La multiforme bellezza dei Maya. A Verona

Il Palazzo della Gran Guardia di Verona ospita una rassegna dedicata alla civiltà dei Maya. Tra preziosi reperti archeologici e azzeccate ricostruzioni. Il tutto usando la bellezza come chiave interpretativa.

Con Maya. Il linguaggio della bellezza, la mostra organizzata dal Governo della Repubblica, Ministero della Cultura e Instituto Nacional de Antropología y Historia messicani con Arthemisia Group e Kornice, promossa dal Comune di Verona e AMO, si compie un percorso tematico, storico e stilistico alla scoperta dell’antica civiltà mesoamericana, di cui si ha testimonianza non solo in Chiapas, Yucatán, Quintana Roo, Campeche, ma anche in Belize, Salvador e Guatemala. Compongono la rassegna oltre 250 reperti, provenienti dai principali musei del Messico, che abbracciano i periodi Preclassico, Classico e Postclassico (dal 2000 a.C. al 1542 d.C.): steli monumentali con scrittura glifica, sculture, porzioni di architravi o elementi decorativi in stucco, figure in terracotta e in pietra, strumenti musicali, maschere funerarie in giada, gioielli, recipienti, portastendardi e incensieri dalle fattezze animali o fantasiose.
La mostra è suddivisa in quattro sezioni, in cui i reperti sono illustrati alla luce delle principali concezioni della bellezza Maya: Il corpo come tela, Il corpo rivestito, La controparte animale, I corpi della divinità.

CORPO UMANO E MONDO ANIMALE

Nella sezione Il corpo come tela si ammirano pezzi funerari o architettonici in cui il corpo o il viso illustrano la personificazione, spesso collegata a riti di passaggio, sacrifici, danze, oppure il cambiamento di stato (ad esempio la prigionia), la metamorfosi (la fertilità o il momento del trapasso). Volti e capi sono i più diffusi: i visi evidenziano le pratiche della scarificazione e della limatura dei denti, gli elementi decorativi delle teste sono rappresentativi dell’importanza che si conferiva a questa come sede della coscienza.
Il corpo rivestito presenta gioielli, figure antropomorfe e oggetti di uso personale provenienti da contesti molto diversi, dalle collane di giada poste in bocca al defunto per augurare un buon “passaggio” alle figure di prigionieri inginocchiati e dai polsi legati.
La controparte animale evoca la ricca iconografia e simbologia zoologica Maya: pipistrello, scimmia, tartaruga, rettile, coccodrillo, uccello, armadillo, farfalla e infine il giaguaro, venerato e temuto tanto da esser scelto dai sovrani come proprio alter ego, per esempio dal “Grande Artiglio Ardente” di Tikal.

ALLE RADICI DI UNA CIVILTÀ

La sezione I corpi della divinità riunisce rappresentazioni di esseri sovrannaturali e signori divini, dal carattere celeste come il “Signore Volto Solare” o da forme zoomorfe come Cauac, Signore della Terra, figure in cui la compenetrazione con gli uccelli simboleggia il contatto con il mondo celeste e quella con i pipistrelli il rapporto con l’inframondo.
La colossale esposizione veneta si propone di illustrare al meglio l’evoluzione dei concetti di bellezza e bruttezza e, in generale, la rappresentazione del corpo, animale, umano, divino, secondo il popolo Maya. Si individuano stilizzazioni ricorrenti, ma anche una variabilità di personalizzazioni e un minimalismo quasi grafico nella restituzione di espressioni terrifiche o serene, che ci appaiono oggi sorprendentemente moderne.

Sara Bonfili

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Sara Bonfili

Sara Bonfili

Sara Bonfili è giornalista pubblicista e PhD in “Filologia e interpretazione del testi letterari e loro tradizioni culturali” all’Università di Macerata, dove è cultore della materia. Lavora come freelance, dedicandosi a temi culturali sul suo blog Travelkeller. È stata addetto…

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