che fuori. Ma c’è di più: nell’angolo della piazza più vicino alla fondazione è stato installato anche un grande elemento di seduta bianco progettato da Marti Guixé, perfetto per sedersi all’aperto prima o dopo aver visto le belle mostre in fondazione o aver visitato il rinnovato bookshop, particolarmente ben riuscito e curato dagli editori TLON proprio su disegno di Marti Guixé.

Flop – Call e avvisi pubblici per coinvolgere le masse a progettare le mostre? Bravi ma basta

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Biennale Architettura 2025. Padiglione Italia. Ph Irene Fanizza

Cosa accomuna gli iter curatoriali alla Biennale Architettura 2025 degli architetti Carlo Ratti e Guendalina Salimei? Entrambi – va detto, disponendo di tempi d’azione diversi, ovvero più ridotti nel caso del Padiglione Italia – hanno optato per la democratica via della call, ribattezzandola con differenti denominazioni. Ma anche altri padiglioni si sono mossi così, ad esempio il Portogallo. Senza nascondere una certa fatica nell’elaborazione delle proposte pervenute, nelle interviste che hanno rilasciato ad Artribune entrambi hanno rivendicato l’importanza di questa scelta, adottata per rendere possibile la presenza in Biennale di un’intelligenza più estesa, “collettiva” per usare un vocabolo del titolo della kermesse. In entrambi i casi, il risultato finale finisce però per alimentare qualche perplessità circa i confini e le responsabilità connesse con il ruolo curatoriale. Il numero rilevante dei progetti esposti non facilita la lettura e la piena comprensione delle due mostre. Forse si sarebbe potuto optare per piattaforme digitali (o per il solo catalogo cartaceo), intese come luoghi in cui segnalare progetti meritevoli, ma non al punto da essere selezionati per l’esposizione.

Flop – L’allestimento della Mostra Internazionale alle Corderie dell’Arsenale

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Biennale Architettura 2025. La Mostra Internazionale alle Corderie. Ph Irene Fanizza

Abbiamo già dato conto della densità espositiva che accompagna la Mostra Internazionale, balzata agli occhi fin dal primo giorno di pre-apertura, ovvero a fronte di un selezionato numero di visitatori. Impressione confermata anche nelle successive visite, da qualcuno tuttavia interpretata come la modalità corretta per restituire quella certa caoticità che attraversa il pensiero contemporaneo. A perderci, in termini di visibilità, ci sembra siano soprattutto i progetti più squisitamente architettonici esposti nei pannelli lungo le pareti dell’Arsenale, relegati al ruolo di “fondale” di accompagnamento per la successione di installazioni (in alcuni casi anche meritatamente poste) al centro della scena.

Flop – L’utilizzo dell’intelligenza artificiale

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Biennale Architettura 2025. Le didascalie della Mostra Internazionale alle Corderie. Ph Irene Fanizza

Vi ricordate le didascalie con i volti della Mostra Internazionale di Leslie Lokko? Formavano una carrellata di visi da tutto il mondo, che “dava voce” ai testi esplicativi dei singoli progetti e rendeva manifesta la volontà della curatrice di accogliere contribuiti spesso trascurati. Quest’anno si è ricorsi all’intelligenza artificiale, impiegata in una forma che ci sembra riduttiva per le sue potenzialità (che sono smisurate, come del resto anche la Mostra racconta). Fornisce, infatti, un riassunto realizzato a partire dalle parole dei singoli partecipanti, riportate in forma estesa sopra. Data anche la mole dei progetti, forse sarebbe stato sufficiente chiedere direttamente a loro un testo breve anziché ricorrere a un Bignami in AI. E comunque, anche se ti aiuti con l’AI per fare cose, ma perché lo devi dichiarare? Forse dichiari che hai scritto e corretto il testo con Word?

Flop – Il Padiglione Austria

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Biennale Architettura 2025. Padiglione Austria. Ph Irene Fanizza

Il Padiglione Austria non solo non dice nulla di nuovo (a Vienna si fa housing sociale alla grande mentre a Roma è un disastro), ma lo dice in maniera per certi versi perfino ingannevole. Sicuramente ideologica. Il padiglione è suddiviso in due: da una parte i virtuosismi della capitale austriaca dove tutti coloro che vogliono una casa possono accedere all’enorme patrimonio pubblico. Dall’altra Roma, presentata come una città di un Paese in via di sviluppo (non che in parte non lo sia, per carità) dove per avere un alloggio bisogna conquistarselo con la forza, col sopruso, talvolta con la violenza e occupando edifici di proprietà altrui generando presunti vantaggi per pochissimi e danni per molti. Il padiglione, nella parte ‘italiana’, racconta un ‘modello’ romano alternativo a quello viennese dove le occupazioni illegali e i loro ras vengono indicati come virtuosi eroi e lodevoli robin hood. La realtà è sotto gli occhi di tutti: una società basata sull’illegalità e la prepotenza dove si corre a chi occupa per primo non ha risolto neppure un pizzico dei problemi, che sono sempre li stessi e che anzi si sono acuiti. Anche perché, non di rado, la retorica delle occupazioni illecite ha fornito un pretesto agli amministratori per non fare e non risolvere. Davvero curioso che un Paese come l’Austria si sia fatto Cavallo di Troia per passare concetti simili lasciando credere che la disuguaglianza si possa combattere facendo ricorso alle occupazioni abusive.

Valentina Silvestrini e Massimiliano Tonelli

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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