Siamo tutti nella stessa barca. Aldo Premoli risponde a Beatrice sul caso Abramović-Barcolana

Siamo tutti sulla stessa barca. E non siamo messi bene. Così Aldo Premoli, giornalista e comunicatore, risponde a Luca Beatrice a proposito della querelle dell’estate Abramović – Barcolana.

Sono decine, forse centinaia le amministrazioni che negli ultimi mesi sono passate in mano al centro-destra a trazione leghista o al M5S. E – diciamolo senza tanti giri di parole – con assessori regionali o comunali “alla cultura” spesso poco o niente preparati. Che fa un amministratore proiettato sullo scranno per meriti politici in questi casi? Da sempre si affida all’”esperto” di turno. Però mica è facile trovarne di disponibili e capaci di fronte all’incertezza del periodo. È la ragione per cui – avendo stomaco e professione – un momento più propizio di questo per proporsi non può non esserci. Non importa esporsi al ridicolo: siamo in molti a tenere famiglia e il Paese è fortemente indebitato.

A PROPOSITO DELL’ARTICOLO DI BEATRICE

Artribune ha di recente pubblicato un articolo del critico d’arte Luca Beatrice in risposta ad un testo di Helga Marsala che raccontava quanto accaduto a Trieste a causa del manifesto ideato da Marina Abramović per la Barcolana di Trieste. L’assessore leghista di turno – che di “esperti” accanto a sé avrebbe tanto bisogno- attacca Abramović perché ritiene la frase We are all in the same boat, scritta sullo stendardo, troppo pro-migranti. Beatrice è intervenuto per difenderlo (l’assessore). C’è di che stupirsi? Per niente, Beatrice è un provocatore seriale, ma questa volta gli argomenti (“l’assistenza a un anziano nei giorni di ferragosto, l’italiano che non arriva alla fine del mese”) non sono degni di una testa fine come la sua.

I PUNTI DA ANALIZZARE

Non conosco direttamente Helga Marsala e ho solo conosciuto di sfioro Beatrice, così di sfioro che non pretendo si ricordi di me. A occhio direi che Marsala non è una grande frequentatrice di Capalbio e del suo parterre, che io detesto (ma per ragioni altre) quanto e forse più di Beatrice. Sono nato (orgogliosamente) a Milano in Piazzale Corvetto a metà degli anni Cinquanta, ho percorso come tutti i giovanotti di allora i tracciati della “Milano da bere” anni Ottanta e Novanta. Ora però vivo a Catania dove ho co-fondato una Onlus (Mediterraneosiciliaeuropa.org) che – senza un soldo di finanziamento pubblico (orgogliosamente) – si occupa di istruzione per minori migranti o poveri siciliani senza distinzione. Conosco ciò di cui parlo. Suggerisco perciò a Beatrice di fare altrettanto: parlare cioè di ciò che conosce (certamente molto in campo artistico). Perché ridurre come fa in questo scritto il problema migratorio a una questione da Dame di San Vincenzo non gli fa onore. La verve polemica da leghista-dell’ultima-ora appare una posa mal riuscita se ad utilizzarla è un raffinato frequentatore di Gallerie e Biblioteche quale – volente o nolente – è Beatrice. Louis Ferdinand Celine è scomparso nel 1961 e non mi risulta abbia mai ricoperto cariche istituzionali.

LA RISPOSTA A LUCA BEATRICE

Da uno spirito acuto come il suo ci saremmo aspettati spunti divertiti, pose monelle o calembour e molto, molto avant-guarde. E invece dopo la reprimenda invidiosetta di Gad Lerner e Saviano (un terrone e un ebreo, sarà un caso…) arriva l’immancabile “Chissenefrega se tanta gente in Italia campa sotto la soglia della povertà,molto più attraente e opportunistico solleticare la pubblica opinione di intellettuali viziati e conformisti…” ecco uno dei tanti beceri slogan leghisti qui – siamo di fronte a un critico d’arte – cucinato in salsa maudit. Beatrice lo utilizza come una clava per svilire il lavoro dell’Abramovic letto chissà perché in funzione esclusivamente pro-migranti. Beatrice conosce un solo aggettivo per definire il fenomeno migratorio: “tragedia”. E di conseguenza il manifesto in questione diviene un predicozzo – e ci mette in guardia: “…che, badate bene, al Paese reale interessa sempre meno.”
Forse la polemica politica non è la sua fitness room ideale. O forse prima di parlare di ciò che non conosce farebbe bene a dare una rinfrescata all’argomento, Per questo – in tutta umiltà – mi propongo: se passa da Catania lo aspetto al Porto, sul Molo di Levante dove sono arrivati negli ultimi 3 anni decine di migliaia di naufraghi e decine di salme: uomini donne e bambini. Lo porto poi con me alla Locanda del Samaritano di Padre Mario Sirica, un vincenziano che – senza denaro pubblico – ospita tutti, senza tetto italiani e migranti: così potrà riempirsi le narici di “quell’odore di un certo popolo” cui pare vada ghiotto.  Sarà un onore per me – molto umilmente – fargli da guida.
Intanto potrebbe cominciare a riflettere su questo concetto: la migrazione per milioni di persone che si muovono nel mondo è un’opportunità; le condizioni in cui avviene – queste sì – sono di frequente tragiche. Non è una differenza da poco. La bozza Global compact for migration (https://refugeesmigrants.un.org/migration-compact) che le Nazioni Unite sottoporranno a breve ai paesi membri presenta un approccio al problema che va al di là dei confini nazionali o europei. Dal documento appare evidente che gran parte dei 250 milioni di persone che si trovano oggi in un Paese diverso da quello di origine vive in condizioni di sicurezza e regolarità. Le migrazioni sono dunque una parte importante dell’esperienza umana, possono divenire fonte di prosperità, innovazione e sviluppo  sostenibile. Senza andare troppo lontano, mi chiedo Beatrice ha figli? Io sì, tre di cui 2 stabilmente emigrati.
Nonostante il quadro che ci viene dipinto ormai ogni giorno dal governo giallo-verde siamo proprio tutti nella stessa barca caro Luca Beatrice. Affacciati sullo stesso mare. Picchettati sullo stesso pianeta. E non siamo messi bene.

– Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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