Saggi da infarto. In Germania arriva Der Kulturinfarkt, un libro che accende le polemiche. Se la cultura è agonizzante, affatichiamola. Meno istituzioni, basta assistenzialismo

Mentre in tutta Europa si dibatte sui tagli alla cultura e sulle scommesse perse causate dall’austerity generale, dalla Germania arriva una proposta shock. Si chiama “Der Kulturinfarkt” (letteralmente, “l’infarto culturale”), un libro che, a pochi giorni dalla sua uscita ufficiale, ha creato sulle pagine del quotidiano Der Spiegel un vero e proprio putiferio.  Dibattiti, interventi […]

Mentre in tutta Europa si dibatte sui tagli alla cultura e sulle scommesse perse causate dall’austerity generale, dalla Germania arriva una proposta shock. Si chiama “Der Kulturinfarkt” (letteralmente, “l’infarto culturale”), un libro che, a pochi giorni dalla sua uscita ufficiale, ha creato sulle pagine del quotidiano Der Spiegel un vero e proprio putiferio.  Dibattiti, interventi istituzionali, confronti. Un delirio. Ma cosa hanno scritto di così allarmante gli autori, Armin Klein (noto docente di management culturale alla Pädagogische Hochschule Ludwisburg), Stephan Opitz (fotografo), Dieter Haselbach (Co-Director of Zentrum für Kulturforschung GmbH) e Pius Knüsel (Direttore della Fondazione Pro Helvetia)?
Il sottotitolo chiarisce già le intenzioni: “Una polemica sulle politiche culturali, la cultura istituzionale, le sovvenzioni alla cultura”. E non finisce qui, perché di controversie su questi temi ve ne sono state non poche ultimamente e non sarebbe nemmeno una novità. Se non fosse per il tipo di proposta, che suggerisce di tagliare in maniera sostanziale le sovvenzioni alle istituzioni culturali e di redistribuirle. Troppi teatri, musei ed enti istituzionali che vivono dell’assistenzialismo statale: è questa la denuncia dei quattro autori. Per risvegliare il sistema culturale del Paese bisogna “affaticarlo”. Come dire, le difficoltà aguzzano l’ingegno. Ma dati i numeri del sistema culturale tedesco la faccenda non sembra affatto semplice. Stando al sito www.abendblatt.de sono 950.000 le persone che lavorano nelle industrie culturali del Paese, con un fatturato di 135 miliardi di euro all’anno (tra l’industria chimica e quella dell’energia). Inoltre, considerando l’esperienza italiana, non ci sembra che i tagli abbiano sortito tutto questo effetto. Per chiarire tutti questi punti e sentire l’altra campana, Artribune ha intervistato per voi uno dei quattro autori, Pius Knüsel, in un articolo di prossima uscita. Mentre in Germania qualcuno ha già commentato: “tagli alla cultura? Molto bene! Partiamo dalle istituzioni in cui lavorano questi signori…”.

–      Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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