Sul XXI secolo (VI). Cultura e conflitto

Da anni ormai, si usa la cultura per formare “cittadini perfetti”. E così ci siamo scordati che il ruolo della cultura è proprio quello di far esplodere le contraddizioni, di articolare un disagio e una critica. Su questa contraddizione riflette questa nuova puntata di Inpratica.

A cavallo tra il secolo scorso e quello attuale, la cultura sta subendo una mutazione fondamentale nel suo ruolo, nella sua funzione e nella sua struttura; è un fenomeno che può essere verificato in Italia e nell’intero Occidente. Ad essa sempre più – da un trentennio circa a questa parte – si richiede la conferma di ciò che già sappiamo (o che presumiamo di sapere), di ciò che ci è stato inculcato una volta per tutte; si richiede il conformismo, la pacificazione, l’adeguamento. Come affermano orgogliose oggi persino le riviste di business & management: “Per essere accettati dagli altri, fate finta di essere felici”.
Nelle retoriche più recenti, sia quelle apertamente neoliberiste sia quelle (apparentemente) liberali, che si ergono a difesa dei cari-vecchi-valori, la cultura assume il ruolo di formare i “cittadini perfetti”: nulla di più falso, se si scava appena sotto la superficie, dal momento che il ruolo della cultura è proprio quello di far esplodere le contraddizioni, di articolare un disagio e una critica, di narrare la ferita e il trauma – inteso esattamente come ferita che torna a riaprirsi, qualcosa che fa male e che continua a far male.

Philip Guston, Monument, 1976

Philip Guston, Monument, 1976

Finora, non sono riuscito a trovare espressione più brillante e precisa di questo concetto di quella offerta da Harold Bloom ne Il canone occidentale: “I massimi scrittori dell’Occidente sono sovversivi di tutti i valori, i nostri e i loro propri. […] Se leggiamo il Canone Occidentale per plasmare i nostri valori morali, sociali, politici o personali, credo proprio che diverremo mostri di egoismo e sfruttamento. Leggere al servizio di qualsivoglia ideologia, a mio parere significa non leggere affatto. La percezione di possanza estetica ci dà modo di imparare a parlare con noi stessi e a sopportare noi stessi. Il vero uso di Shakespeare e di Cervantes, di Omero e di Dante, di Chaucer o di Rabelais, consiste nell’aumentare la propria crescente interiorità. Leggere in profondità nell’ambito del Canone non farà di te una persona migliore o peggiore, un cittadino più utile o più dannoso. Il dialogo della mente con se stessa non è innanzitutto una realtà sociale. Tutto ciò che il Canone Occidentale può apportare, consiste nell’adeguato uso della propria solitudine, quella solitudine la cui forma conclusiva è il proprio confronto con la propria mortalità”.

Giuseppe Serpotta, Cappella di Sant'Anna, 1683 - Castelbuono

Giuseppe Serpotta, Cappella di Sant’Anna, 1683 – Castelbuono

Il discorso, che riguarda gli scrittori principali degli ultimi sette secoli, è valido anche naturalmente per gli artisti visivi. L’arte e la cultura ci mettono di fronte alla nostra condizione mortale, rendendocela interpretabile e comprensibile; rendono possibile, instaurano e costruiscono “il dialogo della mente con se stessa”. Sono, in definitiva, questo dialogo. Da un certo punto in poi, invece – un punto che andrà studiato e ristudiato, analizzato, indagato – è scattato l’equivoco che ha dato la stura a tutti gli altri equivoci: alla cultura si richiede qualcosa che non le compete. Possiamo chiamarlo corsa al profitto, decorazione, coltivazione del consenso, gentrificazione dell’immateriale ecc.: l’aspetto importante è che in tutto ciò gradualmente scompare, recede l’umano.
Arte e cultura salvaguardano – sempre meno, sempre peggio – la sana quota di ribellione, di opposizione, di non-mi-sta-bene. Di non accettazione delle condizioni, del recinto normativo, delle regole date e consegnate come se fossero eterne e immutabili. Non si può pacificare tutto, comporre tutto (al contrario di quello che afferma ostinatamente e pervicacemente la grande illusione corrente): il conflitto culturale è la vita.
La simulazione di vita è la morte (al massimo, se proprio vogliamo e ci teniamo, una non-morte).

Claes Oldenburg, The Store, 1961

Claes Oldenburg, The Store, 1961

L’opposizione radicale e l’elaborazione di altri modelli di esistenza è il compito della cultura. Non c’è contraddizione con la riflessione di Bloom, perché è “il proprio confronto con la propria mortalità” a contribuire a questa elaborazione, a incarnare un intero modello di esistenza. Questo confronto è infatti totalmente incoerente con gli schemi mentali, operativi, interpretativi che regolano la società attuale, persino con il sistema di valori complessivo che regola scelte e comportamenti: è del tutto incompatibile e incommensurabile con essi (abbastanza alieno, se ci pensiamo, in base agli – stupidissimi – standard in voga). Dunque, la dimensione di un “adeguato uso della propria solitudine” – l’aumento della propria crescente interiorità – nella sua completa e assoluta inattualità possiede una enorme carica di nuovo e di inedito. È uno dei fattori cioè in grado di modellare il tempo che viene, il XXI secolo; di alterare in profondità l’esistenza di ciascuno di noi, dilatandola e approfondendola in misura incredibile, parlando non di ciò che l’arte e la cultura dovrebbero fare su un livello totalmente ipotetico, e sganciato dalla realtà, vacuo perché prodotto dalla medesima dissociazione che presume di curare, ma di come esse funzionano effettivamente in ogni tempo e in ogni luogo.

Christian Caliandro

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #30

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

Scopri di più